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mercoledì 25 novembre 2009

Un fuciletto ad aria compres­sa per una battaglietta laicista

Fine vita, anche a Bologna un registro «ideologico». Approvato a maggioranza ieri sera in Consiglio comunale. Severo il giudizio della diocesi: un pasticcio etico e giuridico.
Rassegna stampa - Avvenire, Stefano Andrini, 24 novembre 2009.

Semaforo verde a Bologna per l’istituzione di un registro dei testamenti biologici. Il consi­glio comunale ha infatti votato ieri a maggioranza (l’opposizione è usci­ta dall’aula per protesta) un ordine del giorno del Pd che impegna la giunta ad adottare i provvedimenti attuativi necessari all’organizzazio­ne del registro e a definirne le mo­dalità operative. Fortemente critica la Chiesa di Bologna che ha affidato ad un doppio editoriale del settima­nale diocesano il proprio dissenso. Gravi perplessità manifesta il giuri­sta Paolo Cavana. «Oltre ai profili di illegittimità deri­vanti dalla nor­mativa sulla pri­vacy, che impo­ne grandi caute­le nel trattamen­to dei dati sensi­bili, ossia idonei a rivelare le con­vinzioni religio­se, filosofiche o di altro genere e lo stato di salute della persona e la previa autoriz­zazione del Ga­rante, sono stati confermati» sostie­ne il docente «gli altri dubbi, formu­lati dai medici, derivanti dalla con­troversa natura giuridica di simili di­chiarazioni in assenza di una legge nazionale in materia».
Altri aspetti problematici emergono da una più attenta lettura dell’ordi­ne del giorno proposto. «Prima fra tutti – ricorda Cavana – la comples­sità burocratica del meccanismo previsto, che prevederebbe il depo­sito della dichiarazione presso un notaio e la contestuale segnalazio­ne del suo nominativo in Comune, ovvero direttamente la sua consegna in busta chiusa presso il Comune: nel primo caso con un doppio pas­saggio, che renderebbe la sua eventuale modifica inutilmente gravosa, e nel secondo caso con la possibilità che il Comune divenga depositario di volontà di provenienza contro­versa, non avendone potuto accer­tare la sua formazione ma solo il suo deposito».
Altre pesanti riserve sono state e­spresse da Giorgio Carbone, docen­te di bioetica. La proposta di istitui­re un registro, afferma lo studioso «e­quipara tout court il testamento bio­logico e le dichiarazioni anticipate di trattamento e ritiene che questi testi debbano essere vincolanti per il medico. Il testamento biologico è un documento con il quale il citta­dino oggi sano dispone di sé e dei trattamenti sa­nitari per il tem­po in cui non sarà più sano e non sarà in gra­do di intendere e di volere. Si trat­terebbe perciò di un atto con cui il cittadino mani­festa il suo con­senso e/o dis­senso a certi in­terventi sanita­ri ». Le leggi e la giurisprudenza consolidata quando parlano di con­senso informato, prosegue Carbone «suppongono che il consenso sia contemporaneo alla diagnosi e alla prognosi. Infatti, come può dirsi 'informato' il consenso che io oggi do circa un eventuale intervento te­rapeutico cui potrei essere sottopo­sto fra tre anni, quando caso mai le tecniche mediche saranno partico­larmente evolute? Non è detto che le volontà che io oggi esprimo corri­spondano esattamente a ciò che io desidererò quando sarò colpito da una malattia grave e sarò incapace di esprimere i miei desideri. Posti tutti questi dubbi circa beni fondamen­tali, come la vita e la salute – conti­nua l’esperto – è prudente e doveroso astenersi da qualsiasi atto che possa pregiudicarla in forza del prin­cipio di precauzione». Un gruppo di consiglieri teodem ha tentato di giu­stificare il proprio voto a favore del registro sostenendo che «esso non è altro che un deposito, poco oneroso, di desideri privi di validità giuridica» e che quindi non ci sarebbe materia per uno scontro ideologico. Una te­si bocciata da un gruppo di cattolici della stessa area politica. «Siamo di fronte», sostengono Angelo Ram­baldi e Paolo Giuliani de 'L’Officina delle idee' «ad affermazioni politi­camente deprimenti. La verità è un’altra: il testamento biologico co­munale non è uno strumento al ser­vizio dei cittadini ma più semplice­mente un fuciletto ad aria compres­sa per una battaglietta laicista». In­tanto il vice presidente del consiglio comunale Paolo Foschini (Pdl) non esclude che nei confronti del regi­stro possano partire due possibili ri­corsi: al Tar e alla Corte dei Conti.

Palma: sono atti senza vero valore.
Rassegna stampa - Avvenire, Ilaria Nava, 24 novembre 2009.

Un altro strappo sul fronte del fine vita si è consumato ieri sera a Bologna, con l’approvazione ampiamente annunciata della delibera comunale istitutiva di un registro di raccolta dei testamenti biologici. E con l’aumentare del numero di Comuni che decidono di intraprendere questa singolare scelta crescono anche gli interrogativi sulla portata giuridica di simili delibere e sul valore formale che hanno gli atti depositati in Comune.
Più che risolvere problemi, queste delibere ne creano di nuovi. Ne è convinto Antonio Palma, ordinario di Diritto romano all’Università di Napoli Federico II e docente di Diritto amministrativo processuale all’Università Europea di Roma.
Professore, i Comuni hanno competenza in queste materie?
No: con l’approvazione di queste delibere i Comuni eccedono la propria competenza. Infatti, quando parliamo di diritti fondamentali della persona, come il diritto alla vita, lo Stato ha una competenza esclusiva, dettata dalla Costituzione, come indicato nell’articolo 117. È escluso, quindi, che i singoli Comuni abbiano qualche competenza.
Un testamento biologico depositato in Comune che valore ha?
Prova solo che a una certa data un determinato soggetto ha espresso una volontà in merito alle terapie che vorrà o non vorrà ricevere. Il problema della prova, che nel caso Englaro si è posto con particolare problematicità, viene in tal modo aggirato.
In che senso?
Come mi pare di cogliere dal dibattito attuale, il problema del valore delle dichiarazioni anticipate è legato alla loro attualità, al loro contenuto, non solo alla prova della loro esistenza. In altre parole, non è solo importante accertare formalmente che una dichiarazione è avvenuta, ma anche che contenuto sia possibile darle, che limiti sono previsti, in che modo renderla attuale. E in quest’ambito il Parlamento, che come abbiamo detto ha competenza esclusiva, sta lavorando su una legge che preveda i meccanismi accertativi anche dell’attualità e della permanenza delle volontà dichiarate nel tempo.
Alcune delibere comunali prevedono la possibilità di nominare un fiduciario. È valida questa nomina?
No, perché in assenza di una legge che lo prevede non è possibile istituire un mandato avente ad oggetto un diritto personalissimo come quello della vita. Una nomina fatta esclusivamente sulla base di una delibera comunale, quindi, non ha alcun valore.

«Non lasceremo in pace i deputati»
Rassegna stampa - Avvenire, Enrico Negrotti, 24 novembre 2009.
Massima vigilanza all’iter del disegno di legge sulle di­chiarazioni anticipate di trattamento. È quanto assicura Car­lo Casini, presidente del Movimen­to per la vita, concludendo a Mon­tecatini il 29° Convegno nazionale dei Centri di aiuto alla vita, di fron­te ai 500 delegati degli oltre 300 Centri di aiuto alla vita sparsi in tutta Italia: «Non la­sceremo dormire in pace i deputati». Nel convegno ampio spazio ha trovato il tema del fine vita e del di­segno di legge Calabrò, che è attende di essere esami­nata dalla Camera, dove lo attendono circa 2700 e­mendamenti.
E già da mercoledì, ha detto Casini, invieremo un pri­mo appello ai deputati: «È una coincidenza singolare che questo avvenga esattamente nel giorno, il 25 no­vembre, in cui si sarebbe festeggiato il 39° complean­no di Eluana Englaro, la donna che con la sua triste e inconsapevole vicenda ha introdotto la riflessione su fine vita ed eutanasia nel dibattito politico. Il Movimento per la vita ha sempre seguito con attenzione e partecipazione la vicenda. Come eravamo a Lecco e fuori dell’ospedale che l’ha accolta in Friuli, così sia­mo stai vicini alla riflessione di senatori e deputati. O­ra che si avvicina il momento delle scelte e del voto fa­remo sentire con ancor maggiore forza la nostra pre­senza». E sarà – ha detto ancora Casini solo l’avvio di una mobilitazione nella quale coinvolgeremo le tante realtà della società civile con le quali abbiamo già col­laborato per l’approvazione e la difesa della legge 40». Garantisce il suo impegno Paola Binetti (Pd): «Quello di Eluana non è stato solo il caso di un padre incapa­ce di veder più a lungo soffrire la figlia che prende un’i­niziativa improvvisa e disperata. È stato un caso lun­gamente studiato e preparato a livello nazionale ed in­ternazionale e che ha utilizzato la vicenda personale di Eluana e di Beppino Englaro per cercare introdur­re surrettiziamente l’eutanasia in Italia. Per questo è doppiamente importante far presto ad approvare una legge che ponga dei paletti chiari e che impedisca pos­sibili interpretazioni devianti da parte di istituzioni compiacenti. È una legge a cui tutte le persone di buon senso dovrebbero dare il proprio contributo costrut­tivo senza farne una bandiera politica che crea divi­sione e non unità di intenti». Anche il senatore Raffaele Calabrò (Pdl) aveva sottoli­neato all’apertura del convegno di Montecatini: «Do­ve possiamo pensare che arriverà mai uno Stato che presenti l’eutanasia come diritto, che deve garantire anche da un punto organizzativo e finanziario, facen­dolo rientrare nel Servizio sanitario nazionale, non più teso a difendere la vita ma a organizzare la morte? Que­sta supremazia indiscussa della mia capacità di auto­determinazione è un concetto profondamente distorto e fallace».
«È necessario che una legge esplicita – ha concluso do­menica Carlo Casini – impedisca le libere interpreta­zioni che della norma hanno fatto alcuni giudici con­sentendo che Eluana fosse lasciata morire. Va affer­mato quel che la sapienza dei semplici da sempre ha ben chiaro e cioè che togliere acqua e nutrimento a un paziente vuol dire uccidere un uomo».
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