Rassegna stampa - Avvenire, Stefano Andrini, 24 novembre 2009.
Semaforo verde a Bologna per l’istituzione di un registro dei testamenti biologici. Il consiglio comunale ha infatti votato ieri a maggioranza (l’opposizione è uscita dall’aula per protesta) un ordine del giorno del Pd che impegna la giunta ad adottare i provvedimenti attuativi necessari all’organizzazione del registro e a definirne le modalità operative. Fortemente critica la Chiesa di Bologna che ha affidato ad un doppio editoriale del settimanale diocesano il proprio dissenso. Gravi perplessità manifesta il giurista Paolo Cavana. «Oltre ai profili di illegittimità derivanti dalla normativa sulla privacy, che impone grandi cautele nel trattamento dei dati sensibili, ossia idonei a rivelare le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere e lo stato di salute della persona e la previa autorizzazione del Garante, sono stati confermati» sostiene il docente «gli altri dubbi, formulati dai medici, derivanti dalla controversa natura giuridica di simili dichiarazioni in assenza di una legge nazionale in materia».
Altri aspetti problematici emergono da una più attenta lettura dell’ordine del giorno proposto. «Prima fra tutti – ricorda Cavana – la complessità burocratica del meccanismo previsto, che prevederebbe il deposito della dichiarazione presso un notaio e la contestuale segnalazione del suo nominativo in Comune, ovvero direttamente la sua consegna in busta chiusa presso il Comune: nel primo caso con un doppio passaggio, che renderebbe la sua eventuale modifica inutilmente gravosa, e nel secondo caso con la possibilità che il Comune divenga depositario di volontà di provenienza controversa, non avendone potuto accertare la sua formazione ma solo il suo deposito».
Altre pesanti riserve sono state espresse da Giorgio Carbone, docente di bioetica. La proposta di istituire un registro, afferma lo studioso «equipara tout court il testamento biologico e le dichiarazioni anticipate di trattamento e ritiene che questi testi debbano essere vincolanti per il medico. Il testamento biologico è un documento con il quale il cittadino oggi sano dispone di sé e dei trattamenti sanitari per il tempo in cui non sarà più sano e non sarà in grado di intendere e di volere. Si tratterebbe perciò di un atto con cui il cittadino manifesta il suo consenso e/o dissenso a certi interventi sanitari ». Le leggi e la giurisprudenza consolidata quando parlano di consenso informato, prosegue Carbone «suppongono che il consenso sia contemporaneo alla diagnosi e alla prognosi. Infatti, come può dirsi 'informato' il consenso che io oggi do circa un eventuale intervento terapeutico cui potrei essere sottoposto fra tre anni, quando caso mai le tecniche mediche saranno particolarmente evolute? Non è detto che le volontà che io oggi esprimo corrispondano esattamente a ciò che io desidererò quando sarò colpito da una malattia grave e sarò incapace di esprimere i miei desideri. Posti tutti questi dubbi circa beni fondamentali, come la vita e la salute – continua l’esperto – è prudente e doveroso astenersi da qualsiasi atto che possa pregiudicarla in forza del principio di precauzione». Un gruppo di consiglieri teodem ha tentato di giustificare il proprio voto a favore del registro sostenendo che «esso non è altro che un deposito, poco oneroso, di desideri privi di validità giuridica» e che quindi non ci sarebbe materia per uno scontro ideologico. Una tesi bocciata da un gruppo di cattolici della stessa area politica. «Siamo di fronte», sostengono Angelo Rambaldi e Paolo Giuliani de 'L’Officina delle idee' «ad affermazioni politicamente deprimenti. La verità è un’altra: il testamento biologico comunale non è uno strumento al servizio dei cittadini ma più semplicemente un fuciletto ad aria compressa per una battaglietta laicista». Intanto il vice presidente del consiglio comunale Paolo Foschini (Pdl) non esclude che nei confronti del registro possano partire due possibili ricorsi: al Tar e alla Corte dei Conti.
Palma: sono atti senza vero valore.
Rassegna stampa - Avvenire, Ilaria Nava, 24 novembre 2009.
Un altro strappo sul fronte del fine vita si è consumato ieri sera a Bologna, con l’approvazione ampiamente annunciata della delibera comunale istitutiva di un registro di raccolta dei testamenti biologici. E con l’aumentare del numero di Comuni che decidono di intraprendere questa singolare scelta crescono anche gli interrogativi sulla portata giuridica di simili delibere e sul valore formale che hanno gli atti depositati in Comune.
Più che risolvere problemi, queste delibere ne creano di nuovi. Ne è convinto Antonio Palma, ordinario di Diritto romano all’Università di Napoli Federico II e docente di Diritto amministrativo processuale all’Università Europea di Roma.
Professore, i Comuni hanno competenza in queste materie?
No: con l’approvazione di queste delibere i Comuni eccedono la propria competenza. Infatti, quando parliamo di diritti fondamentali della persona, come il diritto alla vita, lo Stato ha una competenza esclusiva, dettata dalla Costituzione, come indicato nell’articolo 117. È escluso, quindi, che i singoli Comuni abbiano qualche competenza.
Un testamento biologico depositato in Comune che valore ha?
Prova solo che a una certa data un determinato soggetto ha espresso una volontà in merito alle terapie che vorrà o non vorrà ricevere. Il problema della prova, che nel caso Englaro si è posto con particolare problematicità, viene in tal modo aggirato.
In che senso?
Come mi pare di cogliere dal dibattito attuale, il problema del valore delle dichiarazioni anticipate è legato alla loro attualità, al loro contenuto, non solo alla prova della loro esistenza. In altre parole, non è solo importante accertare formalmente che una dichiarazione è avvenuta, ma anche che contenuto sia possibile darle, che limiti sono previsti, in che modo renderla attuale. E in quest’ambito il Parlamento, che come abbiamo detto ha competenza esclusiva, sta lavorando su una legge che preveda i meccanismi accertativi anche dell’attualità e della permanenza delle volontà dichiarate nel tempo.
Alcune delibere comunali prevedono la possibilità di nominare un fiduciario. È valida questa nomina?
No, perché in assenza di una legge che lo prevede non è possibile istituire un mandato avente ad oggetto un diritto personalissimo come quello della vita. Una nomina fatta esclusivamente sulla base di una delibera comunale, quindi, non ha alcun valore.
«Non lasceremo in pace i deputati»
Rassegna stampa - Avvenire, Enrico Negrotti, 24 novembre 2009.
E già da mercoledì, ha detto Casini, invieremo un primo appello ai deputati: «È una coincidenza singolare che questo avvenga esattamente nel giorno, il 25 novembre, in cui si sarebbe festeggiato il 39° compleanno di Eluana Englaro, la donna che con la sua triste e inconsapevole vicenda ha introdotto la riflessione su fine vita ed eutanasia nel dibattito politico. Il Movimento per la vita ha sempre seguito con attenzione e partecipazione la vicenda. Come eravamo a Lecco e fuori dell’ospedale che l’ha accolta in Friuli, così siamo stai vicini alla riflessione di senatori e deputati. Ora che si avvicina il momento delle scelte e del voto faremo sentire con ancor maggiore forza la nostra presenza». E sarà – ha detto ancora Casini solo l’avvio di una mobilitazione nella quale coinvolgeremo le tante realtà della società civile con le quali abbiamo già collaborato per l’approvazione e la difesa della legge 40». Garantisce il suo impegno Paola Binetti (Pd): «Quello di Eluana non è stato solo il caso di un padre incapace di veder più a lungo soffrire la figlia che prende un’iniziativa improvvisa e disperata. È stato un caso lungamente studiato e preparato a livello nazionale ed internazionale e che ha utilizzato la vicenda personale di Eluana e di Beppino Englaro per cercare introdurre surrettiziamente l’eutanasia in Italia. Per questo è doppiamente importante far presto ad approvare una legge che ponga dei paletti chiari e che impedisca possibili interpretazioni devianti da parte di istituzioni compiacenti. È una legge a cui tutte le persone di buon senso dovrebbero dare il proprio contributo costruttivo senza farne una bandiera politica che crea divisione e non unità di intenti». Anche il senatore Raffaele Calabrò (Pdl) aveva sottolineato all’apertura del convegno di Montecatini: «Dove possiamo pensare che arriverà mai uno Stato che presenti l’eutanasia come diritto, che deve garantire anche da un punto organizzativo e finanziario, facendolo rientrare nel Servizio sanitario nazionale, non più teso a difendere la vita ma a organizzare la morte? Questa supremazia indiscussa della mia capacità di autodeterminazione è un concetto profondamente distorto e fallace».
«È necessario che una legge esplicita – ha concluso domenica Carlo Casini – impedisca le libere interpretazioni che della norma hanno fatto alcuni giudici consentendo che Eluana fosse lasciata morire. Va affermato quel che la sapienza dei semplici da sempre ha ben chiaro e cioè che togliere acqua e nutrimento a un paziente vuol dire uccidere un uomo».
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