Pochi suicidi in provincia, «merito della società».
Rassegna stampa, Laura De Benedetti, Il Giorno di oggi.
Secondo l’Istat Lodi ha registrato nel 2008 il tasso più basso di suicidi e di tentati suicidi in tutta la Lombardia, parecchio al di sotto della media regionale e nazionale.
Secondo il rapporto dell’ufficio statistico, infatti, sono stati “solo” tre ad essersi tolti la vita, dieci quelli che ci hanno provato. Ma solo nella confinante provincia di Pavia coloro che si sono uccisi risultano essere stati, lo scorso anno 29, contro 31 tentativi fortunatamente falliti. Dati analoghi alle altre realtà provinciali più simili a Lodi: a Cremona, ad esempio, nel 2008 30 i suicidi (e 30 tentativi di suicidio), a Mantova 26 (48), a Lecco 23 (27), a Como 19 (17), a Varese 31 (113). Si sale con i numeri a Brescia 38 (37 tentativi), Bergamo 33 (27), Milano 149 (253). A fare eccezione c’è Sondrio che, benché abbia una bassa densità abitativa, ha registrato 23 suicidi e 25 tentativi falliti. È la media statistica (il numero di suicidi per 100mila abitanti) a evidenziare il netto contrasto: Lodi ha registrato un tasso di suicidi dell’1,4 (per 100mila abitanti) contro una media lombarda del 4,1 e nazionale del 4,7. In base a questo indice Sondrio è appunto prima con 12,7 seguita da Cremona con l’8,4, Lecco (6,9), Mantova (6,4), Pavia (5,5), Milano (3,8), Varese (3,6), Como (3,3), Bergamo e Brescia entrambe a 3,1.
Ma i conti non tornano, come ci conferma Eligio Gatti, psichiatra, dirigente dell’Azienda Ospedaliera: «Questi numeri non appaiono realistici. In genere il nostro dato è omogeneo alle altre realtà limitrofe — spiega —. Inoltre solo i tentati suicidi che abbiamo ogni anno con ricoveri nei nostri reparti sono certamente più dei 10 riportati dall’Istat. In generale si può comunque dire che i suicidi sono più frequenti dove c’è isolamento: in zone di montagna, come a Sondrio, o nelle grandi città come Milano, dove l’isolamento non è fisico ma sociale, emotivo, esistenziale. In provincia c’è una maggiore rete di conoscenze, gli ambiti familiari sono allargati. Il Lodigiano, in particolare, è una realtà molto parcellizzata, fatta di piccoli comuni pressoché isolati ma all’interno del paese può reggere una rete di solidarietà». Quali sono le motivazioni che hanno spinto alcuni lodigiani a tentare il suicidio? «La causa più frequente è di tipo depressivo; poi c’è qualche caso legato a problemi esistenziali e sociali per abbandoni, cause di separazione. Non mancano i tentati suicidi di tipo dimostrativo, che sono poi i casi più appariscenti, legati ad ambiti relazionali problematici. Se gli altri casi sono recuperabili, questi ultimi sono più difficili, più imprevedibili: il soggetto tende a ripetere l’atto e c’è la volta che magari gli riesce».
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