Pierluigi Bersani ha fatto la prima comparsa ieri a Montecitorio nel suo nuovo ruolo di segretario del Pd. In serata ha partecipato all'assemblea dei deputati del suo partito: un primo assaggio di discussione in vista dell'elezione dei nuovi capigruppo (Antonello Soro è dimissionario come Anna Finocchiaro, capogruppo al Senato). Bersani, nel suo intervento, ha auspicato la fine delle tensioni nel partito e l'avvio di una gestione plurale: "Plurale e non unitaria perché non mi piace l'idea della gestione unitaria che fa pensare ad accordi a tavolino". Per il neo segretario, "ora bisogna dare il segnale chiaro, all'interno e fuori di qui, che le tensioni tra noi sono finite con il congresso". Quanto all'elezione del nuovo capogruppo del Pd, dovrebbe avvenire dopo il 7 novembre, data nella quale sarà ufficializzata l'elezione di Bersani a segretario con la convocazione dell'Assemblea nazionale del partito. Per la carica di nuovo presidente dei deputati Pd a Montecitorio si fanno i nomi di Enrico Letta, che ha sostenuto la mozione Bersani, e Piero Fassino, ex segretario dei Ds, che ha sostenuto la mozione di Dario Franceschini. Degli identikit dei nuovi capigruppo a Montecitorio e a Palazzo Madama hanno anche discusso Bersani e Franceschini che si sono incontrati per avere un primo scambio di opinioni sull'evoluzione del quadro politico e sulle modalità di gestione del partito (i sostenitori di Franceschini hanno intanto formalizzato la nascita della componente "Area democratica"). C'è riserbo sul ruolo da destinare all'ex segretario: nuovo capogruppo a Montecitorio o candidato alla presidenza della Regione Emilia Romagna nelle elezioni del marzo 2010? Bersani deve infatti risolvere anche il problema delle candidature in vista delle elezioni regionali, a iniziare dal Lazio dove il Pd è in grave difficoltà a causa del caso Marrazzo (crescono le chance di Ignazio Marino). Bersani ieri ha incontrato anche Antonio Di Pietro. Il segretario del Pd ha spiegato al leader dell'Italia dei valori che il suo partito non aderisce alla manifestazione contro il governo Berlusconi fissata per il 5 dicembre (l'iniziativa è promossa da Idv e Rifondazione): "Non aderiamo ma abbiamo grande rispetto per l'iniziativa". Bersani ci ha tenuto a precisare: "Abbiamo due modi diversi di fare opposizione, dobbiamo però confrontarci sui temi economici e democratici. Il più antiberlusconiano è chi fa l'alternativa al centrodestra. Ci sia o non ci sia Berlusconi, il compito è offrire una alternativa. Non ci sono scorciatoie, è un percorso lungo" (Asca).
Tra i primi impegni del segretario del Pd c'è pure quello di capire quali siano le reali intenzioni dell'Udc in vista delle elezioni regionali e se è possibile pensare a una stabile alleanza. La prossima settimana è previsto un incontro ufficiale con Lorenzo Cesa e Pier Ferdinando Casini. Ed è probabile che il neosegretario del Pd cerchi un chiarimento definitivo pure con Francesco Rutelli che non ha ancora sciolto del tutto il nodo della sua appartenenza al Pd. Le notizie sulle reali intenzioni dell'ex presidente della Margherita restano contraddittorie. La nascita di un nuovo movimento politico che andrebbe a collocarsi al centro del sistema politico, accanto allo spazio già occupato dall'Udc, non è impresa facile. Finora non ci sono venti deputati e dieci senatori disposti a seguire Rutelli nella nuova avventura politica (quei numeri sono la quota minima per formare due gruppi parlamentari). Secondo le indiscrezioni, Rutelli riuscirebbe a farsi seguire da non più di cinque o sei parlamentari del Pd. Tra questi: Donato Mosella, Gianni Vernetti, Marco Calgaro, Linda Lanzillotta. Potrebbero aggregarsi intorno all'ex presidente della Margherita anche alcuni deputati dell'Italia dei valori (Pino Pisicchio, Aurelio Misiti), tre ex della Lista Dini (Daniela Melchiorre, Italo Tanoni, Ricardo Merlo) e due ex Pdl (Giorgio La Malfa, Paolo Guzzanti). Rutelli non gradirebbe invece l'adesione al suo neomovimento dei teodem del Pd, a iniziare da Paola Binetti. Neppure sfiorati dalla tentazione di seguire Rutelli sono i suoi più stretti collaboratori degli ultimi anni: Paolo Gentiloni ( ex ministro), Ermete Realacci (deputato), Francesco Ferrante (ex senatore), Roberto Della Seta (senatore), Stefano Menichini (direttore del quotidiano Europa) (Asca).
Dopo aver "fatto fuori" già più di una mezza dozzina di oppositori del centrosinistra, ora appare davanti a Mr.Berlusconi il neosegretario del Pd, Pier Luigi Bersani, liquidato dal settimanale britannico Economist come "l'ultimo sparring partner" del premier, sia pur ammettendo che non si tratta di un uomo "facile da mettere in piccionaia". L'Economist non dedica particolare attenzione alle ultime vicende italiane, limitandosi a citare il caso Marrazzo, il "governatore del Lazio ricattato con il video di un incontro mercenario con un transessuale". E conclude: "Ci ha messo 5 giorni per dimettersi. Ma lo ha fatto, a differenza di Mr.Berlusconi" (Asca).
"Non si può parlare di uscita. Mi auguro che non si tratti di questo, la straordinaria spinta che abbiamo avuto dalle primarie è unità. Andiamo avanti, non fare un partito vecchio ma un nuovo partito, siamo tutti impegnati in questo e speriamo che anche Rutelli si impegni". Così, il segretario del Partito democratico, Pierluigi Bersani, intervistato da Rai International. Per Bersani "il Pd è una forza di opposizione che prepara l'alternativa, il compito dell'opposizione non è solo quello di opporsi, ma anche di costruire un'altra possibilità e di questo devono essere consapevoli tutte le forze di opposizione". E fa un appello: "si ragioni per un quadro generoso di alleanze così che si possa dire agli italiani: se volete lasciare la via vecchia se ne intravede una nuova. Non sarà un percorso agevole ma credo sarà possibile fare passi avanti in questa direzione" (Asca).
"A precisazione di quanto uscito oggi su diverse agenzie di stampa, si rende noto che l'incontro tra il segretario del Pd Pierluigi Bersani e le forze che compongono la Federazione della Sinistra d'alternativa (Prc, Pdci, Socialismo 2000, Lavoro e Solidarietà) - incontro previsto per domani pomeriggio, a partire dalle ore 14.30, presso la sede nazionale del Pd di via Sant'Andrea delle Fratte - vedrà una delegazione unitaria delle forze della Federazione della Sinistra, delegazione che sarà composta da Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc-Se, Oliviero Diliberto, segretario nazionale del Pdci, e Cesare Salvi, leader della formazione politica Socialismo 2000" (Asca).
Ermete Realacci dalle pagine di 'Left' lancia un appello a Rutelli perché non lasci il Partito Democratico. L'eventuale uscita di Rutelli, ha detto Realacci, "mi sembra una sconfitta per il Pd e un brutto segnale. Condivido alcune critiche che Rutelli muove al Pd ma non l'assenza di autocritica sugli errori che lui stesso ha compiuto, né la prospettiva che indica. Una sconfitta per il Pd perché conferma che si sta restringendo la sua capacità di attrazione". Nello stesso tempo Realacci rivolge un secondo appello ai Verdi: "Penso che i Verdi avrebbero dovuto investire i loro talenti e non sotterrarli, e questo non è accaduto. Penso che le porte del Pd siano aperte anche a Bonelli. Se invece il Pd dovesse prendere strade diverse da quelle che ho indicato, beh... ragioneremo di altro". Realacci affrontando il tema delle alleanze ha poi affermato: "Prima devi preoccuparti di parlare alla maggioranza degli italiani, poi delle alleanze. Aggiungendo pezzi non si risolve il problema di contendere a Pdl e Lega il centro del sentire degli italiani. Dopo di che, siamo per il bipolarismo, non per il bipartitismo (...) I Verdi dovrebbero entrare nel Pd. Preferisco mettere in primo piano le proposte degli italiani, anziché impantanarmi nelle alchimie della politica" (Asca).
"In un momento come quello che stiamo vivendo dove qualcuno si accinge ad andarsene, voglio dire forte e chiaro che io resto in quella che credo essere casa (anche) mia". Lo afferma il sindaco di Firenze Matteo Renzi (in passato vicino a Francesco Rutelli), augurando "di cuore" buon lavoro al neo segretario del Pd Pierluigi Bersani. Bersani "ha vinto una battaglia vera, dura, impegnativa - scrive Renzi nella sua newsletter -. Tanti italiani hanno dimostrato che continuano a credere nel Pd e questo mi sembra il risultato più bello. Bersani ha vinto. Io non sono stato un suo elettore ma dico oggi con molta forza che lui è il mio segretario, che il Pd è il mio partito e che spero arrivi presto il giorno in cui vinceremo non solo le primarie ma anche le elezioni. Ho già ufficialmente comunicato che non assumerò nessun incarico ufficiale nel partito perché voglio pensare esclusivamente a Firenze. Ma in un momento come quello che stiamo vivendo dove qualcuno si accinge ad andarsene, voglio dire forte e chiaro che io resto in quella che credo essere casa (anche) mia. In quel Pd che tutti insieme abbiamo fondato. E che adesso - conclude Renzi - deve imparare a vincere e convincere. Una sfida molto bella (Asca).
"Vorrei smentire in modo categorico quanto hanno riportato oggi alcuni giornali: non ho alcuna intenzione di seguire il senatore Francesco Rutelli nel suo progetto di fuoriuscita dal Partito democratico". Lo dichiara Sandro Gozi, deputato del Pd che aggiunge: "Ho seguito la campagna delle primarie al fianco di Ignazio Marino, sono stato sostenitore e portavoce della sua mozione e la vittoria di Pierluigi Bersani non mi spinge a voler cambiare casacca, anche se speravo in un risultato diverso". "Credo che nel Pd ci sia bisogno di un radicale cambiamento, uno svecchiamento della dirigenza e un passo in più verso il riformismo. Questo però -prosegue Gozi- non mi spinge ad uscire dal partito, anzi, mi dà ancora più motivo per credere che la mia battaglia e quella di molti altri si possa combattere dall'interno". "Credo che l'Italia - conclude Gozi - abbia bisogno di un vero centrosinistra e solo con una componente innovatrice al proprio interno, che faccia opposizione seria e non disfattista, si potrà migliorare anche il nostro partito" (Asca).
Si avvia a soluzione il problema della scelta dei capigruppo di Camera e Senato del Pd. Con le dimissioni di Antonello Soro e Anna Finocchiaro l'orientamento prevalente è quello di un ricambio. La scelta però - questo è stato già deciso a larghissimo consenso - deve rispondere al criterio del "uno a uno" ovvero un bersaniano da una parte e di un franceschiniano sull'altro ramo del parlamento. Nel caso di una conferma della Finocchiaro al Senato, alla Camera le indicazioni prevalenti vanno a Giuseppe Fioroni. Una seconda ipotesi è quella di Piero Fassino alla Camera che però comporta una complicazione sul Senato dove non sarebbe facile trovare il capogruppo bersaniano e donna. Tenendo presente che nella regola del 'uno a uno' può anche rientrare (seppure se non dichiarata esplicitamente) la radice di provenienza, Ds e Margherita, il ticket che in queste ore sembra riscuotere i maggiori gradimenti sarebbe quello di Enrico Letta (bersaniano ed ex Margherita) capogruppo alla Camera ed Enrico Morando (franceschiniano e ex Ds) al Senato (Ansa).
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