Rassegna stampa - Avvenire, 22 novembre 2009.
La bocciatura europea di Massimo D’Alema per l’incarico di ministro degli esteri della Ue ha aperto nuove brecce nella polemica fra gli schieramenti e all’interno del Pd. Dal Golfo Persico dove si trova in visita ufficiale, il presidente del Consiglio non è voluto entrare nella discussione e si è limitato a precisare che le nomine europee sono state «l’unica scelta possibile per mettere d’accordo 27 Paesi. Un accordo premiante con persone di valore che sapranno certamente fare molto bene».
Analogamente il ministro degli Esteri Franco Frattini ha sottolineato di conoscere «molto bene» il nuovo capo della diplomazia europea, Catherine Ashton. I giudizi negativi formulati su di lei «sono ingenerosi. Sarà un rappresentante competente e preparato. Il fatto che non sia molto conosciuta non vuol dire che non sia capace». Il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli ha voluto ricordare che «tutto il governo» ha appoggiato «lealmente» la candidatura di D’Alema, «tutto il governo meno uno». Una lealtà (al di là del ministro dissenziente), quella del Pdl nei confronti di D’Alema, che viene confermata dai due capigruppo Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri. Per quest’ultimo, «Berlusconi ha agito in ogni sede per ottenere il risultato. Anche il presidente della Camera Fini ha agito con generosità e spirito di coesione nazionale. D’Alema è stato tritato dai socialisti europei. Forse ha pesato non tanto il passato comunista quanto il presente, in particolare la passeggiata a Beirut con gli hezbollah». Il vero problema sembra nascere adesso nel Pd, in particolare riguardo alla sua collocazione in Europa. Ora, secondo Francesco Rutelli, gli eletti del partito al Parlamento europeo «sarebbero saggi a lasciare il gruppo socialista. Il voltafaccia nei confronti di D’Alema conferma in pieno la mia diagnosi sulla assurdità dell’approdo socialista del Pd».
Dall’interno del partito Paolo Gentiloni e Giorgio Merlo invitano a fare una seria discussione per comprendere quale sia il giusto «approdo politico culturale europeo» per «non annullare la novità politica del Pd in un Pse debole».
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