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sabato 19 settembre 2009

L'uscita del sei sulla ruota di Kabul

Da Kabul a Pordenone: quando l'integralismo uccide.
Terrorismo, la partita doppia tra l'Islam e l'Occidente.

Rassegna stampa - Qn, Bruno Vespa, 19 settembre 2009.

Per capire le ragioni che ci trattengono a Kabul a otto o anni dall'abbattimento delle Torri Gemelle proviamo ad affiancare i corpi dei sei parà della Folgore a quello di Sanaa, la ragazza marocchina uccisa a Pordenone dal padre perché conviveva con il fidanzato italiano. La madre di Sanaa, come sappiamo, ha trovato legittimo il delitto. Non importa se l'abbia fatto per convinzione o per paura di rappresaglia e d'isolamento nella propria comunità. L'ha fatto e questo ci fa tornare alla mente il passo di un saggio di Bernard Lewis, il maggiore islamista vivente: «Dal punto di vista musulmano la conversione all'Islam è un beneficio per il convertito e un merito per chi lo converte. Secondo la legge islamica, la conversione dall'Islam a un'altra religione è apostasia: passibile di pena capitale per chi si è fatto traviare quanto per chi ha traviato».
La vicenda che si gioca tra Kabul e Pordenone è soltanto l'ultima, piccola, tragica mossa di una partita mortale tra l'Occidente e l'area più estrema dell'Islam. La strage dell'11 settembre era, per Osama Bin Laden, la tappa di un cammino di vendetta per lo sfregio che l'Islam ritiene di aver subito negli ottanta anni precedenti, cioè da quando Francia e Inghilterra negli anni Venti si sono spartite le aree d'influenza nel Medio Oriente e da quando negli anni Trenta l'Arabia Saudita ha consentito agli occidentali di partecipare allo sfruttamento delle proprie immense risorse petrolifere.
Dopo la strage alla stazione di Madrid dell'11 marzo 2004 (duecento pendolari uccisi), Al Qaeda annunciò che nei propri programmi c'era il rovesciamento degli equilibri mondiali stabiliti con la pace di Vestfalia. Qui nel 1648 si mise fine alla guerra dei Trent'anni tra Francia e Impero tedesco stabilendo l'accordo tra le potenze cattoliche e quelle protestanti e consacrando il principio della libertà religiosa. Con quali mezzi Al Qaeda intendeva sovvertire un ordine in piedi da 450 anni? La risposta è in un documento del 1993: «Con gli ideali dell'assassinio, delle bombe, della distruzione, la diplomazia della mitragliatrice e del cannone». Lewis ricordò che se per i musulmani è legittimo governare gli occidentali (come è accaduto più volte nei secoli), il contrario è proibito.
La guerra per la riconquista dell'Occidente perduto non è mai cessata. Il ricordo delle Torri Gemelle è ancora vivo, ma abbiamo dimenticato le terribili stragi del 2003 e del 2004 alla metropolitana di Londra e alla stazione di Madrid in cui furono coinvolti musulmani di seconda generazione: tra chi ha messo le bombe c'erano cittadini britannici e spagnoli. Noi finora ci siamo salvati da rappresaglie del genere, ma la formidabile pressione migratoria che esploderà nei prossimi decenni ci metterà in condizioni molto difficili.
L'Italia e l'Occidente devono dunque giocare la partita su due piani, quello internazionale e quello interno. Ma vincere sul primo è indispensabile per affrontare il secondo. Prima dell'arrivo delle forze multinazionali, l'Afghanistan era la base operativa di Al Qaeda. Quel regime terrorizzava gli abitanti con una repressione disumana. Fatti loro, dice qualcuno. Non si esporta la democrazia dove non è gradita. Giusto, se il vecchio regime afghano non avesse avuto come ragione sociale di far saltare in aria l'Occidente. Naturalmente le campagne militari possono farsi in tanti modi e in 8 anni gli americani hanno commesso molti errori.
Oggi Obama vuole chiudere presto la partita uscendo dalla vicenda con la faccia pulita. E noi con lui. Non illudiamoci che la exit strategy sia dietro l'angolo. Prima di trovare una strategia d'uscita, occorre trovare una strategia. Forse la via italiana è la migliore. Potenziare insieme con gli sforzi militari l'azione umanitaria che tanta riconoscenza ci sta procurando presso la gente di Herat, l'area ovest dell'Afghanistan grande quanto l'Italia settentrionale. Ma guai a considerare quella una guerra inutile. Guai, come fanno certi avvoltoi, a festeggiare l'uscita del sei sulla ruota di Kabul nella speranza di una nostra Caporetto afghana. Lì non stiamo facendo gli imperialisti d'attacco. Lì stiamo difendendo il futuro dei nostri figli.
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1 commento:

  1. Mamma mia!
    Non sopporto Vespa a Porta a porta ma come giornalista è peggio ancora. Apocalittico!!!
    Cosa tirerà fuori ancora per giustificare la nostra presenza in Afghanistan? Le guerre spaziali? La Morte Nera? E poi il buon gusto!!! "l'uscita del sei sulla ruota di Kabul"!!! Una battuta, questa sì, da avvoltoio. "Lì stiamo difendendo il futuro dei nostri figli" e vai!!! Ma lo fa o lo è? Già ma uno che vende i suoi libri a migliaia di allocchi, finisce col credere che tutti sono allocchi. Mi consenta!!!

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