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sabato 8 agosto 2009

Le lotte del 1980 alla Innocenti di Lambrate

Durante la crisi della ditta i due noti politici parlarono alle “feroci” assemblee di fabbrica. «Anche noi nella bolgia di Lambrate».
Zoppetti e Colizzi furono alla mobilitazione Innocenti nell’‘80.

Rassegna stampa - Il Cittadino di oggi.

L’Innse non è nuova alle grandi mobilitazioni sindacali. Ne sanno qualcosa due lodigiani, l’attuale presidente del consiglio comunale di Lodi Gianpaolo Colizzi e l’ex parlamentare del Pci Francesco Zoppetti. Furono i primi politici a entrare nell’allora fabbrica Innocenti di Lambrate, all’inizio degli anni Ottanta, durante una feroce manifestazione dei lavoratori che si opponevano alla cessione e alla conseguente chiusura dell’azienda automobilistica che aveva “inventato” la Lambretta e la Mini. Zoppetti fu accolto benevolmente, Colizzi si prese sputi, monetine e pure una denuncia per violazione di domicilio («ma alla fine uscii tra applausi e qualche pacca sulla spalla»). Altri tempi, certo. Le fabbriche ribollivano di rabbia e forte era l’influenza delle ali estreme, tra infiltrazioni di gruppi extraparlamentari e supporters delle Br. Ma come oggi - si era nell’80 - la fabbrica era occupata dentro e blindata fuori da poliziotti schierati in assetto antisommossa. E la voglia che animava i metalmeccanici “occupanti” era la stessa che adesso anima la restistenza passiva di Merlo e dei suoi tre compagni: quella di difendere il diritto al lavoro. «Ricordo che presi quasi subito la parola - spiega Zoppetti - davanti a una mensa traboccante di lavoratori arrabbiati. Ma per me il clima non era ostile. Allora rappresentavo come deputato il Partito Comunista, che sosteneva i lavoratori e la Fiom Cgil». Ben altro clima trovò Gianpaolo Colizzi, allora responsabile dello Psdi - e dunque rappresentante dei partiti di Governo, considerati “rei” di non fare nulla per fronteggiare la crisi dello stabilimento - per le relazioni sindacali. «La fabbrica era occupata e l’assemblea non era autorizzata - spiega -. Per cui, partecipando alla manifestazione mi presi una denuncia, poi archiviata, per violazione di domicilio. Lo feci perché all’interno dello stabilimento avevo una settantina d’iscritti al Psdi che avevano chiesto l’intervento del partito. Quando iniziai a parlare beccai parecchi fischi e perfino sputi e monetine. Era logico, per loro io “ero” il pentapartito, che governava l’Italia in quegli anni. Ma il discorso andò bene, la platea ascoltò le mie parole e alla fine uscii perfino con qualche pacca sulla spalla». E oggi, cos’è cambiato? «Virtualmente nulla. È gente che sta difendendo un diritto, quello di avere un lavoro».

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