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domenica 11 ottobre 2009

Si torna a parlare di immunità parlamentare

«Napolitano di sinistra, ma auspico leale dialettica». Bocciato il lodo, governo al lavoro sulla giustizia: torna l'immunità parlamentare?
Berlusconi ci prova ma non si scusa: «Non mi dimetto, sono il migliore».
Rassegna stampa - Liberazione, Angela Mauro, 10 ottobre 2009.

A tre giorni dalla bocciatura del lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale, il premier ci prova a smorzare i toni della polemica contro il capo dello Stato. Lo fa a modo suo, senza scusarsi e senza realmente rivedere le sue posizioni. Ma lo fa perchè gli è chiaro che riportare il confronto su binari istituzionalmente un pochino più accettabili è l'unica via per continuare a governare, cosa che gli è indispensabile per mettere mano alla giustizia e trovare metodi legislativi che "cancellino" i processi in corso a suo carico. Sì: "cancellino", in quanto la tenaglia alla quale stanno già lavorando i fidi Ghedini e Alfano mira di fatto ad evitare che il premier possa finire alla sbarra. Un disegno dal quale non è escluso un ritorno all'immunità parlamentare, abolita dopo Tangentopoli.
Un respiro di sollievo arriva in mattinata quando Silvio Berlusconi, parlando al Tg5, auspica una «leale dialettica tra Quirinale e governo per il futuro». Poi però spiega subito il motivo dei suoi auspici: «Sono certo che non ci saranno ostacoli al programma di riforme per cambiare l'Italia». Su Giorgio Napolitano non si è ricreduto. Lo dice al Tg5, torna sul tema nella conferenza stampa a Palazzo Chigi dopo il consiglio dei ministri, dove ripete che gli erano state «date delle assicurazioni» sul via libera al lodo Alfano, «ma non ho mai immaginato che la Consulta, organo politico, con undici magistrati messi lì da tre Presidenti della Repubblica consecutivamente di sinistra, potesse approvare il lodo». Nessun sollievo, è sempre lui che si accanisce di nuovo sulla Corte Costituzionale che «non è stata leale con il Parlamento». È lui che non fa retromarcia sulle accuse al presidente della Repubblica, «uomo di sinistra» e, come se fossimo nella Repubblica presidenziale francese, parla di «coabitazione politica» con l'inquilino del Quirinale. «Ormai è chiaro a tutti che non c'è nessuno che in Italia si possa considerare super partes. Non è sicuramente super partes la Corte Costituzionale. Ed è un fatto che Napolitano sia sempre stato un protagonista della sinistra e nulla può cambiare la sua storia». Viene da ridere poi sulle altre frasi: «Non darò le dimissioni, sono il miglior premier di sempre perchè sono un argine alla sinistra che vuole sovvertire il voto degli elettori». Viene da ridere per la gaffe: «Sono in assoluto il maggior perseguitato dalla magistratura di tutta la storia di tutte le epoche del mondo. Il più grande perseguitato della storia, visto che sono stato sempre assolto, con due prescrizioni. Ho speso 200 milioni di euro per i giudici...scusate, per gli avvocati». Viene da ridere pensando all'accusa di corruzione del giudice Metta nel processo a carico di Fininvest per il Lodo Mondadori («Berlusconi corresponsabile», è scritto nelle motivazioni della sentenza che condanna il gruppo a pagare 750milioni di risarcimento alla Cir di De Benedetti). Viene da ridere, se non fosse che dietro il solito delirio di onnipotenza c'è un programma di governo che i suoi stanno affilando in gran fretta dopo la bocciatura del lodo Alfano.
Quasi quasi ne parla lui stesso, quando, esclusa la possibilità di scendere in piazza, il premier spiega le mosse future, certamente più sostanziali di una manifestazione (peraltro a rischio flop). «Ci stiamo inoltrando verso la riforma del processo penale. L'obiettivo è abbreviare i tempi della giustizia». Ed è questo il punto. Si sa del lavoro svolto in maniera previdente da Ghedini per abbreviare i tempi della prescrizione nel processo Mills (al 1998, cioè quando i 600mila euro di fondi neri furono versati, e non al 2000, quando l'avvocato inglese ne entrò in possesso). Di riforma della professione forense (separare accusa e difesa), di giro di vite sulla legge sulle intercettazioni e su quella sulla procedura penale (entrambe all'esame del Senato) parla il Guardasigilli Alfano in un'intervista al Corriere della Sera. Il ministro torna anche sulla separazione delle carriere (giudici e pm) e sulla conseguente riforma del Csm, con legge Costituzionale. Insomma, tutti i progetti messi in campo subito dopo le politiche e che il governo negli ultimi tempi aveva accantonato. Ma c'è una novità: si torna a parlare di immunità parlamentare. Lo fa Alfano ma anche finiani come il politologo Alessandro Campi, Italo Bocchino, che auspica però una larga maggioranza in Parlamento. E la cosa fa breccia in una parte dell'opposizione. Dallo schieramento bersaniano del Pd, apre Marco Follini, «così tutti si liberano dei loro fantasmi: il centrodestra delle leggi su misura, il centrosinistra della spallata giustizialista». E anche se Follini sembrerebbe isolato, le sue parole scatenano un coro di critiche dai sostenitori dell'attuale segretario. «No mai», dice Dario Franceschini che magari. Contrario il terzo candidato al congresso, Marino («Serve una nuova classe politica») e il leader dell'Idv Di Pietro che chiede al Pd di «chiarire» e al presidente del Consiglio di «dimettersi». Dall'Udc Casini non chiude, «ma è inappropriato parlarne ora», dice. Anche perchè lo scontro istituzionale resta in agguato e se Berlusconi non smorza davvero i toni, come ormai tutta la sua maggioranza lo invita a fare, se non prende quella «camomilla» che gli consiglia il leader Udc, a nessuna delle forze politiche dell'opposizione conviene avviare un dialogo sulle riforme. «C'è il rischio di una deriva autoritaria», è l'allarme di Franceschini che con Bersani continua a non chiedere le dimissioni del premier, «per rispetto alla Consulta».
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