Bossi: «Fini è matto».
E ora il dubbio viene anche a chi vota PdL.
Bordate dal Senatur al presidente di Montecitorio, che seconddo i sondaggisti perde consenso al Nord e tra i cattolici.
Rassegna stampa - Libero di oggi, Tommaso Montesano.
I leghisti. Gli elettori del Popolo della Libertà più vicini alle posizioni del Carroccio. L'ala cattolica del partito. C'è una fetta del centrodestra, e del PdL, a cui Gianfranco Fini non piace più. Che non si riconosce nelle nuove posizioni assunte dall'ex leader di Alleanza nazionale. Così non deve sorprendere se la popolarità di Silvio Berlusconi, dopo il calo dovuto al "caso Noemi-escort", sia tornata a crescere. «Il Cavaliere ha recuperato: ormai il suo indice di fiducia è sui livelli precedenti allo scandalo, ovvero intorno al 60%», rivela il sondaggista Luigi Crespi, secondo cui è ancora Berlusconi ad occupare la prima posizione nel cuore degli elettori del PdL: «In posizione prioritaria c'è sempre lui. È di nuovo davanti a Fini». E l'ex leader di An? «È tra le prime tre posizioni tra i politici che godono di maggior fiducia in Italia. La sua, però, è una fiducia trasversale». Il presidente della Camera, infatti, raccoglie sempre più consensi «dalla porzione più moderata del centrosinistra», mentre alcuni settori del centrodestra iniziano a non sopportarlo. «I leghisti, ma anche quella fascia di elettori del PdL, soprattutto al nord, favorevoli ad un rafforzamento dell'asse con il Carroccio e magari ad una successione a Berlusconi affidata a Giulio Tremonti».
Non sono giorni facili, per Fini. Anche tra gli alleati, nonostante il coro di solidarietà di queste ore (proveniente in grandissima parte dagli ex An), le ultime proposte del presidente della Camera, in primis la concessione agli immigrati del diritto di voto alle prossime Regionali, sono iniziate le prese di distanza.
«Chel lì l'è matt», quello è matto, attacca Umberto Bossi, leader della Lega. «Come già riferito a monsignor Bagnasco, anche noi vogliamo aiutarli, ma a casa loro», ribadisce il ministro delle Riforme a proposito degli immigrati. «Se questo il presidente Fini non lo capisce, è condannato a perdere altri voti».
La Lega è in prima fila contro il presidente della Camera. «L'attacco a Fini? Cosa buona e giusta. Decida una volta per tutte da che parte vuole stare», taglia corto il senatore Fabio Rizzi. Per l'europarlamentare Mario Borghezio «Fini è irriconoscibile, sembra un'altra persona».
Anche Berlusconi, sulla sortita del voto agli immigrati, seppur indirettamente frena il presidente della Camera. Concedere il voto agli stranieri, infatti, per il presidente del consiglio significa solo fare un favore alla sinistra, che attraverso questo «subdolo stratagemma» intende garantirsi «una futura preminenza elettorale». In serata, tuttavia, Berlusconi diffonde una nota in cui prende le difese di Fini, investito ieri dalle critiche del "Giornale": «Come si può ben immaginare non ero a conoscenza dell'articolo del dottor Feltri sul presidente Fini, cui confermo la mia stima e la mia vicinanza».
Fatto sta che le recenti iniziative del numero uno di Montecitorio stanno disorientando l'elettorato del centrodestra. «Fini ha scommesso sulla conclusione della lunga pagina di Berlusconi e per questo ha costruito, metodicamente, un suo percorso alternativo», osserva Maurizio Pessato, amministratore delegato di Swg. Una strategia, però, destinata a portarlo in rotta di collisione con ampi settori della maggioranza.
«Alla porzione di elettorato che fluttua tra PdL e Lega il presidente della Camera piace sempre meno. Lo stesso vale per la parte più tradizionale del mondo cattolico che si riconosce nel PdL». Alessandro Amadori, amministratore delegato di Coesis Research, conferma: «I temi sollevati da Fini sono eccentrici rispetto alla tradizione del centrodestra. Sui rapporti con la Chiesa, ad esempio, le sue posizioni non sono semplicemente laiche, ma addirittura radicali».
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