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giovedì 5 novembre 2009

Alfano «ha fatto la sua parte»

Il ministro in Senato, presente la sorella. Sit in Prc-Fgci. «Così è morto Cucchi». Ma Alfano non chiarisce tutto.
Rassegna stampa - Liberazione, Rosy Marano, 4 novembre 2009.

Quando si chiude il dibattito seguito alla relazione del ministro Alfano al Senato sul caso Cucchi, la sorella di Stefano, Ilaria - che ha assistito dalla tribuna del pubblico - è palesemente perplessa. Nel suo tailleur nero, che la fa ancora più minuta, ringrazia il Guardasigilli («Ha fatto la sua parte») e le istituzioni, ma preferisce non commentare direttamente ciò che ha appena ascoltato: ci sono "novità" che «analizzeremo e approfondiremo». E sì, perché la relazione del ministro della Giustizia anziché dissipare i dubbi ne aggiunge di nuovi.
«Uno stato democratico - esordisce Alfano - assicura alla giustizia e può privare della libertà chi delinque, ma non può privare nessuno della propria dignità, della propria salute e della propria vita. Ecco perché il governo è in prima linea nell'accertamento della verità. Ecco perché sentiamo per intero il dovere di impegnare tutte le energie per accertare chi ha determinato questo tragico quanto inaccettabile evento. Per fare ciò - continua Alfano - il governo si è immediatamente attivato, acquisendo le informazioni che erano prontamente disponibili». Gli eventuali «responsabili saranno chiamati ad assumersi le proprie responsabilità senza sconto alcuno».
Naturale che i senatori dell'opposizione Pedica e Finocchiaro, nel dibattito seguito alle comunicazioni del ministro, lo prendano in parola: bene, è il senso delle loro parole, allora vai avanti e scopri come sono andate le cose, visto che finora nella tragica vicenda Cucchi non c'è una sola certezza, nemmeno dopo la relazione, scandita sul filo dei minuti e molto "dettagliata", sugli ultimi giorni di vita del ragazzo. Intanto, il ministro nulla dice del perché a Cucchi sia stato assegnato un avvocato d'ufficio. Poi, si scopre che lo stato di salute di Stefano "cambia" nel giro di mezz'ora. Fino alle 13,30 circa del 16 ottobre (il giorno dopo l'arresto) quando si svolge l'udienza al tribunale, nessuno "nota" né ecchimosi, né fratture (e l'elenco di chi avrebbe potuto è assai lungo). Alle 14,05, invece, «Stefano Cucchi - riferisce Alfano - è stato repertato dal medico dell'ambulatorio della città giudiziaria, il quale ha riscontrato "lesioni ecchimotiche in regione palpebrale inferiore bilateralmente" ed ha avuto riferite da Stefano Cucchi medesimo lesioni alla regione sacrale ed agli arti inferiori». I successivi accertamenti medici confermeranno le fratture alla «vertebra coccigea». Le «ecchimosi agli occhi sarebbero state riportate in conseguenza di una caduta avvenuta accidentalmente il giorno prima del suo compleanno», cioè circa una settimana prima. Domanda: come mai nessuno le ha segnalate prima? Domanda 2: anche la frattura è conseguenza della caduta? Domanda 3: come si fa a stare una settimana in piedi con una vertebra rotta?
In realtà, il padre ha sempre raccontato di aver notato subito quei segni sul volto del figlio durante l'udienza in tribunale, segni che la sera prima, in occasione della perquisizione domiciliare di rito subito dopo l'arresto, non c'erano; dunque, sono comparse all'improvviso? Oppure si vuole dare ad intendere che in fondo si trattava di «ferite o ecchimosi» non «diverse da quelle tipiche della tossicodipendenza in fase avanzata»? Che, cioè, Stefano era già malandato di suo? Proprio contro il tentativo di insinuare dubbi sul reale stato di salute del ragazzo, la famiglia ha deciso di querelare i medici dell'ospedale Pertini per aver divulgato «informazioni infamanti»: sì, dice la sorella, Stefano era stato tossicodipendente, ma ne era uscito da tre anni.
Ma ciò che lascia incredula la famiglia, è l'affermazione del ministro Alfano, secondo il quale «come si evince dalla documentazione, Stefano Cucchi» ha manifestato «per iscritto la propria volontà di non autorizzare i sanitari al rilascio di notizie mediche ai propri familiari». Per iscritto? «Aspetto di vedere la firma di mio fratello», commenta lapidaria Ilaria Cucchi. Et voilà, ecco che spunta il documento: un foglio, intestato al Dap, sul quale campeggiano due bei "No" sopra lo spazio dove andrebbero inseriti i nomi e il grado di parentela delle persone autorizzate. Sotto c'è la firma, sulla cui autenticità i genitori già esprimono dubbi. Tant'è.
«Il ministro della giustizia non ha chiarito nulla - come commentano Giovanni Russo Spena, responsabile giustizia del Prc, e Maurizio Acerbo, consigliere regionale - Anzi ha portato qualche elemento che è stato giustamente ritenuto offensivo e falso dalla famiglia». «Chi è stato e perché?» recitavano i cartelli dei militanti del Prc e dei giovani comunisti del Pdci in presidio fuori da Palazzo Madama durante la relazione di Alfano: domande ancora in piedi dopo le parole del Guardasigilli, visto che «le forze dell'ordine - commenta il segretario del Prc Ferrero - si stanno comportando al contrario di quanto dovrebbero: devono dire la verità e smetterla di comportarsi come una tribù».

Indagine parlamentare sull'efficienza dei sanitari. Ma dov'è scritto che rifiutava cure e colloqui?
Rassegna stampa - Liberazione, KB, 4 novembre 2009.

Meno convincente di Giovanardi quando riferiva alle camere e alla tv che Federico Aldrovandi era un eroinomane. Il guardasigilli Alfano tira fuori in Senato il suo asso dalla manica sul caso Cucchi e il pubblico lo può osservare poco dopo su un sito di casa Berlusconi (panorama.it). Si tratta del modulo che avrebbe firmato Stefano al repartino del Pertini per negare ogni informazione ai familiari. Il condizionale è d'obbligo in ogni passaggio di questa vicenda così poco lineare da spingere la commissione parlamentare d'inchiesta sul servizio sanitario nazionale ad aprire un'indagine sull'appropriatezza e sulla qualità delle cure somministrate al detenuto per possesso di marijuana e ricoverato nel padiglione penitenziario del Pertini di Roma dove è morto quattro giorni dopo, all'alba del 22 ottobre. Spiega il presidente Ignazio Marino che l'obiettivo dell'inchiesta è di capire se ci siano stati errori e omissioni da parte dei sanitari che, fino a ieri, avevano fatto trapelare che avrebbero tanto voluto incontrare i genitori di Cucchi ma che nessuno gli fece sapere che madre, padre e sorella facevano anticamera da giorni per sentirsi dire sempre la stessa bugia dalla polizia penitenziaria: serve un permesso del magistrato per incontrare i dottori. Il permesso serve solo per un colloquio col detenuto. Intanto il ragazzo crepa da solo e i medici fanno trapelare che stavano scrivendo al magistrato per esprimere il loro disagio e quanto sarebbe stato necessario confrontarsi con la famiglia. Ma quella lettera, se mai fu scritta, non fu mai spedita. Mo' arriva il modulo firmato da Cucchi di cui nessuno sapeva nulla. Spunta dieci giorni dopo che il caso riempie le cronache. E ai familiari - che chiedono una perizia sulla firma - appare autentico come una banconota da undici euro. Intanto le prime carte sequestrate dai Nas al Pertini per conto di Marino,rivelano che Stefano aveva uno strano modo di rifiutare le cure. Infatti si sarebbe fatto prelevare il sangue ma non avrebbe fornito il consenso per robe meno invasive come le lastre e l'ecografia. Peccato che proprio quegli esami avrebbero dato conto dell'entità delle sue fratture e del sangue allo stomaco. «Assurdo pensare che in quelle condizioni Stefano abbia firmato un documento del genere. Anche se fosse vero sarebbe servita una perizia psichiatrica», reagisce l'avvocato della famiglia, Fabio Anselmo . E neppure è vero che Stefano non avrebbe cercato di contattare la famiglia. Il giorno prima di morire vide una volontaria e la pregò di contattare sua sorella. Voleva parlare con suo cognato, desiderava una bibbia, si preoccupava che la sua cagnolina stesse bene finché lui sarebbe uscito. Non cozza con tutte le versioni ufficiali di questa storia? Le undici domande di Liberazione , pubblicate domenica e martedì, si arricchiscono di nuovi interrogativi: a che ora fu arrestato, alle 22 o alle 23.30? Perché alle 15.45 del venerdì, 18 ore dopo l'arresto, ha dei lividi sotto gli occhi e strisciate rosse dallo zigomo alla mascella fino dietro la nuca? Perché al pronto soccorso, per due volte, ebbe il codice verde, il colore delle non urgenze? Perché a Regina Coeli non ci sarebbe stato il tempo per una visita psicologica ma poi ci sarebbero volute quattro ore per raggiungere il Fatebenefratelli a meno di due chilometri?
«Le forze dell'ordine devono dire la verità e smetterla di comportarsi come una tribù - dice il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero , davanti a Palazzo Madama coi Giovani comunisti, mentre Alfano riferisce in Aula - forse i medici non hanno fatto al meglio il loro dovere ma il tema è più ampio: il governo infatti sta eliminando, categoria dopo categoria, i diritti delle persone, dai tossicodipendenti ai clandestini. Prima viene il diritto alla libertà, poi tutti gli altri».
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