Greta Boni su Il Cittadino di oggi ci parla delle voci contrarie nel Lodigiano all’ipotesi di differenziare le buste paga fra nord e sud.
«Gabbie salariali? Una stupidata».
Rassegna stampa.
Nessun futuro per le gabbie salariali. Se dipendesse dagli operatori del territorio lodigiano, la proposta sarebbe subito bocciata senza il minimo tentennamento. In queste ultime settimane la Lega nord è tornata a chiedere a gran voce la differenziazione delle buste paga a seconda delle zone del Paese e del costo della vita. Nel week end, il ministro Umberto Bossi ha lanciato ancora una volta la proposta dal palco di Ponte di Legno, in occasione della festa leghista, scatenando l’ennesima ondata di polemiche e commenti.
I sindacati hanno fin da subito alzato gli scudi. Il leader nazionale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha bollato il progetto come «demenziale» e il segretario provinciale Domenico Campagnoli è della stessa opinione. «Quando si parla di contrattazione - afferma -, bisogna parlare dei meccanismi che la rendono fattibile. Le gabbie salariali potrebbero provocare una specie di “mostro contrattuale”, la differenziazione potrebbe essere non solo salariale ma normativa, creando una terribile confusione». Mario Uccellini della Cisl sostiene che il vero obiettivo da raggiungere debba essere un altro: «Siamo contrari a un intervento per legge su questa materia - dice -, semmai bisognerebbe incrementare la contrattazione di secondo livello e farla partire per tutti i lavoratori. È questa la grande scommessa».
Ad alzare le barricate non sono solo i sindacati, anche alcuni industriali e imprenditori del Lodigiano hanno “cassato” il progetto. Il commento di Maurizio Galli, direttore di Assolodi, è piuttosto secco: «Quella delle gabbie salariali è una stupidata - dichiara -, non esistono e per questo non ha senso parlarne. Ci sono già i contratti nazionali, sono già differenziati e chi parla di gabbie salariali non sa nemmeno come funziona il sistema. Ci sono già gli strumenti per valutare merito e produttività».
Tino Modesto Volpe, imprenditore informatico e vitivinicolo conosciuto sul territorio, ritiene che non abbia senso ripristinare un provvedimento del passato: «I tempi sono cambiati, ora le decisione da prendere sono altre. Deve essere ridotta la pressione fiscale sul salario per poter poi aumentare lo stipendio, attualmente è infatti troppo elevata. C’è poi la questione del lavoro sommerso, che crea problemi alle aziende che pagano i contributi, un fenomeno preoccupante». Volpe sottolinea poi la necessità di cambiare i criteri delle gare pubbliche e private, affinché si possa considerare non solo il prezzo ma anche la qualità del lavoro. Il criterio del prezzo al ribasso non sempre è quello più vantaggioso.
Diverso il ragionamento di Vittorio Boselli, segretario di Confartigianato: «In realtà, credo sia un falso problema - spiega - sulla questione non siamo di certo all’anno zero. Di recente è stata approvata la riforma dei contratti, che introduce la possibilità di tenere conto dei livelli di produttività locali. In base alla ricchezza prodotta - conclude Boselli -, le parti sociali potranno concordare la componente integrativa. Sappiamo che la Cgil non è favorevole all’accordo. In base a quanto stabilito, la responsabilità spetterà alle parti sociali nei territori, si dovrà essere bravi nel saper misurare la ricchezza prodotta, tenendo anche presente i costi sempre crescenti che le aziende devono sostenere».
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