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lunedì 24 agosto 2009

Con la forza della ragione

Anniversario. Tutte le mosse del Vaticano per fermare la guerra.
Rassegna stampa - Avvenire di ieri, articolo di Antonio Airò.

Da Castelgandolfo il 24 agosto 1939, con un radiomessaggio, Pio XII si rivolgeva ai governanti e ai popoli di tutto il mondo con un caldo, accorato, sofferto appello. «È con la forza della ragione, non con quella delle armi, che la giustizia si fa strada. E gli imperi non fondati sulla giustizia non sono benedetti da Dio. La politica emancipata dalla morale tradisce quegli stessi che così la vogliono… Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra».
Nella sua voce – avrebbe scritto un settimanale cattolico, interpretando un comune sentimento – , si esprimeva «la voce della cristianità, anzi la voce stessa dell’umanità». Quella affermazione sintetica, sulla pace e sulla guerra, sarebbe diventata la cifra (quasi uno slogan) più volte ripresa in più occasioni di un pontificato difficile come era stato, nel corso della Grande Guerra, quella di «inutile strage» di Benedetto XV. Entrambe senza alcuna conseguenza positiva. Anzi sarebbero state accolte, per i due Papi, con disappunto, con protervia anche.
I governanti avrebbero continuato a tessere le loro strategie, i popoli a subire e a soffrire, la Chiesa a chiedere, inascoltata, che venissero battute le strade per arrivare a una pace duratura. Magari anche una pace di compromessi, di concessioni o rinunce reciproche, ma che per intanto facesse tacere le armi e consentisse di trovare soluzioni più autentiche e vere. Lo aveva ribadito papa Pacelli il 19 agosto ricevendo un nutrito pellegrinaggio di migliaia di veneti convenuti a Roma per ricordare i venticinque anni dalla morte di Pio X. «Fin dal primo giorno dal nostro pontificato abbiamo tentato e fatto quanto era nelle nostre forze per allontanare il pericolo della guerra e per cooperare al conseguimento di una solida pace fondata sulla giustizia e che salvaguardi la libertà e l’onore dei popoli… essendo consci di tutto quello che in questo campo dovevamo e dobbiamo ai figli della Chiesa cattolica e a tutta l’umanità».
Ma in quel 1939 che vide, il 2 marzo, l’elezione di Pio XII dopo la morte di Papa Ratti, l’Europa era inquieta divisa, sottosopra, segnata da regimi totalitari in Germania, in Unione sovietica e in Italia e da deboli democrazie occidentali. Le fragili speranze di una pace più consistente che si erano levate nel settembre del 1938 dopo la conferenza di Monaco tra Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia e nella quale Mussolini aveva svolto un ruolo, riconosciuto, da protagonista, si rivelavano facilmente eludibili. Il 13 marzo 1939 Hitler invadeva la Cecoslovacchia; pochi giorni dopo, il venerdì santo, l’Italia del Duce occupava l’Albania; a maggio Germania e Italia firmavano il «Patto d’acciaio», che avrebbe legato i due Paesi in modo indissolubile. Fino alla guerra. Intanto, tra Germania e Polonia esplodeva il contenzioso su Danzica e sul 'corridoio' rivendicato da Hitler.
Lo scontro vedeva di fronte due Paesi caratterizzati da una cospicua presenza di cattolici, divisi politicamente, e non solo. Mussolini ricevendo il gesuita padre Tacchi Venturi, spesso utilizzato come plenipotenziario dal Papa e dal Duce, gli dichiarava con cinico realismo: «La Germania non può illudersi di fare con la Polonia ciò che le è riuscito con gli altri senza spargimento di sangue. La Polonia resisterà; sarà sopraffatta dalla prevalente forza tedesca ed avremo il principio di una guerra europea». Il Duce escludeva per l’Italia un conflitto a breve termine. Tutto sarebbe dipeso da come si sarebbe evoluta la situazione internazionale. Ma era sicuro che il Führer l’avrebbe proclamata: «Scoppierà in agosto o anche prima».
In questo scenario apocalittico dell’uno contro tutti gli altri, con la Polonia sostenuta dalla Francia e dalla Gran Bretagna, l’Italia e la Germania legati dal Patto d’acciaio, con gli Stati Uniti interessati ma distanti e l’Unione sovietica di Stalin verso la quale si dirigevano i Paesi occidentali, la Santa Sede assumeva un’iniziativa diplomatica, 'segreta e discreta' per arrivare ad un incontro libero da pregiudiziali tra le cinque nazioni europee chiamate a verificare se esistevano le condizioni di un accordo in grado di ridurre le tensioni e salvare la pace. Come risulta dalla documentazione resa possibile dall’apertura degli archivi vaticani e non, i sondaggi tra i Paesi avrebbero rivelato tante assicurazioni di disponibilità, vari apprezzamenti e consensi ma anche riserve strumentali, risposte dilatorie, indifferenze, tentativi di tirare l’acqua al proprio mulino e trarne i maggiori vantaggi possibili. Tutto questo aveva finito con il creare, attorno alla proposta della Santa Sede, un vuoto di iniziative e non se ne era fatto nulla.
Per di più, il 23 agosto giungeva la notizia che a Mosca il ministro degli esteri sovietico, Molotov, e quello tedesco, von Ribbentrop, avevano firmato un patto di non aggressione, con in più un protocollo segreto che di fatto sacrificava la Polonia alle ambizioni dei due Paesi. Il radiomessaggio del 24 agosto diventava così l’ultimo appello del Papa alla pace. La Santa Sede affidava a padre Tacchi Venturi un estremo tentativo presso Mussolini. Il sostituto alla segreteria di Stato, Tardini, non ignorava che il Duce intendeva ricercare una soluzione sia pure minima per Danzica.
Bisognava interpellarlo. Il 29 agosto, il capo del governo consegnava al gesuita su un foglietto alcune indicazioni. Il giorno dopo, il cardinale segretario di Stato, Maglione, inviava tramite il nunzio a Varsavia, un messaggio per il governo di quel Paese che in parte si rifaceva alle parole di Mussolini. Ma tutto era ormai inutile. Il primo settembre 1939 Hitler invadeva la Polonia. Tre giorni dopo, a Tortona nel santuario della Madonna della Guardia, cuore della sua congregazione, don Orione si rivolgeva ai sacerdoti e ai seminaristi polacchi che si trovavano in quell’edificio per studiare dicendo loro: «Si apre il sipario di una tragedia di cui non possiamo prevedere le dimensioni… Ho fatto stendere la vostra bandiera sull’altare: passate e baciatela. Questo bacio sia come il bacio di Dio alla vostra patria: sia promessa che farete il vostro dovere di figli della Chiesa e di sudditi fedeli della vostra terra».
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