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giovedì 22 ottobre 2009

Signori si taglia

La Provincia vuole tagliare le spese e avere più soldi per le emergenze.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Alberto Belloni, 22 ottobre 2009.

Signori si taglia. Dove e come, vero nodo della faccenda, resta ancora da capire, ma l’obiettivo annunciato a tutti i settori e gli uffici provinciali dell’assessore al bilancio Cristiano Devecchi è chiara: le spese di palazzo San Cristoforo, nel 2010, dovranno diminuire del 20 per cento. «Dobbiamo restare ben incollati alla realtà, è un momento di crisi e ora più di prima una pubblica amministrazione deve agire sotto il profilo della sobrietà - conferma l’assessore -. I settori avanzano le loro richieste finanziarie sulla base di progetti che intendono migliorare l’ente e offrire servizi ai cittadini: per questo motivo è sicuramente difficile fare delle scelte, perché tutto appare indispensabile, ma la nostra capacità come ente e come amministratori deve essere quella di individuare le necessità più impellenti e operare su quelle». Nell’attesa delle strategie sui tagli («Il 20 per cento netto rispetto alle spese dello scorso anno»), Devecchi comunque qualche investimento a breve termine lo annuncia ugualmente. La destinazione? Il fondo anti crisi, indispensabile per alleviare i disagi dei lavoratori colpiti dalla recessione, ormai pressoché esaurito: «Il fatto che sia rimasto a secco è una pessima notizia: ognuno dovrà fare la sua parte per porvi rimedio, la provincia cercherà di dare l’esempio e già entro Natale, grazie al rigore contabile che cerchiamo di mantenere, ci diamo l’obiettivo di pompare risorse nel fondo. Con quanto? Non voglio fare l’indovino per poi magari dovermi smentire: sicuramente però sarà il massimo possibile».
La possibile fonte da cui attingere potrebbe essere la quota riservata alla provincia dalla convenzione con Sorgenia sulla centrale, presentata ufficialmente ai sindaci interessati proprio a inizio settimana: l’accordo, infatti, prevede per le casse di palazzo San Cristoforo l’iniezione di un “tesoretto” da quasi 1,5 milioni di euro.

La questione passerà probabilmente sui banchi del ministero: dopo 13 ore di discussione non è stata risolta la controversa questione delle indennità di buonuscita. Dramma Akzo Nobel, una convulsa giornata di trattative. Manager, rappresentanze interne e sindacati non hanno ancora trovato l’accordo definitivo.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Alberto Belloni, 22 ottobre 2009.

Dalla “maratona” in Assolodi per trovare un accordo alla... marcia su Roma per portare il caso sui banchi del governo. Si è risolto così, tra un successo politico in prefettura e una faticosa riapertura delle trattative, il lunghissimo tavolo di confronto tenutosi ieri tra i dirigenti dell’Akzo Nobel di Fombio e i rappresentanti dei circa 170 lavoratori che il 30 giugno prossimo perderanno il proprio posto di lavoro. Dopo il brusco stop dell’8 ottobre scorso, azienda e parti sociali hanno discusso per quasi tredici ore nel tentativo di ricucire lo “strappo” causato dalle diverse opinioni sul discorso buonuscite, che i sindacati vorrebbero discutere separando le posizioni delle mobilità volontarie da chi rimarrà a Fombio fino alla fine (e subordinandole comunque ai discorsi sulla ricollocazione) ma che l’Akzo si era invece detta determinata a risolvere in un unico pacchetto. Così, in coda a due settimane di “gelo” e a due giorni di sciopero della fame, i manager dello stabilimento, i sindacati e le rsu si sono confrontati dalle 9 del mattino fino alle 22, con i rappresentanti italiani dell’Akzo chiusi a più riprese in una sorta di conclave per incollarsi a un telefono, chiamare l’Olanda e discutere direttamente con i vertici della multinazionale le possibili aperture o meno alle richieste dei sindacati. Il risultato? Dello “spezzatino” chiesto dai rappresentanti dei lavoratori, forse, si potrebbe anche parlarne, anche se di cifre e ulteriori dettagli, per ora, non ne trapelano. Tanto che, a conti fatti, la conquista più concreta i lavoratori sembrano averla guadagnata dall’altro evento “clou” della giornata, il vertice tenuto alle 15 in prefettura, dove ascoltati azienda, parti sociali e istituzioni locali (provincia di Lodi in testa, presente con il presidente Pietro Foroni) il prefetto Peg Strano Materia ha deciso di chiedere al ministero di convocare un tavolo anti crisi, nel quale valutare assieme ai massimi dirigenti della multinazionale olandese tutte le strade possibili per contenere gli effetti dell’ennesimo dramma occupazionale che si sta abbattendo sul Lodigiano. La novità, per i sindacati, è importante: analogamente a quanto avvenuto per il sito bresciano di Ideal Standard, infatti, l’auspicio è che con la mediazione del governo si possano strappare all’Akzo nuove opportunità di ricollocazione, magari attraverso il mantenimento in attività di alcune unità produttive, obiettivo tuttora in cima all’agenda dei rappresentanti dei lavoratori e già parte delle trattative avviate in Assolodi con l’azienda. «Il vertice dal prefetto è stato positivo e ha sortito l’effetto che volevamo: adesso con l’azienda abbiamo due tavoli di confronto», ammette soddisfatto il segretario provinciale Uilcem, Francesco Montinaro, che pur senza rilasciare commenti sul confronto diretto con l’azienda lascia intendere che il dialogo, in Assolodi, per il momento resta aperto. Dall’Akzo, come detto, i sindacati si aspettano comunque soprattutto segnali sul fronte occupazionale: solo parallelamente, e in fasi separate, si può discutere di bonus e incentivi, partita sulla quale le parti sociali oltre a una effettiva disponibilità a dividere il pacchetto stanno aspettando che Akzo formalizzi l’entità della cifra complessiva che intende mettere sul piatto tra chi lascerà subito. Anche le prime schermaglie, d’altronde, avevano fatto registrare alti e bassi, con l’azienda a reclamare un’adeguata attenzione ai livelli produttivi ancora attivi ma pronta ad annunciare, per il gennaio prossimo, la ricollocazione di 8 dipendenti in un reparto per la plastica a Cavenago, dove l’Akzo ha sostanzialmente affittato parte di un magazzino di un’azienda locale. Sul futuro delle produzioni della multinazionale, però, erano nel frattempo trapelata un’altra indiscrezione inquietante, scoperta per l’ennesima volta attraverso un documento intranet sbucato chissà come negli uffici di Fombio. Il contenuto? La cessione della “business unit” Dap (vernici per elettrodomestici e caloriferi) alla Basf, ritenuta da Akzo più adatta a soddisfare le esigenze dei clienti rispetto al ventilato trasloco delle produzioni verso la Turchia: un’ipotesi (o verità) effettivamente plausibile con il piano di razionalizzazione-smembramento intrapreso dalla multinazionale anche in altri stabilimenti. Lo stallo nelle trattative, intanto, ha indispettito non poco parte della rappresentanza dei lavoratori che ieri mattina, approfittando delle quattro ore di sciopero si è recata davanti ad Assolodi per l’ormai tradizionale presidio. Qualcuno, infatti, ha caldeggiato all’Rsu forme di protesta più forti per sollecitare all’azienda quelle risposte che, all’alba di mezzogiorno, non erano ancora arrivate, e che si sarebbero fatte attendere per tutta la giornata; il tutto, beninteso, nell’attesa che l’Akzo formalizzi nero su bianco anche quelle prime concessioni (premio produzione, stipendi inalterati, possibilità di reimpiego in alti siti italiani ed esteri dell’azienda) promessi nei primi e più produttivi confronti con i sindacati e l’Rsu.
Gli esiti della “maratona” verranno comunque illustrati nei dettagli stamane all’assemblea dei lavoratori, che a mezzogiorno e mezzo riceveranno anche la visita di solidarietà di Rosy Bindi. Quasi in contemporanea, intanto, del caso Akzo si parlerà anche a Roma, nella Commissione attività produttive della Camera, dove il parlamentare lodigiano Andrea Gibelli (presidente della stessa commissione) presenterà al governo la sua “question time” sulla vicenda.



Il prefetto in campo: «Il governo deve intervenire».
Rassegna stampa - Il Cittadino, 22 ottobre 2009.

Il tavolo governativo anti crisi con i massimi vertici dirigenziali dell’Akzo è sempre più vicino. A promuoverlo provvederà il prefetto di Lodi, Peg Materia Strano, che ieri ha convocato l’azienda, le parti sociali e le istituzioni locali per cercare di dare una svolta alla drammatica situazione dei circa 170 dipendenti attesi entro il giugno prossimo dalla chiusura dello stabilimento di Fombio: «Si è visto che la problematica trascende il semplice livello locale e che è necessario un intervento a più ampio livello ministeriale - conferma il prefetto -. Farò partire immediatamente una comunicazione al ministero competente per prospettare la situazione: è assolutamente necessario difendere le prospettive occupazionali dei lavoratori del Lodigiano, senza mortificarlo né svenderlo rispetto ad altri. Intanto sottolineo la coesione tra prefettura, sindacati, amministrazione provinciale e sindaci, indipendentemente dai colori politici». Pietro Foroni, presidente della provincia di Lodi, è soddisfatto e battagliero: «Il profilo occupazionale è la priorità e l’esigenza di portare la vicenda a livello ministeriale nasce dal fatto che abbiamo già sofferto tantissimo e non possiamo permetterci altre deficienze. In più, l’Akzo non può pensare di lasciare l’area così: non ci basta semplice messa in sicurezza, ma chiederemo molto di più, soprattutto qualora abbandonassero il discorso occupazionale. Boemo (direttore dello stabilimento di Fombio, ndr) non mi ha convinto con le sue argomentazioni economiche: siamo stati trattati come una lametta usa e getta, ma se servirà mostreremo i muscoli». Foroni promette sostegno totale ai sindacati, a loro volta determinati a non cedere terreno: “Abbiamo chiesto tutti due cose, la salvaguardia occupazionale, con o senza Akzo, e in subordine le trattative sul piano economico - spiega Mario Uccellini, segretario provinciale Cisl -. Abbiamo ricordato espressamente come annunciando la chiusura di Fombio l’azienda aveva detto che avrebbe lavorato condividendo le soluzioni con i sindacati, e adesso lo pretendiamo. Non possono obbligarci a una trattativa che si chiuda oggi, vogliamo seguire quello che accadrà da qui a giugno con un accordo a fasi: una di queste può anche chiudersi al 31 dicembre, ma il resto dovrà considerare quello che succederà da gennaio in avanti».
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