«Questo circolo a Lodi è solamente il primo».
Facce scure, nessuna voglia di parlare. A farlo per loro è uno striscione: «Le vostre fiamme non ci fanno paura; Verde Bianco e Rosso va avanti». Manifestazione di solidarietà e protesta, sabato pomeriggio, davanti alla sede semidistrutta dell’associazione culturale di destra in via San Fereolo. Alle 16 sono circa 50 i ragazzi in strada: teste rasate, braccia tatuate. Sono solo una parte dei 140 iscritti dell’associazione «Verde, Bianco, Rosso». Ma anche una decina di “simpatizzanti” arrivati da Milano. «Ora dobbiamo ricominciare tutto da zero - spiega Cinzia Fasoli, presidente del circolo - ; raccogliendo fondi». I locali sono in affitto e devono essere rimessi a nuovo. I soldi per le spese arrivano dagli stessi soci. La tessera base è di 5 euro. Una rondine bianca su fondo nero senza scadenza: sei dentro tutta la vita se vuoi. Poi ci sono i soci sostenitori che si sono tassati con una quota mensile per sostenere le spese. Entrando, sulla parete di sinistra è ben visibile un’enorme aquila, simile in tutto e per tutto al simbolo del Reich. «Per noi è simbolo di forza e di coraggio - racconta Emanuele Savini - ; quel significato storico non lo riconosciamo. La nostra è un’attività nazionalpopolare tradizionalista». Che cosa ci sia dietro quest’espressione, lo spiegano con qualche esempio degli eventi in programma: una mostra sulla seconda guerra mondiale e un ciclo di convegni sull’idealismo tedesco. «Non siamo legati a nessuna sigla, la nostra associazione è la matrice - spiega meglio Savini - : dopo un anno di attività possiamo registrarci in prefettura e fondare altri circoli in tutta Italia».
«Secondo noi è stato un gruppo di “skin” di sinistra»
«Se vuoi fare qualche domanda, vai dentro e chiedi ai responsabili. Non chiedere nulla a nessuno di loro». Insomma gli autorizzati a parlare sono solo la presidente Cinzia Fasoli, Francesco Noli, Emanuele Savini. Chiedere un commento agli oltre 50 ragazzi che intorno alle 17 affollano sia San Fereolo è un terno al lotto. Pochi tra loro disposti a parlare ma mischiandosi ai gruppetti di ragazzi i commenti si colgono. «Codardi», «Vigliacchi» e ancora la convinzione che «se ne poteva discutere». «L’avvenimento di per sé è triste - commenta Stefano di Lodi - ; dimostra che non esiste un confronto, ma certo quest’episodio non ci ferma». Sui colpevoli dicono di avere le loro idee, ma non si esprimono. Qualcuno accenna a un gruppo di «antagonisti»: una cellula di «skin» di estrema sinistra, attiva anche nel territorio. «È assurdo che si parli solo di noi, che ci abbiano classificato in modo negativo solo perché abbiamo deciso di uscire allo scoperto, di manifestare il nostro pensiero in un luogo deputato al confronto e allo scambio - racconta Luca di Lodi, sotto lo sguardo vigile di un altro socio che controlla ogni parola - : qui si veniva a vedere una partita, ma anche a condividere lo stesso ideale di vita». Per qualcuno, «il disastro è iniziato dalla definizione di «circolo di estrema destra» della stampa»; per qualcun’altro tutto questo non parte da Lodi. E anche sabato c’erano ragazzi arrivati da Milano per manifestare solidarietà, ma su questo punto non è possibile approfondire. La situazione si fa più tesa: le domande dei giornalisti non sono bene accette. «Se vuoi sapere qualcosa vai dentro, non gironzolare qua fuori, non chiedere a nessun’altro». Ma alla fine chi parla viene richiamato con toni da imperativo categorico. E obbedisce.
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