Rassegna stampa - l'Unità, 10 settembre 2009, Simone Collini.
Non è che ci sia bisogno della sfera di cristallo per sapere che autunno sarà». Pier Luigi Bersani legge i dati appena diffusi dal Centro studi di Confindustria, quei 700 mila posti di lavoro persi in due anni, il Pil a -4,8%, i consumi a -1,7%. «Gli spiragli che si intravedono sono nell’ordine del più-zero-virgola», scuote la testa mentre tiene d’occhio il monitor sistemato sulla scrivania, al comitato “Bersani segretario Pd” di piazza Santi Apostoli.
«Vedremo cadere un numero non indifferente di piccole imprese, che a causa dei consumi bassi non hanno più fiato per andare avanti, e ci saranno evidenti ricadute sul mondo del lavoro. Elementi critici che, inevitabilmente, verranno alla luce questo autunno».
Le daranno del menagramo, l’accuseranno di provocare disagio.
«Il disagio deriva semmai dal fatto che i riflettori non sono puntati su questi problemi, che chi li vive percepisce un senso di isolamento, di solitudine e di abbandono, mentre chi ha responsabilità di governo continua a parlare di cieli azzurri».
La prima cosa da fare, secondo lei?
«Recuperare una discussione realistica sui temi della crisi. Quando l’Italia è messa di fronte a un problema se lo mangia, quando gli viene attutito si provoca un danno, perché gli elementi di reazione si attenuano. Oggi c’è una cappa di conformismo micidiale, un condizionamento dei mezzi d’informazione estremamente dannoso. Il governo non può pretendere il consenso quando non c’è e al Parlamento non può essere impedito di parlare di questi temi».
Ci fosse una discussione parlamentare, lei cosa direbbe?
«Che c’è bisogno di una vera manovra anticrisi. Il governo ha solo spostato soldi da una parte all’altra del bilancio. Alla fine, dal punto di vista dell’animazione dell’economia, l’effetto è zero. Per non parlare dei provvedimenti che fanno piovere sul bagnato della crisi, come le decine di migliaia di precari della scuola che vanno a riempire ulteriormente la strada dei disoccupati, o la sanatoria delle badanti che sarà ristretta e costosa e creerà problemi a tante famiglie, costrette a farne a meno per non avere in casa una “criminale”, o il condono per il rientro dei capitali dall’estero».
Tante critiche e zero proposte, le verrebbe detto dal fronte maggioranza.
«Intanto, noi siamo pronti a discutere, mala responsabilità deve assumersela il governo perché noi ce l’assumemmo quando si trattava di entrare nell’Euro e oggi il centrodestra deve dimostrare di avere il coraggio di fare una manovra che può non piacere a tutti ma che consenta di mettere soldi nei redditi più bassi, salari e pensioni perché solo così possono crescere i consumi. Dopodiché, circa le proposte, dico che serve un grande piano sull’economia verde, che può mobilitare molto risparmio privato, e va sbloccato il patto di stabilità per consentire gli investimenti dei comuni. Piccoli cantieri locali possono rendere valore già nel giro di un semestre».
Torniamo ai riflettori non puntanti su questi temi ma su altro. L’opposizione non ha responsabilità in questo?
«È in corso una deformazione del meccanismo democratico, con parlamentari nominati e con il governo che ha comando sulla maggioranza, facendo anche continuo ricorso a decreti e voti di fiducia. Quindi l’opposizione si muove in un assetto molto complicato. Il punto ora, però, è che noi dobbiamo tenere saldate questione democratica e questione sociale».
Può spiegare meglio?
«Noi incontriamo gente che ci dice: dobbiamo attaccare di più Berlusconi su veline ed escort. Altri ci dicono: basta parlare di Berlusconi, veline ed escort, io sono in cassa integrazione e devo mantenere una famiglia. Allora il nostro problema è far notare che questa deformazione democratica, questo controllo dell’informazione e questo deperimento della discussione pubblica in realtà stanno causando danni enormi alla società italiana, stanno impedendo la soluzione dei problemi sociali».
Il 19 c’è una manifestazione contro il controllo dell’informazione: ci sarà?
«Ci sarò, e mi auguro sia una mobilitazione larga, non di una parte sola. Ma proprio per quanto appena detto, dico anche che insieme alla libertà di stampa dobbiamo ricordarci della libertà di avere un lavoro, della libertà di avere un reddito e di poter mantenere la famiglia. Un grande partito popolare questi temi deve tenerli molto saldati. Adesso si stanno un po’ disallineando ed è un problema per noi».
Secondo lei la vostra discussione congressuale contribuisce ad allinearli?
«Ritengo che dobbiamo entrare in una fase ulteriore della nostra discussione, dobbiamo rendere più evidente che usciti dal congresso diremo parole chiare e forti, che ci facciano percepire come alternativa credibile a un berlusconismo ormai all’imbrunire e che costringe il Paese in una discussione fangosa. È quindi necessario che ciascuno di noi faccia uno sforzo perché il confronto sia incentrato su questi temi, sul profilo del partito come strumento utile al Paese».
Marino chiede un confronto pubblico: perché lei e Franceschini non raccogliete la proposta?
«Parlo per me e spero non si voglia far intendere che ho paura di un confronto. Ma bisogna che tutti quanti si abbia in testa la ditta. Ci sono le mozioni, i circoli stanno discutendo, poi alla Convenzione ciascuno di noi riassumerà la sua posizione. Da lì a quando dovremo rivolgerci all’opinione pubblica valuteremo assieme come fare. Però non espropriamo con iniziative di tipo mediatico una discussione che adesso è affidata ai circoli».
Marino chiede anche trasparenza sulle vostre spese.
«Abbiamo regole chiare e organismi di controllo che le faranno rispettare. Non mettiamo in giro messaggi non utili. Anche nelle scelte degli argomenti di confronto, tutti dobbiamo tener conto che siamo una comunità».
Anche perché poi ci sono le regionali, e il tempo a disposizione è poco...
«È una difficoltà che potremmo trasformare in opportunità. Se saremo bravi, avremo anche un prodotto fresco, con un messaggio meglio definito, più chiaro. Se saremo capaci di fare il prodotto, naturalmente».
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