La provincia risulta essere quella che attira più immigrati di tutta la Lombardia: in tutto oggi sono a quota 371mila. Lodigiano, dove approdano gli stranieri. Dal 2002 al 2007 si è registrato un aumento del 272 per cento.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Luciana Grosso, 29 ottobre 2009.
Lodi è la provincia lombarda che attira, in proporzione, più immigrati. Nel periodo compreso tra il 2002 e il 2007 la crescita della presenza di residenti stranieri è stata del 272 per cento. La più alta tra quelle delle province lombarde. Più del doppio di Milano. Nel capoluogo gli immigrati nello stesso periodo sono aumentati “solo” del 104 per cento, benché, com’è nell’ordine delle cose, il numero assoluto di stranieri sia il più alto della regione: 371mila, contro i 21.728 residenti nel Lodigiano. I dati sono stati diffusi ieri dalla Caritas, l’organismo pastorale della Cei, presieduto a livello nazionale dal vescovo di Lodi monsignor Giuseppe Merisi, che ha stilato, insieme alla Fondazione Migrantes, il “Dossier statistico 2009”. Il quadro del rapporto tocca tutti gli aspetti legati all’ingresso di stranieri in Italia e, stringendo il campo in Lombardia e nelle singole province.
Per quello che riguarda Lodi e il territorio provinciale, i residenti stranieri sono 21.728 (i dati fanno riferimento al 2008), influendo per il 9,7 per cento sul totale della popolazione provinciale. Tra di loro circa la metà, il 48 per cento, sono donne, il 27 per cento minori, e 490 sono i nuovi nati; le scuole sono frequentate da 3.919 alunni stranieri.
Nonostante la crisi, la Lombardia si è dimostrata comunque capace di accogliere i cittadini stranieri, garantendo, nella maggior parte dei casi, un lavoro e una sistemazione stabile e accettabile: lo denuncia l’indice d’integrazione calcolato dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro sulla base di dati statistici relativi all’inserimento sociale e lavorativo, “massimo” in tre province (Cremona, Mantova e Varese), “alto” in sei (Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Lodi e Milano) “medio” in due (Pavia e Sondrio).
La Lombardia è la regione a più alta percentuale di immigrati iscritti all’anagrafe. Il gesto di registrarsi agli uffici comunali, è, secondo don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana, di grande rilievo, poiché indica «la volontà di fermarsi. È un segnale del desiderio di radicarsi nelle città, eleggendole a meta del proprio percorso migratorio”. La tendenza è confermata dall’alto numero di matrimoni misti: uno ogni cinque, tra le unioni celebrate in Lombardia. «Gli stranieri che vengono da noi pensano di rimanerci - continua don Davanzo - cercano un lavoro, una casa, si sposano, anche con cittadini e cittadine italiane. Inevitabilmente, a volte, questo strumento viene usato come scorciatoia per ottenere la cittadinanza, ma denota comunque, in chi lo porta a termine, di avere maturato un progetto di lungo respiro».
Al di là delle polemiche e della difficoltà, tradizionalmente legate all’immigrazione, si tratta di un fenomeno che incide sul tessuto più vivo delle città, sulle loro economie, abitudini e cultura, in modo particolare su quelle lombarde. «Straniero non è sinonimo di pericolo o di delinquente. Con l’immigrazione dobbiamo fare i conti - conclude don Davanzo - affrontandone anche gli aspetti problematici. I vescovi chiamati a Roma dal Pontefice per il sinodo africano hanno sottolineato che le leggi migratorie restrittive violano i diritti umani. Per questo servono regole internazionali giuste e solidali. Siamo tutti chiamati ad un’assunzione di responsabilità, ad evitare su questi temi lo scontro ideologico, pensando a ciò che è meglio per tutti».La Lombardia, alla luce di questi dati, si pone come modello di integrazione possibile. I risultati economici (molte le imprese di successo condotte da stranieri), sociali (numerose le famiglie miste) e culturali (i bambini iscritti a scuola) esortano a liquidare come eccezioni le sacche di intolleranza e di delinquenza. Trascurabili e residuali forse, ma non per questo, meno esecrabili.
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