Parla Geoff Andrews, storico e fondatore del sito Open democracy.
"Dal premier italiano un comportamento assai insolito, perlomeno in una democrazia".
Rassegna stampa.
Londra - "Sono le reazioni di un leader in ansia, che si sente sempre più isolato e in difficoltà". Geoff Andrews, docente di storia italiana, autore di un libro sul nostro paese e commentatore del sito Open Democracy, commenta così la decisione di Silvio Berlusconi di denunciare "Repubblica" e altri giornali per diffamazione.
Una parte della denuncia definisce diffamatorie le dieci domande presentate mesi fa dal nostro giornale al primo ministro: può una domanda essere considerata diffamante?
"È certamente assai insolito, perlomeno in una democrazia. Tanto più che quelle domanda sono state pubblicate per la prima volta all'inizio dell'estate e il premier italiano ha risposto con un lungo silenzio, ovvero ha scelto di non rispondere. Fare causa contro le domande sembra un tentativo di intimidire non solo "Repubblica" ma qualunque giornale dal porgli domande scomode, che è poi il compito della stampa in un paese democratico".
L'altro aspetto della denuncia riguarda commenti e argomentazioni fatti da un giornale francese, citati in un articolo di "Repubblica". Come interpreta questo?
"Si vede chiaramente il contrasto tra l'informazione in Italia, su cui Berlusconi esercita un vasto e quasi assoluto controllo, e quella all'estero, su cui ovviamente non può porre divieti o restrizioni. Ed ecco allora il ricorso alla giustizia per impedire che i giornali stranieri possano essere citati in Italia. È un fatto grave, ma è anche la prova che Berlusconi si rende conto della pericolosità, per lui, della stampa e dell'opinione pubblica internazionale. Incredibile. Con poche eccezioni, non se ne parla o se ne parla per minimizzare e difendere il premier. Sarebbe come se la Bbc e le tivù private britanniche non avessero raccontato lo scandalo dei rimborsi spese dei deputati che ha fatto tremare nei mesi scorsi il parlamento di Westminster. Cosa che non dovrebbe accadere in una democrazia".
Ma se accade, come sta accadendo in Italia, che conseguenze potrebbero esserci?
"Io credo che presto o tardi gli alleati di Berlusconi, o almeno alcuni di essi all'interno della coalizione di centro-destra, cominceranno a chiedersi se è legittimo e augurabile per il paese che sia consentita una situazione del genere. E prima o poi potrebbero esserci reazioni anche da parte degli alleati dell'Italia, dei suoi partner nell'Unione Europea, nella Nato, nel G8. Quando una democrazia zoppica, rallenta e preoccupa tutto l'impianto a cui è collegata, come del resto vari leader stranieri e perfino la Chiesa cattolica iniziano cautamente a segnalare".
Allora Berlusconi potrebbe subire dei contraccolpi con questa azione legale?
"Io penso che si tratti di una mossa politica, un colpo di coda che lascia trapelare segnali di crescente ansietà nel premier, sempre più toccato dalle critiche internazionali e con una sensazione di crescente isolamento anche in Italia, dove appare a molti dei suoi stessi alleati come una figura problematica".
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