Il direttore: una cosa è farla, un'altra è vincerla. E sarà dura.
Rassegna stampa - La Stampa, Paolo Colonnello, 15 settembre 2009.
Vittorio Feltri, direttore de il Giornale, non si pente ma rilancia: «Messaggi a Fini? Ma le pare che un bergamasco come me possa mai sognarsi di mandare messaggi mafiosi? Se devo mandare un messaggio a Fini alzo il telefono e lo chiamo come ho fatto mille altre volte».
Eppure l’avvocato Giulia Bongiorno ha dato fuoco alle polveri annunciando una querela nei suoi confronti, direttore.
«Ecco, semmai quello sì è un messaggio mafioso, perché le querele si fanno, non si annunciano. Ma come, scrivo quello che la stragrande maggioranza della gente pensa su Gianfranco Fini e tutti lì a telefonarmi a chiedermi cosa sto facendo... Lui pochi giorni fa mi ha dato del "killer" e nessuno ha mosso un dito».
E comunque come si comporterà davanti a una querela del Presidente della Camera?
«Ho già risposto con due righe sul mio giornale: l’importante non è fare querele, importante è vincerle. E in questo caso sarà molto dura per lui».
Diciamo che lei non è andato per il sottile, finisce il suo pezzo rispolverando un fascicolo a luci rossi del 2000 «su personaggi di Alleanza Nazionale». È un avvertimento?
«Ma quale avvertimento. Le cose sono semplici: se si accetta che la magistratura possa andare avanti a fare inchieste e processi bisogna stare attenti a quel che succede: oggi a me, domani a te e magari anche a lei. Io ho fatto un esempio su quel dossier del 2000. Un giornalista curioso cosa dovrebbe fare?».
Lo dica lei.
«Prende, va in tribunale, tira fuori il fascicolo e lo pubblica. Poi vediamo cosa succede».
In che senso?
«Che un processo ormai celebrato non dovrebbe far paura. Invece se si applica il teorema di prima, le cose si complicano».
Mescolare giustizia e politica non è mai saggio.
«Appunto. Secondo il ragionamento della Bongiorno che è corsa al capezzale di qualcuno allora non si può più pubblicare un fascicolo, nemmeno dire che c’è perché se no è un avvertimento? Ma noi facciamo i giornalisti...».
La accusano di fare politica.
«Io ho parlato di politica nel mio pezzo. Ho esaminato la situazione scrivendo quello che pensano tutti nel Pdl».
Ovvero?
«Che Fini fa una politica diversa da quel del Pdl, che va esattamente in senso opposto. Cos’è, un delitto? Non si può più scrivere in questo Paese? Lo dicono tutti che lui è fuori dalla linea politica del partito».
Anche Berlusconi, il suo editore.
«Se permette il mio editore è Paolo Berlusconi. E comunque quelli che scrivo io sono discorsi sentiti alla trattoria Falconi di Panteranica. Li si parla di questo. Si dice: ma dove vuole andare questo Fini?».
E a cena ad Arcore non ci va mai?
«Questa è un’illazione. Io faccio il direttore del Giornale da 3 settimane ma prima non è che facessi il postino. Comunque, dato che vivo con la scorta chieda a loro quando mi sono recato ad Arcore negli ultimi tempi. E l’autorizzo persino a controllare le telefonate del mio cellulare: se ne trova una con Berlusconi, mi dimetto domani».
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