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giovedì 30 luglio 2009

Il Parlamento brutalizzato

Chi rispetta le regole e la legge sarà sempre penalizzato.
Tra le diverse dichiarazioni di voto alla Camera sul decreto anticrisi di martedì riportiamo quella dell'on. Dario Franceschini, perché la riteniamo una denuncia significativa dell'attuale «marasma» in cui versa la maggioranza di governo e di cui l'iter del decreto già modificato prima (anche se negli atti si dirà "contestualmente") della firma del capo dello Stato da un altro decreto.
Così l'on. Franceschini in aula:

Signor Presidente, con questa ventitreesima fiducia, dall’inizio della legislatura, si consuma un’altra pagina nera del Parlamento.
Sono anni che discutiamo di riforme costituzionali e di riforma dei Regolamenti parlamentari per rendere più veloce, più efficiente e più moderno il nostro procedimento legislativo. Voi in questo anno lo avete brutalizzato. Il sistema ormai è sempre lo stesso: il Consiglio dei Ministri approva un decreto-legge in bianco, che non viene più pubblicato il giorno dopo, ma viene pubblicato sei, sette o otto giorni dopo, quando vi è stato il tempo di scrivere il testo che il Consiglio dei ministri ha approvato nella sua collegialità senza conoscerlo; quel testo viene mandato alle Camere e inizia stancamente un dibattito che – si sa già – finirà, al di là della scadenza dei sessanta giorni, con un maxiemendamento che raccoglie un po’ di tutto e su cui si mette la fiducia. In tal modo si umilia il lavoro delle Commissioni, onorevole Cota – altro che entrare nel merito – e si buttano nel cestino gli emendamenti dell’opposizione in Commissione.
È un maxiemendamento in cui entra di tutto, alla faccia del requisito costituzionale dell’urgenza e alla faccia del requisito dell’omogeneità di materia, che è stato così rigidamente osservato in passato; per cui, entra di tutto, e almeno questo servisse per rendere più efficace e più veloce il modo di fare le leggi ! Non è così. Nella fretta di utilizzare questa specie di contenitore onnicomprensivo che è diventato il decreto-legge con il maxiemendamento per la conversione, si butta dentro di tutto.
Si fanno errori madornali, che costringono a marce indietro mentre si approva ancora il testo. È successo così per le badanti nel pacchetto sicurezza e oggi si fa una retromarcia, ma la norma che si scrive – dicono gli esperti – già oggi si capisce che non riguarderà circa l’80 per cento delle badanti. E poi perché solo le badanti ? Qual è la distinzione da altre tipologie di lavoratori ?
Per non parlare della norma sul terremoto. Mentre il Presidente del Consiglio annuncia a L’Aquila una cosa, si approva una norma vergognosa, che prevede che i terremotati di L’Aquila debbano rientrare del 100 per cento delle tasse cominciando da gennaio, data in cui viene anche interrotta la sospensione dei mutui; e poi, accorgendosi che quella norma non regge, mentre la approviamo si fa un comunicato per dire che quella norma verrà modificata e si approva un ordine del giorno. Noi vigileremo che questo avvenga, perché non sarebbe la prima volta – ricordiamo il Patto di stabilità – che il Parlamento assume un impegno che poi viene sostanzialmente e di fatto violato. Poi ci mettete un bel titolo (provvedimenti anticrisi), che fa effetto, e lo si accompagna con qualche sorriso rassicurante in televisione e con qualche numero per occupare i titoli dei giornali. Lo ha
detto benissimo venerdì l’onorevole Bersani: avete avuto una gestione surreale della crisi. Prima l’avete negata, dopo avete detto di essere stati i primi e gli unici a prevederla per tempo. Poi avete detto che la crisi è alle nostre spalle: tutto è come prima, tutto meglio prima (sono state le parole del Presidente del Consiglio); fino alla vergogna di trasformarla e di continuare a cercare di trasformarla in un fatto psicologico. Si tratta di un insulto in faccia a chi vive nella paura e nell’angoscia di perdere il posto di lavoro e di non avere più il reddito per vivere, un insulto a chi sente sulla propria pelle cosa è questa crisi e sente quanto è dura questa crisi!
Ecco il fatto psicologico: uso i dati di Banca d’Italia, dell’ISAE, dell’ISTAT, del CNEL, del Fondo monetario, di Confindustria, di tutti quelli che attaccate senza pudore quando osano pronunciare la fredda verità dei numeri. La verità è che questa cosa è sempre più ostile e sempre più ingombrante e pericolosa per voi. Ecco il vostro anno di Governo: cala il PIL, meno 5,2 nel 2009; calano le entrate fiscali, meno 3,3 rispetto al 2008, meno 11,3 l’IVA; cala la produzione, sarebbe più corretto dire «crolla» la produzione, dato che è il crollo più grande dagli anni Settanta; calano i prestiti alle piccole e medie imprese, meno 3 per cento di credito (in particolare alle più piccole); calano i consumi, meno 2,2 nel 2009; cala la crescita del potere d’acquisto dei salari, meno 1,3 (il dato più basso dal 1970); calano gli investimenti pubblici, meno 4,4 per cento nel 2010. Ma c’è anche qualcosa che cresce: cresce il debito, al 115,3 per cento (89,6 miliardi dall’inizio dell’anno); cresce la spesa pubblica, la spesa primaria corrente dal 40,3 al 43,4; cresce la pressione fiscale; cresce la disoccupazione e vedremo quanti saranno stati, se i cinquecentomila che si dicono o più, i nuovi disoccupati nel 2009. Sono numeri, e non sono numeri dell’opposizione: sono numeri di Banca d’Italia e di tutti gli istituti e osservatori internazionali, e non si protesta contro i numeri, si cerca di cambiarli!
La verità è che l’Italia è in recessione e che l’origine è la crisi globale, ma oggi è anche soprattutto colpa della vostra incapacità di affrontarla dall’inizio, della vostra incapacità di scegliere una linea dal settembre dello scorso anno. Non è pessimismo. Nel prossimo settembre milioni di italiani e migliaia di imprese saranno nel momento di massima difficoltà: redditi troppo bassi; lavoratori che hanno perduto o rischiano di perdere il posto di lavoro e non hanno nessuna forma di ammortizzatore sociale che li accompagni nel momento più difficile della loro vita; piccole imprese che, dopo aver aspettato tanto la ripresa dei consumi, si trovano senza liquidità e senza credito.
Sono le categorie per le quali noi da mesi in quest’Aula e nel Paese presentiamo proposte per affrontare l’emergenza. Come continuiamo a dire, anche nei momenti di difficoltà e di crisi, bisogna avere la capacità di mettere mano alle riforme strutturali, ma bisogna anche mettere in campo – c’è il dovere politico e morale di farlo – misure per affrontare l’emergenza, per aiutare quelle categorie di persone ed imprese che non ce la possono fare ad arrangiarsi, a cavarsela da sole aspettando che la crisi finisca nel 2010-2011, perché non hanno le spalle sufficientemente robuste per farcela e chiedono di essere aiutate dalla politica, dallo Stato, dal Governo e dal Parlamento. Eppure l’Italia, eppure le imprese italiane hanno energie positive, hanno sempre mostrato di dare il meglio nei momenti di difficoltà, chiedono soltanto che il Governo non giri la testa dall’altra parte.
Voi proseguite negli annunci, avete questa doppia verità: la verità degli annunci televisivi, delle promesse, dei numeri, dei titoli dei giornali e poi quello che c’è realmente negli atti parlamentari. Ma il giudizio politico può essere soltanto su quello che c’è negli atti parlamentari e questi sono pieni di misure negate, poi promesse e poi rilanciate. Si potrebbe fare un lungo elenco anche in questo provvedimento: i fondi per lo spettacolo tagliati completamente, dimenticando che l’industria culturale è un pezzo dell’identità e della vocazione italiana nel mondo, e tagliare lì è come tagliare le principali energie per un altro Paese.
Il Mezzogiorno: non c’è nulla in questo provvedimento. Eppure, cercate anche in questo caso di coprire con annunci, dopo un anno in cui avete utilizzato i fondi FAS per finanziare ogni cosa, compreso le multe delle quote latte degli allevatori del nord. Vi accorgerete che esiste il Mezzogiorno soltanto perché minacciano di farvi un partito in casa, altrimenti non sarebbe esistito, eppure avete preso tanti elettori nel Mezzogiorno due anni fa!
E poi vi è il condono fiscale, chiamiamolo con il suo nome e non scudo fiscale. In un Paese che sprofonda nell’evasione fiscale, voi, anziché combatterla, premiate chi ha violato la legge esportando illegalmente capitali. In un momento di crisi sbattete il condono e il rientro dei capitali in faccia a quegli italiani, a quei cittadini e a quelle imprese che hanno rispettato le regole, che hanno rispettato onestamente la legge e che si vedono passare davanti chi le regole e la legge le ha violate. Fate un condono senza avere il coraggio di chiamarlo con il suo nome: dite che state facendo come negli Stati Uniti. L’ha detto bene l’onorevole Causi in Aula: andate a vedere che cos’è il rientro dei capitali nell’amministrazione Obama. È una dichiarazione non anonima in cui si accetta, dopo aver fatto rientrare i capitali, di sottoporsi al prelievo fiscale sui capitali esportati illegalmente. Voi fate un condono anonimo che preclude ogni accertamento fiscale. È un lavaggio di denaro di cui non si conosce e non si vuole nemmeno conoscere la provenienza!
È un’altra prova di come continuante ad operare ogni volta che siete al Governo: trasmettete il messaggio che chi rispetta le regole e la legge sarà penalizzato perché c’è sempre un’emergenza che giustifica un premio per chi ha violato le regole e la legge. Per questo voteremo contro e per questo continueremo a denunciare le vostre omissioni. Presto, a settembre, arriverà la durezza della ripresa. Noi saremo nel pieno di un civile e vero confronto congressuale: una cosa che voi avete anche dimenticato che esista. Ma qui saremo uniti e qui saremo tutti con la stessa voce, senza divisioni perché questo è quello che ci chiedono gli italiani e questo è quello che ci si aspetta dalla più grande forza di opposizione.

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