Rassegna stampa - Il Fatto Quotidiano, Luca Telese, 13 ottobre 2009.
In questo giornale non abbiamo nostalgie per l’antifascismo militante, che negli anni di piombo si faceva spappolando a colpi di chiave inglese i crani dei ragazzini come Ramelli.
In questo giornale siamo convinti che Gianni Alemanno sia un leader eletto democraticamente, che non abbia portato manipoli di squadristi ad abbeverarsi nelle acquasantiere della Capitale. È uno stupido gioco ideologico esercitarsi negli esami del sangue al sindaco di Roma o additarlo come il figlio di un dio minore in virtù della sua storia. Al contrario: per noi c’è più affidabilità nella sua biografia post-missina, che nei vacui curriculum televisivi delle veline azzurrine con cui Silvio Berlusconi ha avvelenato il Pdl. Se si parla di violenza, questo giornale non conosce doppiopesismi: ci ripugnano tanto le coltellate a Dino (il giovane gay aggredito al Colosseo) quanto le ignobili molotov tirate ad Acca Larentia (potevano far strage di bambini, solo pochi giorni fa).
Premesso tutto questo, chiediamo al sindaco di Roma: non crede che sia (anche) necessario, con una punta di coraggio autocritico, aggiungere un epigramma di verità, al rosario delle solidarietà dovute e delle “vicinanze” istituzionali? Ci chiediamo se anche Alemanno, al pari di noi, si sia convinto che a Roma stia accadendo qualcosa di grave. Se non creda che questo incredibile rigurgito di violenza para-politica, pseudo-ideologica o semplicemente razzista, meriti una riflessione più complessa di quella che le cronache di questi giorni, i sermoni delle autorità e i discorsi di circostanza ci offrono. Ai tempi del delitto Reggiani, parte del centrodestra prosperò sull’idea balorda che l’escalation della violenza di alcuni extracomunitari dovesse essere attribuita alla giunta Veltroni. Alemanno sa, che ribaltando quel gioco, la sua giunta diventerebbe “oggettivamente” responsabile delle aggressioni omofobe e violente di questo anno (e non ci passa per la testa).
Per questo vogliamo chiedere ad Alemanno se sia consapevole che a tutte le parole di condanna che ha pronunciato, ne manchi ancora almeno una, di analisi vera. Una riflessione che rompa l’inutilità del rito. Nelle bastonate ai diversi, nelle coltellate e nelle aggressioni infami agli omosessuali, nelle teste scolpite dei teppisti che pestano i bengalesi e poi si sentono degli eroi, c’è traccia di un antico veleno. Si riconoscono una malintesa e grottesca ebrezza superomistica, una sottocultura della violenza che è (anche) figlia dello squadrismo fascista. Se Alemanno riuscisse a dirla, questa verità, le sue parole sarebbero più pesanti e utili. Ci dica anche come la vuole combattere questa violenza. Solo esorcizzando lo spettro di Svastichella, infatti, può provare a diventare il sindaco di tutti.
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