Rassegna stampa - il manifesto, editoriale, 10 ottobre 2009.
Che direste se in una prossima riforma le elezioni diventassero un'eventualità, condizionandone lo svolgimento all'accordo tra tutti i partiti presenti in Parlamento, altrimenti niente, altrimenti non si vota? Gridereste al golpe, alla fine della democrazia e all'inizio di un'oligarchia, direste che viene violenta la sovranità popolare. Beh, questa è la condizione «normale» in cui sono costretti i lavoratori dipendenti, per quanto riguarda le norme - i contratti - che periodicamente determinano quanto guadagnano, quanto e come faticano (chi un contratto non ce l'ha non gode nemmeno del privilegio di questa privazione). L'accostamento potrà sembrare eccessivo, ma gli ostacoli che la democrazia trova sui luoghi di lavoro (e tra i sindacati) sono un bel pezzo della sua crisi più generale, un modello del collasso della rappresentanza e quindi una fucina autoritaria.
E che direste se la quasi totalità di giornali, radio e televisioni decidessero, senza nemmeno bisogno di un editto bulgaro di cancellare o ridurre al minimo l'opinione di una parte consistente (se non della maggioranza) dei cittadini e di chi li rappresenta? Gridereste alla censura, al regime mediatico e alla fine dell'indipendenza dell'informazione. Beh, questo è quanto accade da anni a milioni di persone per quanto riguarda la parte della loro vita che passano al lavoro, condizione che è stata ridotta a - eventuale - rappresentazione della disperazione sociale, da descrivere sotto una gru o un tetto. Ed è quanto succede a quelle organizzazioni sindacali che a quella disperazione non vogliono ridurre il rapporto tra capitale e lavoro. Anche questo è un paragone ardito, qualche collega se ne offenderà, ma varrebbe la pena riflettere su tutte le facce della «libertà di stampa», anche quelle che si tengono nascoste perché meno presentabili.
Ieri un bel po' di metalmeccanici, scioperando e manifestando, hanno ricordato questi problemi. Sembrerà strano, ma sono convinti che la crisi economica vada affrontata con un contratto di lavoro che difenda salari e occupazione, che la democrazia si possa consolidare e persino allargare praticandola, che la libertà d'informazione sia una cosa che li riguarda e a cui possono contribuire (anche se gli esperti del campo continuano a considerarla una «piazza esclusiva»). Politicamente scorretti, sono arrivati a dire che non ne possono più di vedere e sentir ruotare tutto attorno al presidente del consiglio, ai suoi processi e alle sue escort. Sembravano matti, nell'Italia d'oggi: non è una follia ragionevole che varrebbe la pena ascoltare?
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.