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martedì 29 settembre 2009

Meglio non farla

"Meglio nessuna legge sul fine vita". L'ex ministro Pisanu ci spiega le ragioni a favore del "disarmo ideologico".
Rassegna stampa - Il Foglio, 29 settembre 2009.

Roma. Beppe Pisanu lo aveva detto subito, e da cattolico, che l'idea di fare una legge sul fine vita non lo entusiasmava e che anzi trovava pericoloso e forse persino incostituzionale l'ipotesi di legiferare. Quando poi il Senato è andato avanti, lui, non ne ha più parlato, ha chiesto di non partecipare ai lavori e ha scelto per un po' il silenzio. Oggi, dopo l'appello dei venti deputati dei Pdl per "un disarmo ideologico" sul fine vita, spiega al Foglio di non aver cambiato idea e aggiunge che "mi sembra un'iniziativa intelligente".
Dice l'ex ministro dell'Interno: "Mi pare infatti sia rivolta a evitare un grave errore politico, quello di approvare una legge come questa a conclusione di uno scontro ideologico che potrebbe dividere in profondità gli schieramenti e i singoli gruppi parlamentari. Temo che domani, con un simile precedente, una maggioranza diversa possa imporre una legge del tutto opposta".
La posizione prevalente, in Parlamento, sembra quella di scrivere e approvare una legge che regolamenti il fine vita. Il ministro Maurizio Sacconi ha proposto di tradurre in norma il decreto urgente che il governo aveva preparato per Eluana Englaro. Dice Pisanu: "Tanto i venti deputati promotori dell'appello, quanto Sacconi, mirano essenzialmente a limitare l'intrusione del legislatore nello spazio, che. non è soltanto medico ma soprattutto etico e spirituale, del rapporto con il dolore, con la cura e con la morte. In altre parole mirano a ridurre il campo di applicazione della legge. Più si riduce questo campo, meglio è. Se poi lo si azzera del tutto è meglio ancora. Sono infatti convinto che l'idea stessa di fare una legge viola il primato della persona umana sullo stato, un primato sancito dall'articolo 2 della nostra Costituzione. Quell'articolo è forse il punto più alto del compromesso tra laici e cattolici e secondo me rappresenta, ancora oggi, il miglior presidio contro i rischi enormi della bioetica e della biopolitica. Per questo va difeso in ogni possibile modo".
Alfredo Mantovano, sottosegretario e cattolico del Pdl, con una lettera al Foglio ha sostenuto che è ormai impossibile per il Parlamento non affrontare il problema. Lo impongono le sentenze della Cassazione e del Tar - ha scritto Mantovano - ovvero il rischio che i tribunali si sostituiscano al Parlamento.
"Il ragionamento di Mantovano e Alemanno è ineccepibile ma trascura un punto importante", obietta Pisanu. "Se è vero che l'intervento della Cassazione ha determinato un vuoto legislativo che era necessario colmare, mi domando: c'era proprio bisogno di colmarlo con una legge così invasiva come quella approvata dal Senato? 0 non sarebbe bastata una norma secca che riservasse esclusivamente lo spazio del fine vita alle scelte del paziente, dei familiari, dei medici e, quando fosse richiesto, di un assistente spirituale? Stiamo attenti. Perché in un sistema come il nostro, dove il precedente diventa regola ('la Repubblica è fondata sul precedente', esclamò un giorno Andreotti), una legge invasiva potrebbe spianare la strada al suo esatto contrario: la regolamentazione dell'eutanasia".
Ma è anche possibile che alla fine una legge non si faccia. Considerata la natura eterogenea e disorganica delle posizioni in campo, l'iter parlamentare potrebbe allungarsi all'infinito. "Può darsi - dice Pisanu io non me ne farei un cruccio. L'importante è che si discuta col dovuto impegno. La posta in gioco è davvero molto alta".
È anche possibile che la Consulta finisca con il bocciare la legge. Lo ha sostenuto la deputata teodem Paola Binetti riferendosi al testo per come approvato dal Senato. "L'ipotesi della bocciatura per violazione dell'articolo due - sorride Pisanu - mi affascina. Oltretutto, così, la Corte liquiderebbe anche la triste e inattesa sentenza della Cassazione sul caso Englaro".
Nella chiesa, non ultimo il presidente della Cei Angelo Bagnasco, molti prelati si sono espressi a favore di una legge sul fine vita. Monsignor Rino Fisichella è sembrato anche sostenere, in particolare, la legge promossa dal Pdl. È così? Come si conciliano le indicazioni della chiesa con la coscienza privata di un politico cattolico? "Non facciamo confusione. La chiesa, che è madre e maestra, non ha mai preteso di dettare norme di legge ad alcuno. Ha invece affermato valori, principi e idee coerenti, lasciando alla piena autonomia dei cattolici impegnati in politica il compito di trasferirli liberamente nell'attività amministrativa e legislativa. La laicità dello stato e della politica, io l'ho appresa da ragazzo. Nell'Azione cattolica".
È possibile che nel centrodestra, in virtù di un equivoco culturale, ci sia qualcuno che abbia individuato nella legge sul testamento biologico uno strumento per ricomporre i non sempre idilliaci rapporti con le gerarchie vaticane? "Non mi risulta, ma non posso escluderlo a priori. Chi la pensasse così commetterebbe un errore grossolano e mostrerebbe di ignorare il discernimento dei vescovi e la bimillenaria sapienza della chiesa".
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