FATTI E PAROLE

Foglio virtuale quotidiano di Brembio e del suo territorio

http://www.fattieparole.info

Si può leggere l'ultimo numero cliccando sopra, sull'immagine della testata o sul link diretto, oppure cliccando qui.
Ogni nuovo numero esce nelle ore serali, ma dopo le 12.00 puoi già leggerlo mentre viene costruito cliccando qui.

FATTI E PAROLE - ARCHIVIO
www.fattieparole.eu

La parola al lettore

Le tue idee, opinioni, suggerimenti e segnalazioni, i tuoi commenti, le tue proposte: aiutaci ad essere un servizio sempre migliore per il nostro paese.

Puoi collaborare attivamente con noi attraverso questo spazio appositamente predisposto - per accedere clicca qui - o anche puoi scriverci cliccando qui.

lunedì 30 novembre 2009

Bocciato il minareto ma non il commercio delle armi

Referendum svizzero, crocefisso sulla bandiera italiana: la destra che rantola sfrutta o s'inventa ogni cosa purché si parli d'altro. Tutto va bene per non parlare d'un predellino che scricchiola.



Subito una buona notizia sul fronte dei diritti. La Corte di giustizia della Comunità europea ha stabilito che il trattenimento degli immigrati presso i Cpt, ai fini dell’allontanamento dal territorio nazionale, deve riguardare soltanto “il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità” del rimpatrio; non deve superare il massimo di 18 mesi e deve uniformarsi in tutti i paesi della Comunità. Inoltre deve essere prevista l’immediata liberazione qualora non vi sia “alcuna prospettiva di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi'' o siano scaduti i tempi massimi stabiliti per il trattenimento. La Corte ha espresso la sua decisione esaminando il caso di un cittadino ceceno fermato dalle autorità bulgare al confine con la Turchia e trattenuto in un Centro di permanenza temporanea.
Sul fronte “immigrazione” oggi due questioni hanno tenuto banco: il referendum elvetico contro la costruzione di nuovi minareti e l’uscita leghista sul tricolore “crociato”. Sull’esito del voto svizzero la presa di posizione più forte e decisa, nel nostro panorama politico, è venuta da Gianfranco Fini che ha addossato alla scelta svizzera “la responsabilità di rendere il fanatismo islamico più forte”.
La vittoria del “sì” è stata commentata dai vescovi svizzeri come “un ostacolo e una grande sfida sul cammino dell'integrazione nel dialogo e nel rispetto reciproco”. I vescovi si erano impegnati, a fianco delle Chiese protestanti e naturalmente della comunità musulmana, perché la proposta di legge fosse respinta. L'esito delle urne è stato invece diverso e i vescovi assicurano di “averne preso atto con grande attenzione”: “Evidentemente non siamo riusciti a mostrare al popolo che il divieto alla costruzione dei minareti non contribuisce ad una sana coabitazione delle religioni e delle culture, ma al contrario la deteriora”. Per i vescovi, la campagna referendaria “con le sue esagerazioni e caricature”, ha mostrato che “la pace religiosa non viene da sé e va sempre difesa”. Il sì al referendum “aumenta i problemi di coabitazione tra le religioni e le culture” e non aiuterà “i cristiani perseguitati e oppressi nei Paesi islamici”, anzi “diminuisce la credibilità del loro impegno in quei Paesi”. Adesso, per i presuli, “la sfida principale è quella di ridare alla popolazione la fiducia necessaria nel nostro ordine giuridico e un'attenzione adeguata agli interessi di tutti”.
Ahmad Gianpiero Vincenzo presidente dell'associazione Intellettuali Musulmani Italiani, consulente per l'immigrazione della Commissione Affari Costituzionali del Senato e membro dell'Assemblea Generale della Grande Moschea di Roma ha dichiarato che “sulla questione dei minareti la Svizzera non sta dando una bella immagine al resto del mondo”. “Purtroppo si sta facendo sempre più forte in Europa l'influenza dei partiti estremisti che fanno dell'anti-islamismo la loro bandiera. Anche in Svizzera la maggior parte dei gruppi politici era contraria al referendum, ma questo non ha impedito alla maggioranza dei votanti di esprimersi contro i minareti. Paradossalmente non è passato, invece, il referendum sull'esportazione di armi: si continuerà così a produrre e a vendere strumenti di morte. L'immagine che ne emerge non è certo quella di un Occidente pacifico e tollerante”.
Per Karim Mezran, segretario generale degli Intellettuali Musulmani Italiani e docente alla Johns Hopkins University, quella approvata in Svizzera è “una norma assurda e inutile perché non sono certo i simboli architettonici a costituire un problema, ma semmai i gruppi fondamentalisti, contro i quali si continua a fare troppo poco, in Svizzera come nel resto d'Europa. Impedire la costruzione dei minareti rappresenta solo un segnale preoccupante di mancanza di tolleranza e democrazia. Siamo preoccupati che si possa andare verso un mondo dove le minoranze etniche e religiose rischiano di non avere più sufficienti garanzie e di vedere limitati i loro diritti fondamentali”.
L'Osservatore Romano ha commentato l’esito dicendo che “il 'no' svizzero a nuovi minareti danneggia la libertà religiosa”. Il giornale vaticano ricorda la posizione dei vescovi locali che hanno parlato di “un duro colpo alla libertà religiosa e all'integrazione” e di una “tendenza che complica le cose per i cristiani”. L'Osservatore riporta le parole del segretario generale della Conferenza episcopale elvetica, don Felix Gmur, il quale ha spiegato la vittoria dei sì “con la paura della gente verso chi viene da lontano, di chi non capisce, e si chiude”.
Infine, mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti, ha fatto sapere di essere “sulla stessa linea dei vescovi svizzeri”.
Questa mattina, Calderoli, ministro leghista, commentando in un'intervista a Repubblica il referendum aveva detto: “Su questo do un giudizio assolutamente positivo. Il minareto è qualcosa di diverso da una moschea. Ha un forte contenuto simbolico, che travalica la dimensione religiosa. La esteriorizza, fino a farle assumere significati altri dalla preghiera. Un conto è garantire la libertà di culto, altro mettere un argine agli aspetti politici e propagandistici legati all'Islam”. Per Calderoli “l'aspetto positivo della consultazione è lo stimolo ad aprire anche da noi un dibattito serio su queste forme di democrazia diretta. Proprio mercoledì al Senato comincia la discussione sulla riforma federale dello Stato, noi della Lega avanzeremo una proposta. Da noi c'è il referendum confermativo per le leggi costituzionali e abrogativo per quelle ordinarie, manca il referendum propositivo, che esiste solo nelle realtà locali: bene, estendiamolo e facciamo come la Svizzera”. In Svizzera, secondo Calderoli, ''cercano di frenare gli aspetti propagandistici dell'Islam, mentre in Italia si è addirittura aperto un dibattito sul diritto di cittadinanza, e quindi di voto, da estendere agli immigrati. Ma così si ipotizza la nascita di partiti islamici, come qualcuno ha già detto. Sarebbe la cosa peggiore, per l'Islam religione e politica sono la stessa cosa, anzi la prima prevale sulla seconda”.
Castelli ha fatto subito da sponda rilanciando la sua proposta di inserire la figura della croce cristiana all'interno del tricolore nazionale: “Spero che il Partito di cui mi onoro di far parte faccia propria la mia proposta”. Ed in una nota rincara: “Ricordo che esiste già una bandiera italiana che contiene non una, ma tre croci, quella della nostra gloriosa Marina militare. E ciò soprattutto il Ministro della Difesa dovrebbe saperlo. Ricordo inoltre a chi si accinge a riformare la Costituzione italiana che si potrebbe valutare l'opportunità di una bandiera dello Stato italiano simile a quella della Marina, cioè senza la corona ma con gli emblemi delle nostre storiche Repubbliche marinare, simbolo di indipendenza e autonomia”.
Una sorta di risposta, quella di Castelli, a La Russa che ha detto commentando la “castellata”: “Non abbiamo bisogno di mettere il crocifisso all'interno della bandiera italiana, basta tenerlo all'interno della nostra cultura e della tradizione cristiana. Un cambiamento della bandiera lo può fare soltanto chi non ama la bandiera. Credo che Castelli da persona intelligente qual'è, abbia fatto una battuta. Non è neanche una provocazione, ma una battuta propagandistica che può fare chi non capisce che la bandiera italiana non è tante bandierine da sventolare e non è che se ne possa sventolare una diversa ogni giorno”. Quanto al referendum svizzero, secondo La Russa “la Svizzera non è mai stato un paese particolarmente aperto. Ha fatto molto bene ad esprimere un'opinione che conferma che non bisogna mai discriminare, ma nemmeno arrendersi, ad un futuro non dico multietnico ma multiculturale”.
Il miglior commento sulla proposta di Castelli è venuto da Fini: “La Lega delle volte esagera. In molte occasioni dice cose strumentali, in modo viscerale e che hanno conseguenze negative. Per esempio la proposta di Castelli di metter la croce nel tricolore per fortuna è durata lo spazio di un mattino”.
Per chiudere una rapida carrellata su altre esternazioni in merito al referendum svizzero e al crocefisso leghista. Rotondi: “No alla croce nel tricolore, vale sempre la linea di Cavour: libera Chiesa in libero Stato”. Maurizio Lupi: “Credo che in questo momento l'unica cosa che dobbiamo evitare è cavalcare una polemica sterile su croci e minareti. La libertà religiosa non si difende con l'integralismo e con battaglie che hanno come unico risultato quello di banalizzare temi che, al contrario, definiscono l'identità di un popolo. Tra l'altro, questo è il modo migliore per minare le fondamenta di quella laicità positiva che è alla base della nostra società”. Capezzone: “C'è da augurarsi che tutto il mondo politico, senza distinzioni di schieramento, dopo qualche prima reazione emotiva, voglia scegliere una linea di sobrietà e di razionalità a seguito del referendum svizzero sui minareti. Gli italiani desiderano una politica operosa e volta al buongoverno: e di tutto si sente il bisogno tranne che di qualche improvvisata e paradossale guerra di religione, comunque e da chiunque condotta”.
Urso ha lanciato in direzione della Lega un'ammonizione “per le possibili conseguenze di un referendum contro il quale si era giustamente schierata anche la chiesa locale”. La Lega sbaglia “a innalzare la bandiera dell'intolleranza. Se Calderoli e Castelli credono davvero in quel che dicono, presentino delle proposte di legge costituzionali per modificare la carta costituzionale e cancellare dal nostro ordinamento la libertà religiosa e, mentre ci sono, per restaurare lo stato pontificio anche contro il volere della chiesa ma stavolta proprio in padania”.
Ancora Calderoli, tanto per dimostrare d’essere più “furbo” di Castelli, “Mi spiace per Castelli e per la sua proposta, ma devo ricordare che nella nostra bandiera, quella lombarda, la croce c'è già ed è quella rossa in campo bianco, la croce di san Giorgio, emblema della bandiera con cui Milano e gli altri comuni lombardi sconfissero il Barbarossa nella storica battaglia di Legnano del 1176”. Per Calderoli: “Sono altre, ritengo, le riflessioni che devono invece nascere dal referendum svizzero e dal suo risultato. La prima è inerente al segnale che ci giunge da un risultato così schiacciante, un sì ai campanili e un no ai minareti, ovvero da un lato il rispetto per la libertà di religione e dall'altro la necessità di mettere un freno agli aspetti politici e propagandistici legati all'Islam come, per esempio, la costituzione di un partito islamico in Italia, come già avvenuto in Spagna”.
Gasparri, per alcuni aspetti più “calderoli” di Calderoli: “Il risultato del referendum svizzero è chiaro. In Europa anche paesi notoriamente più tolleranti guardano con preoccupazione al dilagare dell'islamismo e delle sue forme più estreme. Moschee o minareti spesso non sono solo simboli di culto, ma luoghi dove i predicatori di odio, nella loro lingua, infondono i dettami della violenza e dell'intolleranza. In pericolo non c'è solo la nostra identità cristiana, ma la nostra sicurezza. Il prevalere nell'Islam di posizioni integraliste è noto. E se anche la neutrale e tollerante Svizzera ha con il referendum dato un segnale di preoccupazione inequivocabile, credo che sia nostro compito quanto meno riflettere. Abbiamo il dovere di difendere le nostre radici con determinazione e convinzione. A tal proposito, l'idea di inserire nel Tricolore il crocifisso è una provocazione suggestiva, ma che come tale va trattata”. Ronchi: “La proposta della Lega sulla croce è una fesseria, il Tricolore è un simbolo che non può essere toccato, ha una tradizione e una attualità immensa, deve essere bianco, rosso e verde e basta. Il voto della Svizzera sui minareti, invece, è un'espressione popolare che deve far riflettere e a cui bisogna riservare la giusta considerazione. Bisogna capire che c'è in Europa una profonda difficoltà nei confronti dell'Islam. Per questo, per dare sicurezze e certezze al cittadino europeo, dobbiamo accelerare il processo di integrazione, aiutare i musulmani moderati e avere parole chiare e atteggiamenti consequenziali e intransigenti contro il fondamentalismo e contro le moschee e i predicatori fai da te”. Donadi: “Ormai siamo alla farsa. La proposta della Lega di inserire la croce nel tricolore è semplicemente ridicola e viene da chi la bandiera italiana voleva bruciarla. La Lega, la forza politica dei riti celtici, delle ampolle, dei matrimoni celebrati da druidi ora cavalca l'intolleranza e si presenta come alfiere della cristianità, soffiando sul fuoco delle paure e delle insicurezze dei cittadini. Un po' di serietà non guasterebbe da parte di chi è al governo dell'Italia, una e indivisibile”. Zanda: “La bandiera italiana è bellissima ed è il simbolo dell'unità nazionale. La Lega deve smetterla con le provocazioni contro i simboli dell'Italia unita. Queste provocazioni sono ancora più gravi perché fatte da chi siede in Parlamento e dovrebbe rappresentare tutti gli italiani”.
Nel nostro paese c'è una “parte della classe dirigente che ritiene ancora di soffiare sul fuoco e innescare nuove contrapposizioni”. A dirlo è stato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che nel corso di un convegno organizzato dal sindacato sul tema dei diritti degli immigrati ha detto di sperare che “in Parlamento, al più presto, si definisca quella proposta bipartisan, che va nella direzione del riconoscimento del voto agli immigrati, dei diritti civili e amministrativi per chi paga i contributi e le tasse e ha un rapporto stabile con l'Italia”. Secondo Bonanni “i cittadini e i lavoratori italiani non cascano nella trappola della xenofobia e della contrapposizione. Il Paese è maturo per fare questi passi”.
Condividi su Facebook

Stiamo lavorando per voi

Stiamo aggiornando il blog collegandolo con un sito esterno per migliorare l'accessibilità alle informazioni in modo da rendere più semplice il loro reperimento e la lettura. Questo comporta dei ritardi nella pubblicazione di nuovi post. Ci scusiamo per l'inconveniente.

Il Pdlega perde un pezzo

Il promotore Stefano Buzzi: «Al voto con un nostro candidato, poi al ballottaggio si vedrà». Nasce la lista dei “dissidenti” del Pdl. Presentata “Il Lodigiano che verrà” con ex consiglieri azzurri.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Matteo Brunello, 30 novembre 2009.

Una forza liberale e riformista per superare un bipolarismo ormai “malato”. È il battesimo ufficiale dell’associazione “Il Lodigiano che verrà”, nuova formazione che guarda già alle comunali di Lodi. «Ci opponiamo all’asse Pdl e Lega e ad un’opposizione sterile di un Pd di sinistra», afferma il suo presidente Stefano Buzzi, ex consigliere provinciale di Forza Italia. E si annuncia già la proposta di una lista autonoma per l’appuntamento con le urne di marzo, che potrebbe catalizzare molti dei consensi all’interno dell’area del centrodestra locale. «L’ambizione ci spinge a proporre, dove possibile, il nostro candidato e nostro programma - riprende Buzzi - Per ora resteremo da soli e in caso di eventuale ballottaggio si discuterà». In sala, sabato pomeriggio, molti esponenti della politica cittadina di entrambi gli schieramenti. In particolare l’ex capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale Giuseppe Bruschi (attualmente parte del gruppo misto in Broletto), Nando Mascherpa (candidato alle ultime elezioni provinciali per i Moderati Riformisti), e Pietro Cipolla (ex consigliere provinciale Ds e del gruppo dei Riformisti per il Lodigiano). Tra il pubblico anche il sindaco di Lodi, Lorenzo Guerini («sono stato invitato e ho partecipato come atto di cortesia istituzionale», commenta), il presidente del consiglio comunale Gianpaolo Colizzi, oltre ad una serie di esponenti di area centro destra (il consigliere comunale del gruppo ex Fi Vittorio Sala, Beppe Carlin, Stefano Cecchi, Vera Lambri). «L’idea è quella di partire dal riformismo per dare risposte alla crisi della politica. Ci vuole il coraggio d’intraprendere un cambiamento - illustra Buzzi - molti dei promotori di questa iniziativa hanno partecipato ad una stagione politica improduttiva e da qui vogliamo ripartire per un progetto innovativo». Il modello è quello di altre realtà, come il gruppo “Parma che verrà”, rappresentato dal suo presidente Gianluca Zoni, che ha fornito contributi significati nelle sfide elettorali per comune e provincia di Parma. E il progetto ha già contagiato altre località, tra cui Napoli, c’è l’interesse di Pavia, Brescia. A moderare l’incontro, il responsabile cronaca Milano del quotidiano Il Giorno, Alessandro Neri. «Non abbiamo ricette miracolose, ma ci muoveremo con buon senso», specifica Buzzi, che ha anche annunciato la nascita del gruppo “Lodi che verrà”, che avrà probabilmente il compito di traghettare l’associazione alle elezioni comunali di marzo per il capoluogo.
Condividi su Facebook

domenica 29 novembre 2009

Una strategia vincente

Razzisti al lavoro.
Rassegna stampa - il manifesto, Loris Campetti, 28 novembre 2009.



La strategia della Lega Nord è sempre la stessa. Si può capire, è una strategia vincente. Bossi scioglie il guinzaglio a uno dei suoi pastori bergamaschi che addenta ai polpacci la nostra traballante democrazia. Butta sul tavolo un'esagerazione razzista, si scatena la polemica politica, poi il governo o chi per esso - magari la stessa Lega - fa un passettino indietro e l'esagerazione razzista viene, a parole, rinviata al mittente. Non senza conseguenze sociali, politiche, culturali drammatiche, perché diventa normale, in un paese ormai irriconoscibile, giocare con il peggiore razzismo. Il fronte si sposta sempre più avanti, così avanti da riportarci, neanche troppo lentamente, alle mussoliniane leggi razziali. Il degrado culturale, poi, dal parlamento si estende alla società: negli autobus delle città e nelle campagne. A scuola, in ufficio, al bar. E ormai anche in fabbrica.
Nel giorno in cui un pezzetto di nord - quello che non ha venduto l'anima a chi cerca il consenso agitando la paura dell'altro per improvvisare improbabili e pericolose identità nazionali e sub-nazionali - manifesta contro il White Christmas, la Lega deposita per mano di un suo deputato, tal Maurizio Fugatti, un emendamento alla Finanziaria per ridurre a sei mesi la copertura della cassa integrazione per i lavoratori extracomunitari. I soldi sono quelli che sono, mica possiamo sprecarli per i negri, è la motivazione più che esplicita fornita dal leghista che dopo l'esplosione del caso fa sapere: è una mia iniziativa personale. Il Fugatti pensa che sono loro, i lavoratori migranti che immaginiamo chiamerà con un linguaggio più razzisticamente colorito, a doverci ringraziare per aver concesso loro di sputare l'anima nelle fonderie bresciane, così come le badanti equadoregne devono baciarci i piedi se riescono a campare nel paese di Bengodi assistendo i nostri vecchi. I sei mesi di cassa integrazione sono un ulteriore regalo, ci siano perciò riconoscenti e si levino dalla testa di essere come noi e godere addirittura degli stessi nostri diritti.
Invocare la Carta costituzionale è obbligatorio, ma non basta. Rilasciare dichiarazioni sdegnate è altrettanto obbligatorio per qualsivoglia forza politica e sociale che si voglia democratica. Atti dovuti, che non bastano a salvarci la coscienza. O si riuscirà a mobilitare il paese, quella parte almeno non ancora marcita nell'odio e nella prepotenza, oppure la Lega avrà vinto, e Bossi potrà affogare nelle acque del Po quel che resta della nostra democrazia. Tra gli applausi degli alleati di governo.




Maurizio Fugatti è come il lupo, perde il pelo ma non il vizio, come testimonia questa intervista del dicembre 2008 sulla social card, che era tra l'altro tra gli argomenti della puntata di Report di questa sera.


Condividi su Facebook

Notiziario Brembiese, n. 10 - 29 novembre 2009

Notiziario Brembiese
Numero 10, 29 novembre 2009

Capire il biogas.
Ritorniamo sulla questione del biogas a Brembio proponendovi la visione di due video che parlano di centrali a biogas. Naturalmente non si riferiscono all'impianto reale in costruzione, ma attraverso le immagini evidenziano, al di là delle ovvie differenze di progetto, il funzionamento, l'architettura e le caratteristiche costruttive di base. Li proponiamo per ampliare le conoscenze su due impianto che saranno parte del panorama del nostro territorio.
Il primo video è una animazione, mostra come l'impianto funziona. Il testo è in inglese ma le figure sono sufficientemente autoesplicative e permettono di farsi un'idea precisa di cosa consista una centrale a biogas.



Il secondo video mostra la costruzione di un impianto. Le prime parole in tedesco che aprono il filmato significano "Produciamo l'energia del futuro".



Soggiorno Climatico 2010.
La località scelta per il 2010 è Spotorno, in provincia di Savona, presso l'Hotel Graziella nel periodo dal 4 Marzo 2010 al 18 Marzo 2010.
Queste le caratteristiche dell'albergo: «ambiente signorile e familiare, in posizione tranquilla a 50 metri dal mare, dotato dei migliori comfort; facilmente raggiungibile dal vicino svincolo autostradale; ascensore, camere con servizi, telefono diretto, TV color, cassaforte individuale, giardino, terrazzo solarium, riscaldamento centrale, locali completamente climatizzati, servizio bar e ristorante, colazione a buffet; trattamento e cucina mediterranea di ottimo livello seguiti direttamente dai proprietari. Aperto tutto l'anno. Spiaggia convenzionata».



Santa Lucia.
L'Associazione Turistica Pro-Loco organizza per la serata del 12 Dicembre 2009 la tradizionale "fiaccolata di Santa Lucia". L'appuntamento e previsto per le ore 20.30 con partenza dalla Piazza Matteotti, si percorreranno le Vie : Montegrappa - Chiosazzo - Togliatti - Dalla Chiesa - Caravaggio - Vittorio Veneto per poi ritrovarsi in Piazza Matteotti per la distribuzione di un piccolo dolce dono a tutti i bambini.



Concerto del Corpo Bandistico F.Cilea.
Nel pomeriggio del 13 Dicembre 2009 a partire dalle ore 16.00 presso la Scuola Media "G.Rossa" il Corpo Bandistico "F.Cilea" eseguirà un concerto d'ascolto.
Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare.



Iniziativa Babbo Natale del Gruppo Arcobaleno.
Come ogni anno Babbo Natale e la sua slitta passerà a consegnare i regali. L'appuntamento è per il pomeriggio del 24 Dicembre. I pacchi da recapitare, muniti di nome cognome e indirizzo, potranno essere consegnati ai volontari del Gruppo Arcobaleno presso il magazzino comunale dalle ore 16,00 alle ore 18.00 dei giorni 6-13-20 Dicembre 2009.


Condividi su Facebook

Tra una barzelletta e una battuta sulla moglie

Silvio, rimembri ancora?
Rassegna stampa - Il Fatto quotidiano, Marco Travaglio, 29 novembre 2009.



Ora i pompieri sparsi su tutti i colli alti, medi e bassi diranno che è stata l’ennesima gaffe, l’ennesima battuta. E nessuno oserà porsi una domanda molto semplice: che cosa spinge il presidente del Consiglio a parlare così mentre si riaprono le indagini a suo tempo archiviate per strage, mafia e riciclaggio?
Nel momento in cui i fantasmi del suo passato inconfessabile tornano a presentargli il conto, avrebbe tutto l’interesse a scrollarseli di dosso con una forte dichiarazione antimafia, o con una mossa concreta, tipo quella suggerita (e subito rimangiata) dal ministro Alfano sulla riapertura delle carceri di Pianosa e Asinara per i boss al 41 bis. Invece, proprio ora, torna a parlare come un mafioso, minacciando di “strozzare chi ha fatto la Piovra e chi scrive libri sulla mafia”. In attesa che li minacci di scioglierli nell’acido (almeno quelli rimasti in vita: ai De Mauro, ai Fava e ai Rostagno ha già provveduto Cosa Nostra), qualcuno dovrà pur domandarsi il perché.


(Vignetta di Vauro da il manifesto, 29 novembre 2009)

È la prova, casomai ve ne fosse bisogno, del fatto che la trattativa continua. Ancora una volta chi smise di piazzare bombe nel 1994, in cambio di promesse ben precise, fa sapere di essere stanco di aspettare. Così, mentre tutti si affannano a smentire e a ridicolizzare le rivelazioni di Spatuzza, arriva il migliore riscontro logico al suo racconto sul recente sfogo dei fratelli Graviano: “O cambia qualcosa, oppure dovremo andare a parlare con i giudici…”. Il tempo stringe, la Seconda Repubblica si sta squagliando come la prima e il tam tam di radio-carcere è sempre lo stesso: “Iddu pensa solo a Iddu”. Séguita a usare la sua maggioranza bulgara per farsi le leggi per sé, ma agli amici degli amici chi ci pensa? Lo scudo fiscale, l’asta dei beni sequestrati, i progetti sul concorso esterno sono utilissimi ai mafiosi che stanno fuori. Ma a chi sta dentro da tre lustri chi ci pensa? Ci vuol altro che le visitine in carcere dell’on. Betulla. È un dialogo in codice, quello fra Iddu e gli amici degli amici, che dura da 15 anni. Era cominciato, almeno in pubblico, il 25 maggio 1994, agli albori del primo governo Berlusconi. Riina sparò dalla gabbia: “C’è uno strumento politico ed è il Partito comunista. Ci sono i Caselli, i Violante, questo Arlacchi che scrive i libri... Il nuovo governo si deve guardare dagli attacchi dei comunisti”.
Berlusconi e i suoi tele-sgherri partirono subito all’assalto della procura di Caselli che osava processare Andreotti e Carnevale. Poi, il 15 ottobre ’94, il premier dichiarò: “Speriamo di non fare più queste cose sulla mafia come la Piovra, un disastro in giro per il mondo. C’è chi dice che c’è la mafia. Non so fino a che punto. Cos’è la mafia? Un centinaio di persone”. Sei giorni dopo Riina plaudì: “Ha ragione il presidente Berlusconi, queste cose sono invenzioni da tragediatori che screditano l’Italia e la nostra bella Sicilia. Ma quale mafia, quale Piovra, sono romanzi. Andreotti è un tragediato come sono tragediato io. E Carnevale più tragediato ancora. I pentiti accusano perché sono pagati”. Nel 2001 governo Berlusconi II. Di lì a poco Bagarella tuona contro i politici che “non mantengono le promesse”, poi lo striscione allo stadio di Palermo: “Berlusconi dimentica la Sicilia. Uniti contro il 41 bis”. Il 4 settembre 2003 il premier dichiara allo Spectator: “I giudici sono matti, mentalmente disturbati, antropologicamente diversi dal resto della razza umana”. Lo diceva già Luciano Liggio a Biagi: “Quando il giudice mi ha interrogato, mi sono accorto che mi trovavo di fronte a un ammalato. Se dietro a varie scrivanie dello Stato ci sono degli psicotici la colpa non è mia. Perché non fanno delle visite adeguate a questa gente prima di affidarle un ufficio?”. Il 9 aprile 2008, vigilia del governo Berlusconi III, la celebre uscita su Mangano “eroe”. Ora ci risiamo. C’è un solo modo per levare ogni speranza ai mafiosi e dissipare i sospetti sulla trattativa ancora in corso: che qualche istituzione, magari la più alta, metta a tacere il premier con parole chiare, nette e definitive. Purtroppo, finora, ha parlato per zittire i magistrati.


Berlusconi scherza sulla mafia. Tra una barzelletta e una battuta sulla moglie, lancia l'editto (retroattivo) sugli autori della «Piovra» e i libri che ne parlano danneggiando il Belpaese: «li strozzerei». Intanto da Firenze i magistrati smentiscono i giornali amici del premier: nessun avviso di garanzia per il capo del governo.



Placido: Berlusconi dovrebbe strozzarsi da solo.
L'attore e regista risponde allo sfogo del premier contro film come La Piovra. Il presidente del Consiglio aveva dichiarato: "Strozzerei volentieri gli autori di film e libri che ci fanno fare una così bella figura nel mondo". (Sky Tg24 - 29 novembre 2009)



"Ha ragione Berlusconi - ironizza lo storico protagonista delle prime quattro serie della Piovra - la mafia non esiste". "Questa volta mi pare il premier Berlusconi abbia fatto un po' autogol - aggiunge - perché La Piovra è roba di tanti anni fa, mentre le fiction tv più recenti sulla mafia, da Il capo dei capi a quelle su Falcone e Borsellino le ha fatte suo figlio per Mediaset".
Condividi su Facebook

Agorà 4 - Brembio e la politica nazionale


Alcuni commenti di nostri lettori lamentano l'assenza di una discussione sui temi politici nazionali oggi nel nostro paese, al contrario di un tempo - anni settanta o ottanta - quando il dibattito era acceso e l'esposizione di cartelloni in piazza, la distribuzione di ciclostilati delle diverse allora forze politiche erano frequenti, e si organizzavano anche pubbliche assemblee e cineforum su temi contingenti non strettamente locali, con una buona partecipazione della cittadinanza.
Ecco, dunque, il motivo di questo spazio dedicato alle questioni politiche nazionali. Contiamo in un ampio dibattito: stiamo attraversando un momento critico per la nostra democrazia e parlarne aiuta a vivere consapevolmente la quotidianità.
Condividi su Facebook

Kunduz come Marzabotto

Afghanistan.
La strage tedesca e il silenzio italiano.

Rassegna stampa - il manifesto, Tommaso Di Francesco, 28 novembre 2009.

Accade qualcosa di inedito sotto i nostri occhi. Parliamo della crisi politica in Germania provocata dalla «scoperta» delle responsabilità non solo militari ma di governo per la strage di 142 civili afghani a Kunduz del settembre scorso, fatta passare come target nel quale sarebbero morti solo talebani.
Angela Merkel ha invocato un'inchiesta sull'ex ministro della difesa Jung - ora ministro del lavoro - che mise a tacere le informative che parlavano già di molti civili tra le vittime. E Franz Josef Jung, alla fine, si è dimesso assumendosi «tutta la responsabilità politica» della sanguinosa vicenda.
Ma, chiede la sinistra Die Linke e si chiedono tutti: la cancelliera ex «ragazza della Ddr» dov'era quando tutto questo accadeva?
È una crisi politica che ci riguarda. Rimanda alle responsabilità nostre in una delle guerre in corso. A quelle degli eserciti alleati ma anche ai troppi silenzi della politica italiana. Con il Pd già pronto, in automatico, a rivotare sì all'aumento dei nostri soldati nella inutile e persa guerra afghana. Qui da noi - insegnano i tanti massacri in Iraq e prima ancora quelli della Somalia e poi dell'ex Jugoslavia - il concorso semmai è a tacere le responsabilità e a salvare comunque gli «italiani brava gente». Con il vanto della destra al governo che, sì, «in Afghanistan siamo in guerra». Di inedito, come non vederlo, c'è il fatto che della strage di Kunduz sono responsabili i militari tedeschi, certo a pari merito con i piloti non solo americani dei cacciabombardieri della Nato. Per questi nessun Obama si sente in dovere di chiedere dimissioni di generali statunitensi e tantomeno di ministri. Almeno la Germania s'interroga.
Certo ai civili afghani, donne, bambini, vecchi fatti a pezzi dalle bombe salvifiche dell'Alleanza atlantica, importa poco sapere se la loro morte ha origini teutoniche o proviene dal melting pot Usa. Sta di fatto che questa strage viene già nominata come «la più grave dalla Seconda guerra mondiale tra quelle perpetrate dalle truppe tedesche». Per chi è convinto che il passato sia un presente attivo, c'è da riflettere.
Perché siamo al punto che la memoria, per la narrazione di un massacro contemporaneo del quale è responsabile la Bundeshwer, il nuovo esercito della Germania riunificata, è costretta a ripercorrere la litania dei misfatti contro i civili commessi dalla Wehrmacht (spesso più efferati di quelli apertamente nazisti) nei paesi occupati dall'esercito del Terzo Reich. Kunduz dunque va «allineata» insieme a Marzabotto. Semplicemente. Nemmeno senza tanta retorica.
Se ne accorgono nelle stanze inutilmente rinnovate dell'opposizione di centrosinistra, che la strage tedesca dentro una guerra bipartisan parla anche di loro?


I caccia Amx italiani alla Red Flag, l'esercitazione nel deserto americano per imparare a bombardare tra le case. Ultima prova per prepararsi all'Afghanistan.
Condividi su Facebook

sabato 28 novembre 2009

Federtrasporti inaugura il maxi polo logistico di Secugnago

Per la società, una scommessa sul futuro di un trasporto qualificato.



L’assemblea dei soci di Federtasporti Spa, di fine anno, inaugura ufficialmente il primo di alcuni capannoni del maxi polo logistico dislocato nella zona industriale di Secugnago. Nato a ridosso del nodo ferroviario della linea Milano-Bologna e al confine con Brembio, il capannone di circa 20 mila metri quadrati, sarà operativo nella prossima primavera con il trasferimento da Lodi degli uffici direzionali e direttamente gestito da Federtrasporti; che già aggrega diverse aziende di piccole e medie dimensioni che si occupano di trasporti e di logistica. Lo stabile, situato in un’area definita felice dal punto di vista viabilistico facilmente raggiungibile dalle grandi linee di comunicazione, con le città intasate alle prese con grandi e piccoli problemi di mobilità, la società punta all’integrazione del trasporto su gomma e su rotaia. Questo progetto, annunciato per il prossimo futuro con la costruzione di edifici modulari per le diverse tipologie delle merci in transito, prevede un terminal ferroviario all’interno; prima tappa di una logistica con unione di piccole e medie imprese e i rispettivi dipendenti e mezzi. L’esposizione di Emilio Pietrelli, presidente di Federtrasporti Spa, continua con un’elencazione di un diverso modo di gestione della logistica e del trasporto: più umano dal punto di vista lavorativo, il rispetto per l’ambiente e gli insediamenti abitativi e la formazione professionale dell’ autotrasporto. Condizioni queste da considerare per sopperire allo squilibrio della modalità del trasporto ed essere competitivi sul mercato. Da considerare anche il fattore umano; a tal proposito è previsto un punto di ristoro e di riposo per il personale di transito orbitante sul polo.



Un’opportunità per Secugnago, Brembio e del Lodigiano, viene così definita da Mauro Salvalaglio sindaco di Secugnago, giunta alla sua completa definizione dopo un iter che ha impegnato varie forze politiche e imprenditoriali, e che permette il ricupero e la riqualificazione di un’area dismessa; un’opportunità per offrire ai cittadini dei servizi di qualità. Con la non trascurabile possibilità, in questo periodo, di generare nuovi posti di lavoro in generale e a vantaggio delle realtà lavorative locali. Dello stesso avviso è la rappresentanza comunale di Brembio nelle persone di Giusi Ciserani, Renato Noli e Aldo Arnaldi che, con l’incarico di portavoce, afferma il momento importante per lo sviluppo del paese auspicando il completamento della tangenziale, che permetterebbe al traffico della logistica più scorrevolezza e di giungere nel più breve tempo possibile al vicino casello dell’autostrada del sole salvaguardando la viabilità cittadina. Vittorio Boselli, segretario generale di Confartigianato e portavoce dei propri iscritti, rileva la sensibilità di Federtrasporti che, pur essendo un’entità di sviluppo del trasporto, guarda con occhio di riguardo ai propri associati cercando di salvaguardarli da una viabilità stressata e carente; e nello stesso tempo, si fa carico del mantenimento del valore ambientale. Il Prefetto di Lodi, Peg Strano Materia, pone l’accento sulla strategia di Federtrasporti, di lavorare facendo un sistema integrato e non di devastazione di una zona a grande vocazione agro alimentare, cercando di salvaguardare la natura e con uno sviluppo a dimensione d’uomo.



Esauriti gli interventi delle autorità presenti, l’invito è di trasferirsi dal municipio di Secugnago alla sede Federtrasporti, nel polo logistico, per la cerimonia del taglio del nastro. La struttura si presenta nella sua imponenza e capacità suddivisa in grandi settori momentaneamente vuoti che, con il trasferimento delle maestranze da Lodi, nel prossimo futuro si riempirà creando una nuova realtà lavorativa. Tra i vari commenti degli addetti ai lavori, la speranza di un buon proficuo lavoro nella speranza della ripresa dell’economia e la possibilità di veder realizzata una viabilità a rapido scorrimento in sicurezza, che permetta di giungere a destinazione nel più breve tempo possibile nella tutela dei centri cittadini, degli automezzi, degli addetti e delle merci trasportate.





Federtrasporti nasce nel 1971 e oggi rappresenta una rilevante realtà di gruppo che riunisce vari enti - quali i consorzi e le cooperative - che operano nei settori della logistica e del trasporto merci in conto terzi. Il Gruppo Federtrasporti è un insieme articolato e composito, fatto di uomini, intelligenze, progettualità e organizzazione con l'obiettivo di realizzare un gruppo societario che affonda le sue radici nell'associazionismo e nella mutualità ed è fornito di tutti gli strumenti imprenditoriali per potersi muovere sul mercato globale come protagonista. Un gruppo unitario nell'elaborazione delle strategie, nel marketing, negli acquisti, nell'elaborazione di progetti logistici; ricco e articolato in fase di realizzazione, disponendo di un potenziale di circa 2.500 soci e oltre 4.000 automezzi.
Condividi su Facebook

Felissari un'ultima passerella


Maggio 2009, inaugurazione del nuovo Comando di Polizia Locale e Provinciale a Lodi, uno degli ultimi nastri tagliati dall'ex presidente provinciale Felissari.




Il nostro crocefisso quotidiano [2]

Continua la nostra carrellata di immagini che testimoniano la presenza del crocefisso nella nostra quotidianità.
Fotopost.










Condividi su Facebook

Mediageddon reloaded

Mafia: Mediaset querela "Repubblica".
Dalle Agenzie - Asca, 28 novembre 2009.

"Con riferimento alle affermazioni gravemente diffamatorie contenute in un articolo odierno di Repubblica in cui si insinua che il 20% di Mediaset appartenga alla mafia, Mediaset agirà giudizialmente contro gli autori dell'articolo e il direttore responsabile di Repubblica". È quanto afferma un comunicato di Mediaset che aggiunge: "L'azione verrà effettuata a tutela dell'onore e della reputazione di una società quotata al cui capitale partecipano primari investitori istituzionali - nazionali e internazionali - e più di 200.000 risparmiatori italiani".



Il passo controverso dell'articolo sarebbe questo: «Con quali capitali, Berlusconi abbia preso il volo, a metà degli settanta, ancora oggi è mistero glorioso e ben protetto. Molto si è ragionato sulle fidejussioni concessegli da una boutique del credito come la Banca Rasini; sul flusso di denaro che gli consente di tenere a battesimo Edilnord e i primi ambiziosi progetti immobiliari. Probabilmente capitali sottratti al fisco, espatriati, rientrati in condizioni più favorevoli, questo era il mestiere del conte Carlo Rasini. Ma è ancora nell'aria la convinzione che non tutta la Fininvest sia sotto il controllo del capo del governo.
Molte testimonianze di "personaggi o consulenti che hanno lavorato come interni al gruppo", rilasciate a Paolo Madron (autore, nel 1994, di una documentata biografia molto friendly, Le gesta del Cavaliere, Sperling&Kupfer), riferiscono che "sono [di Berlusconi] non meno dell'80 per cento delle azioni delle [22] holding [che controllano Fininvest]. Sull'altro 20 per cento, per la gioia di chi cerca, ci si può ancora sbizzarrire". Sembra di poter dire che il peso del ricatto della famiglia di Brancaccio contro Berlusconi può esercitarsi proprio tra le nebbie di quel venti per cento. In un contesto che tutti dovrebbe indurre all'inquietudine. Cosa Nostra minaccia in un regolamento di conti il presidente del consiglio. Ne conosce qualche segreto. Ha con lui delle cointeressenze antiche e inconfessabili. Le agita per condizionarne le scelte, ottenerne utili legislativi, regole carcerarie più favorevoli, minore pressione poliziesca e soprattutto la disponibilità di ricchezze che (lascia intuire) le sono state trafugate. In questo conflitto - da un lato, una banda di assassini; dall'altro un capo di governo liberamente eletto dal popolo, nonostante le sue opacità - non c'è dubbio con chi bisogna stare. E tuttavia, per sottrarsi a quel ricatto rovinoso, anche Berlusconi è chiamato a fare finalmente luce sull'inizio della sua storia d'imprenditore.
Il Cavaliere dice che si è fatto da sé correndo in salita senza capitali alle spalle. Sostiene di essere il proprietario unico delle holding che controllano Mediaset (ma quante sono, una buona volta, ventidue o trentotto?). E allora l'altro venti per cento di Mediaset di chi è? Davvero, come raccontano ora gli uomini di Brancaccio, è della mafia? È stata la Cosa Nostra siciliana allora a finanziarlo nei suoi primi, incerti passi di imprenditore? Già glielo avrebbero voluto chiedere i pubblici ministeri di Palermo che pure qualche indizio in mano ce l'avevano. Quel dubbio non può essere trascurabile per un uomo orgoglioso di avercela fatta senza un gran nome, senza ricchezze familiari, un outsider nell'Italia ingessata delle consorterie e prepotente delle lobbies.»


Cliccando sull'immagine sopra si può leggere l'intero articolo di Repubblica.
Condividi su Facebook

Immigrazione, Fini: «Estendere la cittadinanza»



Mafia, Firenze: Berlusconi e dell'Utri non sono indagati.
La Procura di Firenze smentisce la notizia riportata da Libero. Secondo il quotidiano sarebbero indagati già da metà ottobre. Il premier: voci infondate e infamanti. E attacca: strozzerei chi scrive e fa film come La Piovra.
Dalle Agenzie - Sky Tg24, 28 novembre 2009.



La Procura di Firenze smentisce che il presidente del Consiglio, Berlusconi e il senatore Dell'Utri siano iscritti nel registro degli indagati. Ma secondo "Libero" sarebbero indagati dalla procura toscana già da metà ottobre. L'accusa sarebbe di essere i mandanti esterni delle stragi del '93.
"Non ci sono iscrizioni di questo tipo. Non sono indagati". Così il procuratore capo della procura di Firenze, Giuseppe Quattrocchi, risponde ai giornalisti in merito alle notizie apparse oggi sul quotidiano Libero. Quattrocchi taglia corto dicendo: "Libero può scrivere quello che vuole".
Si tratta di voci "infondate" e "infamanti". È quanto avrebbe affermato il presidente del consiglio Silvio Berlusconi incontrando i giovani del Pdl del circolo di Olbia-Tempio. Non capisco, avrebbe aggiunto poi Berlusconi, come si fanno a pensare cose del genere e quali sarebbero state le mie motivazioni. E poi attacca: "Se trovo chi ha girato nove serie della 'Piovra' e scritto libri sulla mafia facendoci fare brutta figura nel mondo, giuro che lo strozzo".
Libero, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, oggi infatti titola: "Silvio indagato per mafia". "Nell'inchiesta per mafia - scrive Gianluigi Nuzzi - il senatore Marcello Dell'Utri e il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sono indagati per mafia. L'accelerazione è avvenuta a metà ottobre".
Anche il quotidiano Il Giornale dedica spazio alla notizia, ma i toni sono diversi.
"Iscrizione di Berlusconi sul registro degli indagati e - tra pochi giorni, forse oggi stesso - avviso di garanzia". Lo scrive Vittorio Feltri in un editoriale di prima pagina.
Il quotidiano apre con la foto del presidente del consiglio accompagnata dallo strillo 'Se questo è un mafioso'. Sottotitolo: "In arrivo l'avviso di garanzia basato sui deliri dei pentiti: 'Berlusconi fece fare le stragi'.
Per quale motivo? Non c'è risposta. Infatti, è un'idiozia". Occhiello: "L'ultima follia dei magistrati"
Già venerdì sera era intervenuto sulla questione Paolo Bonaiuti. "Escludiamo nel modo più deciso che sia in arrivo un qualsiasi atto correlato alle indagini di Firenze e Palermo". Cosi il portavoce del premier Silvio Berlusconi ha risposto al telefono a chi gli chiedeva un commento sull'ipotesi ventilata da alcuni organi di informazione. "Non esiste. È fin troppo facile smentire ciò che non c'è", ha aggiunto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
"C'è qualcuno che dice che mi sono molto occupato di mafia, a partire dal '92 - aveva dichiarato ieri Berlusconi - È vero: sulla mafia ho raccontato molte storielle...".



Finanziaria, la Lega fa dietrofront e ritira l'emendamento.
Dalle Agenzie - Sky Tg24, 28 novembre 2009.



Il deputato della Lega Nord Maurizio Fugatti ritira l'emendamento alla Finanziaria che puntava ad introdurre un tetto alla cassa integrazione per gli extracomunitari. Lo annuncia lo stesso esponente del Carroccio in una nota. "Resto convinto - premette - delle idee espresse ieri riguardo all`emendamento sulla cassa integrazione agli extracomunitari. Vista però la contrarietà del ministro del Welfare Sacconi, non è mia intenzione creare problemi alla maggioranza e quindi l`emendamento in questione sarà ritirato".
Un tetto alla cassaintegrazione, ovvero a "qualsiasi trattamento di sostegno al reddito", per i cittadini extracomunitari che lavorano in Italia. Questo quanto prevedeva l'emendamento della Lega alla Finanziaria presentato in commissione Bilancio alla Camera. La notizia ha provocato forti reazioni. Il Pd ha parlato di "proposta palesemente incostituzionale". La Cgil di "iniziativa xenofoba e una vera e propria sciocchezza giuridica".
Più dura la presa di posizione di Avvenire, il quotidiano della Cei che oggi dedica alla notizia un editoriale dal titolo "L'eccezione aberrante" nel quale si legge: "Il solo fatto che si proponga di limitare un diritto soggettivo come la cassa integrazione a lavoratori che pure hanno contribuito al relativo fondo - per la semplice ragione che sono nati altrove - appare aberrante".

Immigrazione, Fini: "Estendere la cittadinanza".
Il presidente della Camera: "Inserire gli stranieri nella vita sociale e politica dei Paesi europei".
Dalle Agenzie - Sky Tg24, 28 novembre 2009.



La "sfida dell'integrazione deve essere vinta attraverso un programma di estensione della cittadinanza sociale e politica", ribadisce Fini. Il presidente della Camera spiega che la democrazia tende "naturalmente all'allargamento dei diritti" e "trova nell'inclusione degli immigrati nella vita civile dei paesi europei un nuovo e cruciale terreno di affermazione". Per riuscire a realizzare una vera integrazione "deve esserci anche un ambizioso programma di ricostruzione civile".
Condividi su Facebook

La prima pagina che Feltri deve all'Italia

Per par condicio.

Dopo Boffo, Veronica, Marazzo, la Mussolini e gli altri dimenticati, Vittorio Feltri ci deve un ultimo scoop in prima pagina.


Pagina che farebbe il paio con lo spot, quello si vero, del quotidiano francese Le Monde, che da qualche giorno impazza su Internet.


Condividi su Facebook

Non è questione di rima ma di risma


Leghista razzista, la feccia al governo.

Abbiamo mandato al governo della nazione e di molti enti locali in questi anni la peggior feccia che l'Italia metteva a disposizione. Lo si può constatare ogni giorno semplicemente informandosi, smettendo la droga spacciata dalle tv di Berlusconi. Bisogna svegliarsi da un sogno che mostra sempre più i caratteri di un incubo terrificante. È ora di cominciare ad imparare a dire "basta!" semplicemente chiamando le cose per quello che sono: il premier? un puttaniere; la lega? un pericolo pubblico e via discorrendo. Siamo arrivati oggi, senza se e senza ma - come va di moda dire, - al razzismo.



Ma la tragedia è che Berlusconi non va mandato a casa come vorrebbero i suoi bravi che propagandano sui media il ritorno alle urne. Deve rimanere cinque anni a Palazzo Chigi, anche se colpito da centomila avvisi giudiziari, perché solo così siamo sicuri che ce ne libereremo per sempre, tanto sarà il disgusto alla fine del "popolo che lo sostiene" sbandierato ai quattro venti dai sondaggisti a libro paga. Altrimenti in molti, ancora intontiti dalla modica quantità giornaliera di propaganda subliminale mediatica, sarebbero capaci di tornare a votarlo ancora una volta, sparandosi come si dice volgarmente un'altra volta nelle palle.
L'importante non è "cacciare" Berlusconi, ma prendere coscienza che la filosofia che lo tiene al potere è il male, che fa male, che sta affossando il Paese. Dietro quel sorriso da joker c'è tutto il disprezzo per la gente che cerca onestamente di arrivare a fine mese sgobbando al lavoro e tirando la cinghia, che regge sulle sue spalle il peso di questa disgraziata nazione, e che sempre ci ricasca. Quello di cui abbiamo bisogno è, dunque, una rivoluzione culturale che rivolti come un calzino la decadente visione del mondo fatta di veline e apparenza e riporti in primo piano i valori veri della nostra umanità, a cominciare dalla solidarietà e accoglienza. Una nuova resistenza, insomma, anche fatta di piccoli gesti come rifiutarsi di guardare le trasmissioni idiote sulle tv del padrone che propagandano quello stile di vita da servi che lo mantiene al potere, rifiutarsi di seguire i loro consigli pubblicitari boicottando i prodotti superflui, tanto reclamizzati quanto più inutili. Facciamoci partigiani dell'intelligenza, della speranza in un futuro possibile diverso e migliore, dove la persona - uomo e soprattutto donna - non sia più una merce, ma sia rimesso nel posto centrale che gli compete da sempre.

PS. Il Secolo XIX ci dà una buona notizia:


Condividi su Facebook

Le beghe della solidarietà

«Ingiusto l’attacco di Rifondazione al sindaco Cordoni».
Rassegna stampa - Il Cittadino, 28 novembre 2009.

Il Pd non condivide «il pesante attacco che il Partito della Rifondazione comunista lancia nei confronti del presidente dell’Associazione dei comuni lodigiani Giancarlo Cordoni». Al centro della discussione il fondo di solidarietà, a cui hanno partecipato solo pochi comuni. Rifondazione ha più volte sollecitato gli enti locali a dare il loro sostegno al fondo anti-crisi, dal canto suo Cordoni ha sottolineato le difficoltà che le amministrazioni stanno affrontando dal punto di vista economico, con bilanci che spesso rendono impossibile la partecipazione al fondo. «I comuni non sono stati parte passiva di questa situazione di crisi - fa sapere la segreteria provinciale del Pd -, si sono assunti le loro responsabilità. Certo è necessario, in questa fase, fare di più». La soluzione sarebbe quella di riunire tutti i soggetti attorno a un tavolo: «Chiediamo all’amministrazione provinciale che si faccia parte attiva per l’avvio questo processo, anche garantendo una adeguata partecipazione al rifinanziamento del fondo». L’assessore al bilancio, Cristiano Devecchi, aveva già anticipato nelle scorse settimane che palazzo San Cristoforo avrebbe messo a disposizione una somma, ancora da quantificare.
Condividi su Facebook

Quando i treni magicamente scompaiono

Cresce l’insoddisfazione dei viaggiatori della Milano-Piacenza; a breve si terrà un summit a palazzo San Cristoforo. «I nuovi orari dei treni sono una follia». I pendolari lamentano la “scomparsa” di convogli nelle ore di punta.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Greta Boni, Andrea Bagatta, 28 novembre 2009.

I pendolari incassano l’ennesimo “colpo basso”: gli orari che con tutta probabilità entreranno in vigore il 13 dicembre sono “bollati” dai passeggeri della Milano-Piacenza come «una follia». Alcuni treni sono “magicamente” scomparsi dal tabellone, mentre altri non faranno altro che prolungare l’agonia del viaggio, allungando i tempi di percorrenza. È vero, al momento si tratta solo di una bozza, ma se il documento finale non dovesse mettere nero su bianco le modifiche sperate, questa volta sarà una battaglia senza esclusione di colpi. A Casale è sparito il convoglio delle 7.49, utilizzato ogni mattina da almeno 200 lodigiani, insieme a quello delle 17.12 che da Milano riporta i viaggiatori a casa. Inoltre, nella fascia che va dalle 10.58 alle 12.58 mancano all’appello due treni. Come se non bastasse, dalle 10.58 alle 12.58 non ci sono treni “veloci” che possano portare al lavoro i pendolari, quelli a disposizione impiegano come minimo 50 minuti, lo stesso accade alla sera per il rientro, dalle 17.30 alle 19.22. Non si hanno più notizie dei convogli delle 19.04 e delle 19.11 che dalla metropoli si spostano verso il Lodigiano. Il sindaco di Casale, Flavio Parmesani, si è messo in moto per cercare di inserire alcune novità, sembra infatti che nelle ultime ore il convoglio delle 7.49 sia tornato al suo posto.
Il Comitato di Secugnago scuote la testa, lamentando la «mancanza totale di treni fra le 8.05 e le 13.30, tempi di percorrenza oramai biblici, anche a causa di fermata in tutte le stazioni, soppressione di fermate a Secugnago di alcuni treni molto frequentati, nessuna notizia sul servizio di autobus sostitutivo ai treni, posticipo dell’orario di partenza di treni che causeranno problemi alle persone in part-time e agli studenti». Lodi non sarà un’eccezione, i passeggeri del capoluogo resteranno senza il treno delle 8.01, uno dei più affollati. Si dovrà scegliere tra il convoglio delle 7.48 e delle 8.28, per arrivare a Milano senza perdere troppo tempo.
I pendolari stilano un bilancio deludente degli ultimi anni: all’inizio speravano che l’alta velocità avrebbe portato dei miglioramenti, ma poi tutti si sono dovuti ricredere. Hanno incrociato le dita per l’arrivo della linea veloce, la S1 (Lodi-Saronno), ma il 13 dicembre partirà solamente nella fascia di “morbida”. I viaggiatori incontreranno l’assessore ai trasporti della Provincia di Lodi, Nancy Capezzera, la prossima settimana, il primo appuntamento ufficiale con la nuova amministrazione; in quell’occasione avranno modo di sollevare perplessità e problemi. Sulla questione è intervenuto anche il consigliere regionale Gianfranco Concordati, il quale ha seguito da vicino la nascita del contratto di servizio fra il Pirellone e Trenitalia: «La bozza di orario, quasi definitiva, è stata stilata senza aver avviato una consultazione con le Province e i Comitati pendolari, probabilmente anche l’incontro tra i passeggeri e palazzo San Cristoforo doveva essere fissato prima. In base alla proposta, si sarebbe dovuto impostare con la linea S1 un cadenzamento in grado di garantire il potenziamento del servizio, cosa che non si verificherà, non di certo nelle fasce di punta. In passato il territorio è sempre riuscito a portare a casa qualche risultato, se ci sarà la pressione necessaria è possibile che si possa introdurre qualche miglioramento all’orario».
Condividi su Facebook

Sfruttare la geotermia per il riscaldamento

A Casale il primo edificio con impianto geotermico. Il calore per le case arriva dal sottosuolo.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 28 novembre 2009.

Sorge in via Cremona la prima palazzina con impianto geotermico di Casale: cinque sonde geotermiche arrivano fino a 100 metri di profondità per scambiare calore con il terreno e far funzionare il riscaldamento e l’acqua calda.
«Questa tecnologia è rispettosa dell’ambiente e riduce molto i consumi, oltre a essere sicura - dice l’architetto Cinzia Serrano, progettista e direttore dei lavori -. Il risparmio energetico è completato anche con una scelta di coibentazione e di isolamento all’avanguardia. Abbiamo voluto fare investimenti importanti, ma a fronte di un aumento dei costi del 10 per cento circa, i residenti avranno subito dei benefici, con un risparmio quantificabile in almeno mille euro l’anno e impianti innovativi e del tutto rispettosi dell’ambiente».
L’impianto geotermico sfrutta il calore costante del sottosuolo, compreso di solito tra i 10 e i 13 gradi, grazie ad apposite sonde che arrivano a 100 metri di profondità. Le sonde sono collegate a una pompa di calore, e in questo circuito circola un fluido glicolato, una miscela in grado di prendere o lasciare l’energia termica scambiandola con il terreno. Quando prende il calore dal terreno, la sonda lo porta tramite la pompa alla piccola centrale posta a livello dei box e da lì si dirama un impianto tradizionale, regolato da un comune termostato, con riscaldamento a pavimento. Il procedimento funziona anche all’inverso: la centralina e la pompa di calore spingono il calore nel sottosuolo ottenendo un effetto raffrescante, sempre regolato dal semplice termostato di casa.
Ieri i responsabili della società Geosimm di Milano proprietaria del lotto, dell’Edilmac di Sarmato che sta costruendo l’edificio e della Thermogea di Varese che si occupa dell’impianto hanno incontrato alcune classi dell’istituto Cesaris di Casale per una lezione teorica in aula e poi pratica sul cantiere. All’iniziativa era presente l’assessore comunale Marzio Rossetti: «Come amministrazione siamo molto attenti a queste tecnologie innovative e pulite, e valuteremo la possibilità di farvi ricorso in futuro per edifici comunali».
Lo stabile in costruzione è il primo a Casale con un impianto geotermico, il secondo in provincia di Lodi.
Condividi su Facebook

Cassintegrati o personale in mobilità in cancelleria

Una quindicina di operatori “a termine” in arrivo per decongestionare la cancellerie: su dieci posti, quattro sono scoperti. I cassintegrati lavoreranno in tribunale. La Provincia stanzierà oltre 100mila euro per reclutare ausiliari.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Carlo Catena, 28 novembre 2009.

C’è una carenza di personale amministrativo del 40 per cento nel tribunale di Lodi: un dato su tutti, quello reso noto ieri dal presidente del tribunale Adriana Garrammone, che serve a spiegare l’emergenza-giustizia in cui, a dispetto delle cifre, l'amministrazione lodigiana viene ancora ritenuta un’isola abbastanza felice, riguardo alla durata media dei processi.
Per far fronte a problemi di ogni giorno quali i fascicoli da recuperare all’ultimo momento per avviare le udienze o agli orari di cancelleria che la presidente è stata costretta a ridurre da alcune settimane a questa parte, è stato presentato ufficialmente l'accordo che dovrebbe essere presto firmato con la Provincia di Lodi per poter impiegare cassintegrati o personale in mobilità nei servizi di cancelleria, per la durata di un anno. Se n’è parlato ieri in occasione dell’incontro tra presidenza del tribunale, avvocati e personale, tenutosi anche per celebrare la Giornata europea della giustizia civile, in cui sono emerse critiche e autocritiche allo scopo di far funzionare meglio una “macchina“ che, hanno tutti concordato, soffre comunque per burocrazia e mancanza di fondi.
Dai vertici del tribunale era partita oltre un mese fa la richiesta di 35 lavoratori “in prestito”, la Provincia di Lodi, alla luce del bilancio, è pronta a fornirne un numero compreso fra i 13 e i 18: «Sarà offerta un’opportunità a persone che sono temporaneamente senza lavoro - spiega il presidente della Provincia Pietro Foroni, avvocato -. Chi sarà inserito nel progetto, sulla base di una selezione che competerà al tribunale, avrà dalla Provincia di Lodi un’integrazione dell’indennità che già percepisce. Ritengo si tratti di un’iniziativa molto positiva, già sperimentata finora solo a Milano e in altre pochissime realtà italiane. La carenza di personale ausiliario è uno dei problemi della giustizia, e per i lavoratori sarà anche un’occasione professionale». L'impegno finanziario sarà inserito da San Cristoforo nel bilancio di previsione 2010, poi sarà siglata una convenzione e i primi ausiliari di cancelleria potrebbero arrivare in viale Milano entro il mese di marzo.
Niente di nuovo, invece, per il prospettato trasferimento al tribunale di lavoratori in futuro esubero dalla sede di Lodi del ministero del Tesoro. «Dopo le nuove assunzioni, terremo un altro incontro - ha annunciato la presidente Garrammone - ma l’invito che rivolgo a tutti è di segnalarmi puntualmente le difficoltà, se necessario facendo anche i nomi». L’iniziativa ha richiamato l'attenzione degli operatori della giustizia civile più che di quella penale, presenti le massime autorità provinciali a partire dal prefetto Peg Strano Materia e dai vertici delle forze dell’ordine.
Condividi su Facebook

La crisi manda sul lastrico anche il Lausvol

Appello al territorio del centro servizi per l’associazionismo, che senza risorse economiche rischia di dover chiudere. La crisi affonda anche il volontariato. Lausvol in ginocchio: perde la sede e chiede la cassa integrazione.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Alberto Belloni, 28 novembre 2009.

La crisi manda sul lastrico anche il Lausvol, “cuore” e motore del volontariato lodigiano, costretto a lasciare la sua sede e a programmare la cassa integrazione per i suoi collaboratori. Il centro servizi nato nel 1998, punto di riferimento per la formazione, la consulenza e la promozione delle attività dell’associazionismo e del Terzo settore provinciali, ha lanciato nelle scorse il suo “sos” a tutte le istituzioni del territori, illustrando loro la pesantissima situazione di deficit economico in cui è caduto. Il taglio dei finanziamenti per il 2009 (circa 120mila euro), quelli ancora più pesanti previsti per i prossimi anni e la riduzione degli utili delle fondazioni bancarie da cui il centro attinge parti delle sue risorse stanno infatti costringendo l’ente a un’autentica smobilitazione. L’ultima assemblea dei soci ha infatti approvato l’avvio della procedura di cassa integrazione per i suoi 6 collaboratori; entro il 31 dicembre, intanto, gli uffici dovranno abbandonare la nuova “casa” di via Selvagreca, nella quale il Lausvol era entrato circa due anni fa e di cui non può più permettersi l’affitto, e trasferirsi nell’ex sede della polizia provinciale, che gli assessori Cristiano Devecchi e Mariano Peviani hanno concesso in comodato d’uso gratuito per ovviare all’improvvisa emergenza. Già dall’inizio del 2009, peraltro, la riduzione dei fondi aveva costretto il Lausvol a “tagliare” numerose attività, dagli sportelli territoriali a quello di consulenza giuslavoristica, fino al progetto Over 50, alle attività del centro stampa e via discorrendo. Ma nonostante i nefasti segnali e le prime dolorose rinunce, il precipitare della situazione è arrivato come un fulmine a ciel sereno sui responsabili del Lausvol: «A livello nazionale la situazione fondi si è sbloccata solo in parte, ma è a livello lombardo che abbiamo problemi con il comitato per l’erogazione dei fondi, peraltro su quanto dovrebbe già essere erogato - spiega amareggiato il presidente del centro servizi, Renzo Guglielmi -. Credo che il Lausvol sia un valore sociale e un patrimonio del territorio, e che le ricadute sulle associazioni di quanto stia accadendo potrebbero essere abbastanza pesanti: dovremmo ridurre i servizi di formazione, le consulenze e le altre attività essenziali». Guglielmi fa appello alla sensibilità degli enti e delle istituzioni amministrative e non del Lodigiano, affinché il Lausvol non resti solo: un appello contenuto nella lettera inviata anche alle 74 associazioni socie del centro, cui negli anni il centro ha fornito tantissimi servizi gratuiti, sollevandole tra gli altri anche dale fatiche delle questioni burocratiche. «Contiamo sulla solidarietà e vicinanza dell’intero territorio per difendere insieme i valori che tutti quanti rappresentiamo - recita la missiva -, perché i Csv non sono soltanto uno strumento di sviluppo per le organizzazioni, ma prima di tutto sono un’espressione diretta del volontariato, che li crea e li dirige». Per ora, oltre alla provincia di Lodi, solo l’assessore comunale Silvana Cesani ha dato una mano al Lausvol. Le analoghe crisi sofferte dagli omologhi centri servizi di Sondrio e Mantova non fanno presagire nulla di buono per il volontariato lombardo; e al Lausvol, dopo il ridimensionamento, ora si teme anche per la sopravvivenza.
Condividi su Facebook

9.500 le persone rimaste senza lavoro nel Lodigiano

Dopo il grido d’allarme lanciato dalla Provincia di Lodi e dal sindacato, scende in campo l’ente della Banca Popolare. Fondo anticrisi, si muove la Fondazione. Duccio Castellotti annuncia un’anticipazione di centomila euro.
Rassegna stampa - Il Cittadino, 28 novembre 2009.

Il grido d’allarme è stato ripetutamente diffuso, anche sulle pagine del «Cittadino»: le persone rimaste senza lavoro nel territorio della provincia di Lodi sono arrivate a quota 9.500, che costituiscono il dieci per cento della forza lavoro del Lodigiano. Tra non molto terminerà anche il periodo della cassa integrazione per quanti la stanno ricevendo, e questo impedirà alle famiglie che ne sono rimaste coinvolte di piombare in una gravissima situazione economica. Altre aziende stanno suonando le campane a morto. La Provincia di Lodi ha da tempo raschiato il barile delle proprie disponibilità economiche, e il Fondo anticrisi è stato in poco tempo prosciugato.
È iniziata una guerra tra “poveri”: i ripetuti appelli della Provincia di Lodi ai Comuni del territorio affinché versino 2 euro per abitante per rifinanziare il Fondo non hanno sortito l’effetto voluto. I Comuni rispondono di essere già in trincea, e di dover affrontare i disagi economici esistenti sui propri singoli territori. A sua volta il sindacato, in particolare Cisl e Cgil, hanno pubblicamente dimostrato le proprie difformità di vedute su come affrontare la crisi.
In questo contesto, ecco finalmente una buona notizia: arriva dalla Fondazione della Banca Popolare di Lodi, che ha dichiarato che provvederà ad anticipare le risorse per il rilancio del Fondo provinciale di solidarietà anticrisi.
«Siamo pronti da subito - ha dichiarato ieri al Cittadino il presidente della Fondazione, Duccio Castellotti - ad anticipare il contributo di 100.000 euro per dotare il Fondo provinciale di solidarietà anticrisi delle risorse necessarie per rispondere a gran parte delle domande giacenti che non si sono potute finanziare per carenza di disponibilità».« Non vogliamo entrare - prosegue Castellotti - nel merito del dibattito in corso tra le forze sindacali né sollecitare l’attenzione delle altre istituzioni che in tempi futuri potranno deliberare le loro adesioni; vogliamo solo rispondere a un’esigenza immediata per i casi più bisognosi individuati tra le cento domande in attesa di riscontro». «L’augurio - conclude Castellotti - è che il Fondo possa ripartire al più presto e che tutte le richieste possano essere esaudite in tempi brevi. Con questa decisione, la Fondazione vuole testimoniare la vicinanza e la solidarietà all’impegno delle organizzazioni sindacali e delle istituzioni e, in modo particolare, ai lavoratori».
L’anticipazione dei centomila euro da parte della Fondazione della Banca Popolare di Lodi costituisce una boccata d’ossigeno contro la crisi che sta travolgendo numerose famiglie lodigiane, l’augurio è che nel frattempo vengano trovate altre soluzioni in grado di fronteggiare la situazione. Cosa succederà tra poco, qualora nel Lodigiano dovesse fermarsi anche il settore dell’edilizia?
Condividi su Facebook