Ospedaletto. Allarme dei sindacati: «Tra i lavoratori delle cooperative c’è un clima di grande esasperazione e stanchezza». La crisi fa vacillare il gigante delle carni. Al macello Cremonini cassa a rotazione per 500 dipendenti.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 30 ottobre 2009.
Ospedaletto - Sono 518 i lavoratori dello stabilimento Inalca di Ospedaletto interessati dalla cassa integrazione a rotazione. Il provvedimento, richiesto in deroga alla Regione già nei mesi scorsi e legato all’andamento del mercato, avrà vigore fino alla fine dell’anno e riguarda tutti i dipendenti delle tre cooperative che assicurano la forza lavoro al macello più grande d’Europa. Dal 6 luglio scorso al 5 gennaio 2010 sono state richieste 10.832 ore di cassa per 305 soci lavoratori della Universal, 9.860 ore per i 141 soci lavoratori dell’Iride e 2.192 ore per i 72 soci lavoratori della King.
Anche di primo acchito è evidente come il numero di ore richiesto, in rapporto al numero di lavoratori coinvolti, sembri indicare nella cooperativa Iride quella più soggetta al ricorso alla cassa. I soci lavoratori dell’Iride sono impiegati nella macellazione delle carni, mentre i lavoratori della Universal e della King sono addetti perlopiù alla trasformazione. E proprio sul macello sembra focalizzarsi la crisi. Per una serie di ragioni tecniche e di mercato, nella seconda metà dell’anno non è più garantito il flusso continuo di animali da macellare, e quindi lo stabilimento fa sempre più spesso ricorso a carni macellate altrove che vengono poi portate a Ospedaletto per la lavorazione.
Proprio per questo motivo, il maggior ricorso alle ore di cassa integrazione è stato per i lavoratori del macello. Di fatto, i dipendenti non sono mai stati lasciati a casa, ma non si riesce più a comporre turni da 8 ore continue. In un mese si è arrivati a perdere anche una settimana circa di lavoro, con il risultato di incidere sulla busta paga, molto più leggera. Inoltre, trattandosi di cassa in deroga dalla Regione, l’azienda non è tenuta ad anticipare i soldi, e la burocrazia produce due o tre mesi di ritardo sui contributi.
«Tra i lavoratori c’è un clima di grande esasperazione e stanchezza - dice Vanna Minoia, segretario provinciale Cgil del comparto agroalimentare -. La cassa integrazione è legata proprio a un momento del mercato e non a una crisi strutturale, e anche il ricorso alle ore è stato piuttosto basso nel suo complesso. Tuttavia sono molto preoccupata perché in un pezzo dello stabilimento, la trasformazione, vedo una certa crescita, mentre nel reparto macellazione mi sembra che le cose non vadano proprio per il verso giusto».
Meno preoccupato il segretario di categoria Cisl Gianluca Grazioli: «L’apertura della cassa integrazione era stata fatta a suo tempo per un calo nella macellazione e per i timori sull’autunno - spiega Grazioli -. In realtà finora se ne fatto pochissimo ricorso ed è comunque una cassa a rotazione. Sono abbastanza tranquillo, nel senso che non ci troviamo di fronte a una crisi strutturale e quindi non vedo particolari problemi. Poi a gennaio si deciderà se andare avanti o meno con la cassa».Ancora mercoledì pomeriggio, in assemblea dei lavoratori, è stato infine riconfermato che l’azienda non ha alcuna intenzione di aprire procedure analoghe per i 133 dipendenti assunti direttamente da Inalca.
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