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sabato 8 agosto 2009

Quando la fabbrica rappresenta un pezzo di vita

Il prossimo intervento sulla vicenda Innse è di Francesco Marzorati, sempre tratto dalle lettere de Il Cittadino di ieri, venerdì.
Difendono un pezzo della loro vita.
Rassegna stampa.

Potrebbe sembrare normale, ovvio, quanto accade a Milano alla Innse: operai che da 15 mesi lottano per mantenere il loro posto di lavoro, padroni interessati solo al loro profitto legato alla speculazione e non alla produzione, forze di polizia che difendono la proprietà del padrone, politici che non vogliono responsabilità, magistratura che difende la proprietà privata. Tutto normale in uno stato capitalista, anche se dice fondato sul lavoro?
Ma questo padrone si è trovato tra le mani una fabbrica produttiva capace di costruire; turbine, macchine utensili, carrelli ferroviari, componentistica navale e aeronautica il tutto per cifra di 700.000 euro e l’impegno con il governo dello stato di mantenere e potenziare la produzione e la forza lavoro.
Ma dato che il capitale è ricchezza non gratuita, logica vuole che il capitalista che presta ricchezza la voglia ritornata con profitto; ma allora perché questo stato capitalista regala ricchezza (una fabbrica e i lavoratori) e non pretende da chi l’ha avuta quasi gratis un ritorno potenziato del giusto guadagno? Perché se ne dimentica e lascia che lo speculatore faccia gli affari suoi con il beneplacito di chi invece dovrebbe indagare e agire per dovere d’ufficio?
Io che sono cittadino di questo stato capitalista sono defraudato dalle scelte politiche di coloro che hanno permesso il regalo e lo sono ulteriormente da coloro continuano a regalare qualcosa che non è loro, anzi usano la forza di polizia per difendere la scelta a favore di un solo individuo contro la ragione di molti altri.
Ma al padrone e chi lo sostiene in questi lunghi 15 mesi non è andata del tutto liscia e i 49 lavoratori, che sono persone che ragionano e lottano, hanno resistito alla sue mire di speculazione sul territorio (con il silenzio interessato del comune di Milano) e hanno finora impedito che l’operazione di smantellamento della fabbrica avvenisse nel silenzio e con facilità, hanno legato con altre fabbriche in lotta anche nella vicina Svizzera, hanno costruito l’esempio da seguire per difendere ciò che si ha di caro e necessario.
Per ognuno di noi che lavora con altre persone, la fabbrica diventa un pezzo di vita perché essa è socialità, produzione e distribuzione di ricchezza e il lavoro e la professionalità diventano strumenti di costruzione dell’uguaglianza e dei legami fra persone. Come pensare allora che si possa non difendere ciò che si ha perché si è contribuito a costruirlo negli anni, come si può pensare che si possa accettare di perderlo senza reagire con la giusta forza e convinzione, come si può pensare che si lasci distruggere un bene comune (che appartiene allo stato democratico perché non si deve accettare che 700.000 euro siano il prezzo della Innse) per il vantaggio di pochi squalificati individui?
No, non si deve lasciare che tutto avvenga senza colpo ferire, è necessario sostenere i lavoratori della Innse, perché aiutando loro a vincere aiutiamo noi stessi ad essere umani, capaci di pensiero, analisi, emozioni, sentimenti e a ritornare a lottare per il diritto a vivere in pace fra uguali.

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