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martedì 29 settembre 2009

Che brutti segnali

Rifiuti in fiamme a Napoli. Vecchi allarmi e nuove proteste, striscione choc in piazza del Plebiscito: "Viva i casalesi". Reportage.
Un anno dopo l'emergenza torna all'orizzonte.
Rassegna stampa - La Stampa, Guido Ruotolo inviato a Napoli, 29 settembre 2009.

Che brutti segnali. Di nuovo cassonetti bruciati, falò di rifiuti di tutti i generi. Come quello di domenica pomeriggio al mercato della Duchesca, nel cuore della città (i vigili del fuoco hanno dovuto faticare quasi due ore per avere ragione dell'incendio). Malessere, mugugni e proteste. Si sta riorganizzando il partito dell'emergenza rifiuti, adesso che l'emergenza dovrebbe essere finita, almeno dal punto di vista istituzionale. Mancano infatti tre mesi - il 31 dicembre per la precisione - al passaggio di consegne, al ritorno alla «normalità». E il partito trasversale dell'emergenza vede insieme ambientalisti e camorristi, amministratori locali e lavoratori del settore.
È la maledizione di Napoli. Parli con i protagonisti, e tutti hanno ragioni da vendere. Il primo segnale della brace che arde sotto la cenere è quello striscione della vergogna - «W i Casalesi» - sventolato ieri mattina sotto Palazzo Salerno, in piazza Plebiscito, sede del Commissariato straordinario per l'emergenza rifiuti, dai lavoratori ex Consorzi di bacino organizzati dalle sei sigle sindacali autonome.
No ai privati
Temono, i circa duemila lavoratori che furono assunti a tempo indeterminato nel 2002, di finire in mano ai privati come lavoratori a tempo determinato, ovvero prossimi disoccupati: «Quello striscione che inneggia ai Casalesi non è un omaggio ai camorristi. Al contrario è una denuncia che finire in mano ai privati significa darla vinta ai Casalesi». La Cgil ha condannato questa iniziativa.
Presidio permanente, fino a quando non sarà neutralizzata quella sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciato le ordinanze dei commissari straordinari dell'epoca che disposero che i dipendenti dei Consorzi che dovevano occuparsi della raccolta differenziata fossero assunti appunto a tempo indeterminato diventando dipendenti pubblici. In sostanza, il Consiglio di Stato riafferma il principio che quei commissari semmai dovevano svolgere la funzione di coordinamento e non di «superdatori di lavoro». E adesso, loro, i dipendenti dei Consorzi non vogliono perdere la certezza di un posto di lavoro. Palazzo Chigi proverà a sanare questa situazione, venendo incontro alle loro richieste.
Quasi 15 mila tagli
Duemila lavoratori. Ma il numero di quelli che in Campania sono coinvolti nel ciclo integrale (che non è) dei rifiuti forse arriva a 24 mila. Di sicuro, un numero triplo o poco meno rispetto a quello di Regioni come la Lombardia. E adesso che - sempre entro il 31 dicembre - le Province dovranno presentare i loro piani per il ciclo integrale dei rifiuti, il timore è che i tagli saranno pesanti. L'assessore regionale all'Ambiente, Walter Ganapini, lo dice senza tentennamenti: «Alla fine, dovranno rimanere in 9 mila, forse 9.500».
Una premessa, per dare l'idea del contesto. Sentiamo due sindacalisti della Cgil, Antonio Santomassimo, segretario della Funzione pubblica, ed Enzo Argentario, segretario della Fiom: «Il ciclo integrale dei rifiuti non decolla. Abbiamo le discariche e l'inceneritore di Acerra. Le province sono in difficoltà perché, alla fine, dovranno accollarsi gli oneri, i costi e i debiti, e non gli onori, i profitti che saranno garantiti ai consorzi di gestione dei termovalorizzatori». Finora è in funzione solo quello di Acerra. Non è ancora a pieno regime ma brucia rifiuti. Degli altri tre, anzi quattro, siamo ancora a zero. Va subito precisato che con le discariche aperte i rifiuti della Campania troveranno ricovero per almeno altri 2-3 anni. Cinque se dovesse entrare a pieno regime la differenziata. Una chimera, purtroppo.
E poi, c`è un piccolo grande problema da risolvere. I Comuni saranno, sono costretti ad aumentare le tasse per i rifiuti. Napoli l'ha fatto. Ma gli altri tentennano. E questo avviene in un contesto dove a pagare le tasse sono davvero in pochi. Ecco perché il partito trasversale dell'emergenza sta riprendendo vigore. Sullo sfondo c'è la campagna elettorale per le Regionali.
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