Se nel centrodestra è in ballo il «federatore».
Rassegna stampa - Avvenire, Sergio Soave, 28 ottobre 2009.
Le tensioni che agitano la maggioranza vertono su un problema oggettivo e, per così dire fisiologico, quello che contrappone l’esigenza di immettere stimoli nell’economia, a sostegno della competitività delle imprese (per recuperare quote dei mercati internazionali) e dei redditi (per riattivare la domanda interna), a quella di evitare una crescita del disavanzo, peraltro in una fase in cui si attende una crescita dei tassi e quindi del costo del servizio del debito pubblico. Le contrapposizioni, però, tendono ad assumere un carattere patologico perché si inscrivono in una situazione politica nella quale si è indebolita la capacità di mediazione del presidente del Consiglio. Silvio Berlusconi ha sempre avuto una straordinaria capacità come 'federatore', fin da quando, nell’ormai lontano 1994 riuscì a costruire un’alleanza a geometria variabile, con la formazione di Umberto Bossi al Nord e con il partito di Gianfranco Fini nel Centrosud. Ora mostra, per la prima volta, difficoltà a esercitare questa funzione, forse anche perché, avendo ritenuto di poter amputare dalla coalizione di centrodestra l’area più esplicitamente centrista dell’Udc, ha fornito a Bossi uno straordinario potere di interdizione che il leader leghista ha usato per estendere la sua influenza. Il fatto che Giulio Tremonti, già vicepresidente di Forza Italia, non appaia più come un’interfaccia privilegiata del partito di maggioranza nei confronti dell’alleato nordista, ma paia assumere una collocazione politica inversa, al di là delle effettive volontà dei protagonisti, è un segno di questo fenomeno. Sul merito dei problemi aperti è possibile che nel corso della discussione parlamentare della Finanziaria si trovi un accordo o almeno un compromesso, ma la ricostruzione di un equilibrio stabile nella maggioranza difficilmente potrà essere portata a termine in tempi brevi, almeno finché non saranno definite le candidature per le regionali. Sullo sfondo, naturalmente, aleggia il problema degli assetti dell’area moderata quando si sarà conclusa la fase attuale, che vede Berlusconi nella funzione centrale di federatore e di leader della coalizione oltre che del maggiore partito, anche se per la verità si tratta probabilmente di un tema ancora prematuro, almeno per il corso della legislatura, che però esercita comunque suggestioni e promuove ambizioni. L’assenza di un assetto che definisca regole e sedi di discussione collettive per affrontare fasi politiche complesse come quella attuale è un altro nodo, già sollevato da Fini, che sta arrivando al pettine. Basta osservare che Berlusconi ha dovuto tenere con esponenti del partito e della maggioranza riunioni a ripetizione e, comunque, in numero maggiore in queste ultime e convulse giornate di quanto non fosse accaduto in passato in periodi di tempo assai più lunghi. Sono segnali convergenti di una difficoltà che ha origini politiche, anche se non pare tale da mettere in discussione la stabilità degli assetti che l’elettorato ha assegnato a una legislatura ancor giovane.
Dipende naturalmente anche dal come il problema sarà affrontato se si arriverà a un chiarimento effettivo o se ci si trascinerà di compromesso in compromesso. Con effetti, in questo secondo caso, inevitabilmente deprimenti sulla capacità di intervento dell’esecutivo.
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