Fini? Torni a dire qualcosa di destra.
Rassegna stampa - Libero di oggi, Maurizio Belpietro.
Fini è oggi l'oggetto più misterioso della politica italiana. Di Berlusconi, Bossi, Casini, Di Pietro e perfino di Franceschini sappiamo praticamente tutto, conosciamo le idee, intuiamo le mosse future e anche le ambizioni farlocche. Nessuno di loro è dunque in grado di riservarci grandi sorprese per il futuro, al massimo di darci conferme. Del presidente della Camera invece si sa praticamente nulla. O meglio: è noto quel che pensa a proposito di testamento biologico, immigrati e inchieste giornalistiche varie, ma non si capisce dove voglia andare a parare e quale sia la sua strategia, ammesso che ne abbia una. In poche parole, non è chiaro cosa Fini intenda fare da grande e perché si discosti sempre più dalla sua storia. L'interpretazione di Vittorio Feltri, ieri su il Giornale, è che l'ex delfino di Almirante ambisca a salire in tutta fretta le scale del Quirinale e per questo abbia dismesso le sue idee di destra per indossare quelle più comode della sinistra, nella speranza di essere poi ricambiato con i voti che gli mancano per issarsi sul Colle più alto della politica. Non so se sia vero, ma è una tesi suggestiva, che potrebbe spiegare perché da un po' di tempo a questa parte l'ex capo di Alleanza nazionale fa discorsi che non dispiacciono agli iscritti del Pd, tanto che alla Festa dell'Unità questi si sono spellati le mani per applaudirlo. Ma così fosse, vorrebbe dire che Fini ha battuto la testa e delira. Pensare che basti corteggiare la sinistra per diventare capo dello stato è infatti una scemenza che si spiega solo con una brutta botta. Innanzi tutto perché degli ex comunisti non voteranno mai uno che considerano pur sempre un ex fascista, anche se convertito, e poi perché i voti di Pd e compagni non bastano, senza quelli di PdL e Lega, a fare il gran salto. Certo, so bene che la sinistra piuttosto di eleggere Berlusconi alla presidenza della Repubblica sarebbe pronta ad allearsi col diavolo, ma anche il Cavaliere piuttosto di vedere Fini sul Colle farebbe altrettanto.
E poi Silvio, non riuscisse a prendere il posto di Napolitano, ha sempre pronta una riserva, ossia il suo alter ego, Gianni Letta, che per abilità di mettere d'accordo tutti, sinistra compresa, batte Fini sei a zero. Dunque, se Gianfranco non è ammattito, cosa che personalmente escludo, perché si comporta in tal modo, a rischio di passare per voltagabbana e di beccarsi gli improperi degli ex camerati che lo vedono armeggiare col nemico? L'idea che mi sono fatto è che il presidente della Camera non lavori affatto per arrivare al Quirinale, non a breve quantomeno. In questo momento Fini ha più o meno le stesse probabilità di arrivarci che ho io, ovvero zero, e lo sa bene. No, secondo me l'ex capo di An guarda un po' più lontano, al giorno in cui il tempo o altro gli toglieranno di torno Berlusconi, un signore che poco cordialmente detesta, per altro assolutamente ricambiato. Del resto, due anni fa, quando ancora il Popolo della libertà era soltanto un discorso da predellino, Gianfranco si lasciò sfuggire una frase stizzita, ma rivelatrice, spiegando che i conti tra lui e Silvio alla fine li avrebbe regolati l'età. Il presidente della Camera punta tutte le sue carte sul pensionamento anticipato del Cavaliere e intanto si prepara, allena i muscoli per la futura leadership, sognando una destra che non sia più attaccata alle sottane dei vescovi, ma sia moderna come quella di Sarkozy o di Cameron.
Stretto tra le armate padane e quelle berluscomane, Fini tenta la sortita, immaginando un'altra destra, meno populista e più aperta alle novità, comprese quelle che arrivano da fuori. È convinto che ci sia uno spazio extra, di cui possano far parte una borghesia meno stantia, il ceto medio più giovane e pure gli extracomunitari, che una volta integrati ricuserebbero la sinistra per passare sull'altra sponda. In conclusione scommette sul disfacimento dell'attuale Popolo della Libertà, pensando di poterne rimettere insieme i cocci appena Berlusconi non ci sarà più, per creare la destra che non c'è.
Un progetto intrigante, ma ardito. Volete sapere secondo me quante probabilità ha di essere realizzato? Non faccio fatica a rispondere: le stesse di una prossima elezione di Gianfranco a capo dello stato.
Fini infatti non calcola che le posizioni che egli da tempo esprime gli stanno alienando le simpatie di gran parte dell'elettorato di centrodestra e anche se lui sopravviverà al Cavaliere, non è detto che sopravviveranno gli elettori disposti a votarlo. Se Fini davvero vuole candidarsi a guidare il PdL, o ciò che ne resterà una volta chiusa la stagione di Berlusconi, ha una sola possibilità: dire qualcosa di destra.
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