Un altro sgambetto comunista.
Rassegna stampa - il manifesto, Alessandro Robecchi, 10 ottobre 2009.
Un altro schiaffo nella settimana dei ceffoni. Silvio Berlusconi non ha vinto il premio Nobel per la Pace. (Avvertenza: è una battuta. E avrebbe dovuto essere una battuta anche proporlo!). Lo ha vinto invece Barack Obama, che non aveva nemmeno un comitato per candidarlo (Silvio sì) e non aveva nemmeno la canzoncina (Silvio sì). Attendiamo con fiducia qualche spiritosaggine razzista e passiamo alle cose serie. Eccoci qui a valutare se il Nobel per la Pace di oggi è un bicchiere mezzo pieno (si è fatto molto peggio: Kissinger!) o mezzo vuoto (si è fatto molto meglio: Mandela!). La discussione sarà pure accademica, ma la perplessità resta. Festeggeranno in Afghanistan? Speriamo di no: di solito quando festeggiano, tipo matrimonio, gli arriva in testa un missile che stermina qualche famiglia. Festeggeranno a Gaza? Non credo succederà nemmeno lì. Certo, la volontà di dialogo. Certo, la morte dello scudo spaziale, cretinata bushista per far fatturare un po' l'industria militare. Certo, il discorso del Cairo. È poco ma sicuro che faccia più per la pace Obama anche solo soffiandosi il naso di quanto abbia fatto la combriccola dei delinquenti texani di prima per otto anni. Eppure rimane il fatto: si tratta di un Nobel per la pace dato, per così dire, sulla parola. Sulla fiducia. Al buio. Al presidente di una grande potenza che senza dubbio sta cambiando musica, ma che certamente, almeno per realpolitik, sarà costretto a prendere qualche stecca, prima o poi. Ma forse c'è di peggio. C'è che la situazione del porco mondo così com'è pare tanto difficile e precaria che non si riesce a nemmeno a dare un Nobel per la Pace con la felice motivazione della missione compiuta. Si dà allora un Nobel per la Speranza della Pace. Auguri, complimenti, felicitazioni. Ma non è la stessa cosa.
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