Rassegna stampa - Il Giorno, Tiziano Troianello, 1 ottobre 2009.
Il governo pensa al ritorno al nucleare e non è escluso che possa prendere in considerazione l’ipotesi di riattivare la centrale di Caorso, a due passi dal lodigiano. “Arturo” è stato in funzione dall’inizio degli anni Ottanta ed ha cessato di produrre energia nel 1987. Poi squadre di tecnici hanno continuato a sorvegliarlo per diversi anni. Avrebbe il vantaggio non di poco conto, a detta di coloro che oggi non si sentono di scartare l’eventualità di una sua riattivazione, di essere collocato in riva al più grande fiume d’Italia, una “manna” per le necessità di raffredamento dell’impianto.
Il solo pensiero di vedere tornare in funzione la centrale di Caorso getta nell’angoscia i residenti dei centri del Basso Lodigiano collocati al di qua del Po esattamente al confine con il piacentino. Castelnuovo Bocca d’Adda e Caselle Landi, ad esempio, sono comuni nelle immediate vicinanze di Arturo e distano rispettivamente quattro chilometri e due chilometri e mezzo dall’impianto. Caselle è addirittura più vicino alla centrale di quanto non lo sia il centro abitato di Caorso. Il sindaco di Caselle Landi, Piero Luigi Bianchi, per ora non si sente un primo cittadino su cui pende la spada di Damocle del nucleare, però ci tiene a fissare alcuni paletti.
Sindaco Bianchi, come si sente un sindaco di un paese che di qui a poco potrebbe vedere cadere le attenzioni del Governo su un sito collocato a pochi metri da casa sua?
«Beh, innanzitutto non voglio generare allarmismi. Al momento c’è un’intenzione dichiarata da parte del Governo di tornare ad investire sull’energia nucleare, ma non sono ancora stati individuati i siti su cui puntare. Mi auguro che, come avevo letto da qualche parte, si intenda rivolgere maggiormente lo sguardo verso località situate in riva al mare. Tengo a sottolineare comunque che la comunità di Caselle Landi ha già dato, ha già provato sulla sua pelle la difficile convivenza con una centrale nucleare. In questo momento ritengo che il primo pensiero debba essere quello di portare a termine lo smantellamento di Arturo. Occorre innanzitutto chiudere quella partita e riportare la situazione di Caorso com’era prima dell’arrivo del nucleare. Francamente non mi sembra molto accettabile riproporre Caorso».
Cosa ne pensa in generale della scelta del Governo di puntare sul nucleare?
«Il tema del nucleare va affrontato con grande attenzione. Di certo suona decisamente “strano” tirare fuori dal cassetto questa idea dopo che il popolo italiano con un referendum ha fatto capire chiaramente di non volerne più sentire parlare e di non voler più vivere con l’incubo che possano accadere incidenti come quello di Chernobyl. È passato un po’ di tempo, circa 20 anni, ed io non sono tra quelli che dicono che bisogna assolutamente restare ancorati al passato, altrimenti saremmo ancora alla lampada ad olio. Però occorre fare ad esempio attente riflessioni sulle tecnolgie da adottare. Non si può pensare ad una tecnologia di terza generazione quando ormai si è arrivati alla quarta».
Non sarebbe preferibile rivolgere lo sguardo alle fonti rinnovabili?
«Sicuramente. Il Lodigiano ad esempio sta già varando iniziative importanti sul fronte agro-alimentare, con lo sfruttamento dell’energia prodotta dalle biomasse. Si sta guardando sempre più anche al fotovoltaico. Di certo sono partite con numeri differenti da quelli che può dare il nucleare, però meno pericolose».
Il comune di Caselle ha ricevuto gli indennizzi previsti dal Governo come “risarcimento danni per i disagi sopportati dalla presenza di Arturo”?
«Ad oggi non è arrivato neppure un euro. L’esclusione dei comuni lodigiani, come il nostro o quello di Castelnuovo Bocca d’Adda, era assurda. Dopo le promesse del ministro Scajola adesso siamo in attesa che il Governo passi alla fase attuativa del decreto».
Che ricordo ha di quando il Lodigiano doveva convivere con la centrale di Caorso?
«A quei tempi ero un ragazzo che con i suoi coetanei partecipava alle prove di evacuazione in casi di emergenza. Vivevo la situazione sicuramente non con la stessa consapevolezza di un adulto o con lo stesso stato d’animo con cui la vivrei oggi da genitore. In generale ricordo poi che il clima che si respirava in paese non era per nulla tranquillo e rilassato».
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