Un passo indietro, un sostegno in meno, un altro puntello tolto. Pare incredibile, ma sulla famiglia assistiamo addirittura a un’opera di progressiva sottrazione. Non solo in questa Finanziaria manca – ed è l’ennesima occasione persa dopo tante promesse – qualsiasi provvedimento strutturale di agevolazione. Ma non vengono rinnovate neppure le misure di aiuto una tantum come il bonus varato lo scorso anno. Col risultato di sottrarre risorse ai nuclei con figli, proprio nel momento in cui la crisi – finita forse per le banche che comprano titoli in Borsa – sta dispiegando al massimo i suoi effetti negativi su tante, troppe famiglie.
Sul sostegno a chi ha figli l’impressione è quella di pestare acqua nel mortaio. Se ne discute da anni, vengono raccolte oltre un milione di firme di cittadini, a volte si assiste persino alla presentazione di qualche progetto in Parlamento. Poi però il governo, oggi figlio della coalizione che in campagna elettorale ha promesso l’adozione del quoziente familiare, ripiega inesorabilmente bandiere e intenzioni: «Non ci sono risorse per operare riduzioni d’imposta». È accaduto ancora ieri al Senato, dove sono stati bocciati di stretta misura alcuni emendamenti presentati dal senatore Baldassarri (Pdl), fra i quali una "prima pietra" per costruire il quoziente familiare: 1.000 euro di deduzione per ogni familiare a carico.
Niente da fare. La manovra di quest’anno – probabilmente, forse – conterrà nientemeno che un rinvio del 20% dell’acconto Irpef per il 2010. Di che scialare (si fa per dire) alla vigilia di Natale in qualche centro commerciale. Così, giusto per far respirare in una pura manovra contabile i bilanci del 2009 e ripresentare poi il conto, pochi mesi dopo nel 2010, agli stessi contribuenti. Un prestito "a tasso zero", di quelli che si usano appunto per vendere i televisori a schermo piatto.
Le famiglie, però, hanno bisogno di ben altro che un nuovo tv color. E si ritrovano invece a fare i conti di quanto viene loro, pezzo a pezzo, tolto. Prima cancellate le deduzioni per i figli a carico – introdotte dal secondo governo Berlusconi e sostituite dall’esecutivo Prodi con detrazioni limitate – poi le aliquote Irpef inasprite sempre dal centrosinistra, infine cancellato anche il bonus famiglia per i redditi più bassi, che lo scorso anno valeva 2,4 miliardi di euro. Un provvedimento con molti limiti, che ha finito in massima parte per sostenere single e pensionati, anziché dare ossigeno ai nuclei con figli (e noi avevamo subito evidenziato questo rischio). Ma era almeno l’abbozzo di un aiuto, un piccolo e perfettibile segnale d’attenzione.
Quei 2 miliardi e rotti oggi potevano – dovevano – essere investiti in altro modo ancora sulla famiglia, gettando le basi di un sistema più equo, confermando una direzione di marcia, facendone il volano di una ripresa fondata sul riconoscimento di un ruolo fondamentale. Uno sviluppo fatto di sostegno alla natalità, di scommessa sulle giovani generazioni. E invece niente. Si ripete che non ci sono risorse, che il debito pubblico è al massimo e che mancano 9 miliardi di entrate fiscali. Tutto vero. Si potrebbe discutere a lungo, però, sia sulle priorità di spesa sia di un sistema di tassazione assai pesante sui redditi da lavoro e piuttosto leggero su quelli da capitale.
Ma soprattutto: il presupposto per "mandar giù" l’indigesto scudo fiscale era che i fondi derivanti andassero a sostegno del sociale e della famiglia. E invece? È per rimandare di qualche mese il pagamento di un acconto Irpef che si applica uno scudo fiscale al 5% di aliquota, mentre padri e madri di famiglia pagano dal 23 al 43% su quanto guadagnano e dichiarano lealmente?
C’è ancora tempo sino a fine anno per correggere la rotta di questa Finanziaria. Non vorremmo, altrimenti, dover ascoltare fra qualche anno il ministro dell’Economia fare l’elogio nostalgico della famiglia. Ci è bastato quello del posto fisso che non c’è più.
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