«No al Lodo Alfano? Così il premier sarebbe a rischio».
Rassegna stampa, Avvenire, Massimo Chiari, 17 settembre 2009.
Se la Corte Costituzionale dovesse bocciare il "lodo Alfano" «ci sarebbero danni a funzioni elettive, che non potrebbero essere esercitate con l’impegno dovuto, quando non si arrivi addirittura alle dimissioni. In ogni caso con danni in gran parte irreparabili». È netto il parere dell’Avvocatura generale dello Stato che, per conto della Presidenza del Consiglio, difende la "ratio" della legge che sospende i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato. La memoria di 21 pagine è stata depositata presso la cancelleria della Corte Costituzionale in vista dell’udienza del 6 ottobre. Il legale difende la «ragionevolezza» del "lodo Alfano" perché in grado di coordinare due interessi: quello «personale dell’imputato a difendersi in giudizio»; e «quello generale, oltre che personale, all’esercizio efficiente delle funzioni pubbliche» svolte dal premier.
Se invece la legge («non solo legittima, ma addirittura dovuta») venisse bocciata dai giudici della Consulta, c’è il pericolo che si ripeta quanto accadde a Giovanni Leone, afferma l’avvocato Nori senza mai citare apertamente l’ex presidente della Repubblica, che lasciò anzitempo il Quirinale perché travolto dalle polemiche sullo scandalo Lockheed: «Talvolta - scrive l’avvocato - la sola minaccia di un procedimento penale può costringere alle dimissioni prima che intervenga una sentenza ed anche quando i sospetti diffusi presso la pubblica opinione si sono dimostrati infondati». Ma non basta. Per l’Avvocato i tempi lunghi della giustizia in Italia trasformerebbero di fatto un procedimento a mandato in corso in una sorta di «spada di Damocle» destinata a restare sospesa per l’intera durata dello stesso.
Il mondo politico per due ore resta in silenzio e l’unico commento arriva dal Pd. «La legittimità del lodo Alfano non può essere guardata solo con la lente dell’opportunità politica e della contingenza, altrimenti si avalla la teoria delle leggi ad personam», attacca la capogruppo in commissione Giustizia alla Camera, Donatella Ferranti. Intanto per il 6 ottobre si prevede scontro. Perché la memoria depositata due giorni fa presso la Corte Costituzionale, dalla procura di Milano, rappresentata dal presidente dei costituzionalisti italiani Alessandro Pace, parla di «privilegio illegittimo» per una legge «criptopersonale».
Dunque – è il ragionamento – il lodo Alfano sarebbe «incostituzionale» come il lodo Schifani che venne bocciato dalla Consulta il 20 gennaio 2004. Si cerca di leggere i numeri e di capire come andrà a finire nell’aula delle udienze della Consulta: alcune indiscrezioni parlano di otto giudici per la bocciatura, cinque contrari, due incerti. Da quello che deciderà la Corte dipenderà del resto la ripresa o meno dei processi milanesi in cui il premier è imputato (per corruzione dell’avvocato inglese Mills e per irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi Mediaset), oltre che il procedimento fermo al gip di Roma dove Berlusconi è indagato per istigazione alla corruzione di alcuni senatori eletti all’estero nella scorsa legislatura.
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