Nuovi attacchi ai magistrati per condizionare gli sviluppi di indagini in corso.I pm Ingroia e Boccassini sotto tiro,Verdini (Pdl): sono nemici di Berlusconi.Rassegna stampa - Liberazione, Gemma Contin, 11 settembre 2009.Giustizia sotto scacco, anche ieri nel mirino dei vertici governativi, con un attacco personale al procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e alla pm di Milano Ilda Boccassini, colpevoli, secondo il coordinatore del Popolo delle Libertà Denis Verdini, il primo di «essere andato a presenziare e a celebrare la nascita de Il Fatto, quotidiano di Antonio Padellaro e Marco Travaglio più antiberlusconiano che ci sia»; la seconda, «la cui ostilità a Berlusconi e al suo partito tutti conosciamo».
A parte le sgrammaticature del comunicato con cui Verdini rincalza un attacco istituzionale mai visto, è evidente che siamo di fronte a una forma di delirio allucinatorio di chi, avendo forse di che preoccuparsi, vede insidie ovunque e si sente vittima predestinata dei "poteri forti" rappresentati dalla magistratura, dall'informazione e dai soliti comunisti.
Nello sconnesso documento, neppure riveduto da quel noto correttore di bozze di Paolo Bonaiuti, il coordinatore del Pdl scrive: «Leggiamo da alcuni quotidiani che un gruppo di magistrati avrebbe "rispolverato" una pista per accusare Berlusconi delle peggiori nefandezze mafiose, e che, per confermare uno scenario talmente inverosimile che in 15 anni non ha avuto la dignità di uno straccio di prova, tornano a puntare l'indice contro Marcello Dell'Utri, il quale sarebbe stato indicato come collegamento tra Forza Italia e Cosa Nostra da un pentito e dal figlio dell'ex sindaco di Palermo Ciancimino sulla base non di prove ma di sentito dire e deduzioni».
Non basta, Verdini scende sul piano personale per dire: «Sarebbe semplice dare a Marcello Dell'Utri un segno della mia fraterna amicizia, della mia immutata stima e solidarizzare con lui per l'ennesimo vergognoso attacco giudiziario. Ma poi leggo i nomi di almeno due dei magistrati che secondo i quotidiani sarebbero al lavoro per cercare di dimostrare che Forza Italia sarebbe sorta anche nell'interesse della mafia e mi viene quasi da sorridere, se non fosse grave e drammatico l'attacco politico lanciato da alcuni magistrati attraverso lo strumento della lotta giudiziaria».
Sembrerebbe che l'assalto non sia quello portato da Berlusconi ai giudici e soprattutto ai pm, accusati davanti alla platea degli industriali tessili alla Fiera di Milano, proprio dall'uomo che usa i voli di Stato per far accompagnare le sue ospiti nelle sue residenze, di «sprecare i soldi pubblici in indagini inutili e contro di noi». Sembrerebbe che a essere presi di mira da chi controlla il potere esecutivo non siano i magistrati e la loro autonomia - quella di esercitare il potere giudiziario in modo indipendente dalla politica, e cioè tenendo le distanze dal governo e dallo stesso Parlamento, secondo la Costituzione - ma che viceversa sia il povero Silvio Berlusconi ad essere sempre nel mirino dei magistrati, che lo punterebbero per le sue amicizie pericolose: quelle con l'avvocato David Mills, condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi per corruzione in atti giudiziari, avendo i giudici ritenuto provati i fatti di corruzione e in particolare quello di aver ricevuto da Fininvest una mazzetta di 600 mila dollari per testimoniare il falso in due processi nei quali era imputato il premier, la cui posizione giudiziaria è stata stralciata grazie al "lodo Alfano"; e quelle con il senatore Dell'Utri, condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e con una condanna confermata in Cassazione per false fatture e frode fiscale ai tempi in cui era alla guida di Publitalia, patteggiata in 2 anni e 3 mesi.
L'alzata di tiro nasconde però dell'altro: una strategia che mira a modificare, nel sentimento comune e nel modo di percepire la giustizia da parte dei cittadini, le figure dei magistrati, anche sul piano personale oltre che per il ruolo istituzionale svolto, prima ancora di aver varato quella riforma e forse proprio al fine di forzarla. Una strategia "eversiva", verrebbe da dire "piduista". Ed è proprio quel richiamo allo «spreco di soldi pubblici per indagini inutili e contro di noi» che ne svela i risvolti occulti: un potere che non stando sotto l'ombrello diretto del governo (a vocazione peronista) deve essere metto sotto tutela, tenuto sotto osservazione, bacchettato appena alza la testa, svuotato della sua autonomia, sconfessato in ogni modo possibile. Sia con atti di delegittimazione istituzionale (Berlusconi) sia con attacchi personali (Verdini) che con intimidazioni preventive.
Ieri in difesa dei giudici è insorto il segretario dell'Associazione nazionale magistrati Giuseppe Cascini: «Al presidente del Consiglio non deve mai scappare detto nulla di sbagliato perché le sue parole hanno conseguenze istituzionali ed effetti dirompenti nel sistema - ha detto - e quando ricorda i latitanti catturati e i miliardi di euro sequestrati alla mafia, Berlusconi dovrebbe ricordare che il merito principale è della magistratura e delle forze dell'ordine impegnate sul territorio». Ma ieri, dopo le uscite di un premier fuori controllo, sono intervenuti anche i componenti laici di centrosinistra del Csm, Vincenzo Siniscalchi, Mauro Volpi, Letizia Vacca e Celestina Tinelli, chiedendo che si apra una pratica «a tutela dell'indipendenza e del prestigio dei magistrati e della funzione giudiziaria». E in una lettera al Consiglio superiore della magistratura, il Quirinale «auspica che l'esame delle pratiche a tutela avvenga con serenità ed equilibrio, in linea con l'esigenza di fare responsabile e prudente uso di un istituto che... si giustifica solo quando è indispensabile per garantire la credibilità dell'Istituzione nel suo complesso da attacchi così denigratori da mettere in dubbio l'imparziale esercizio della funzione giudiziaria».
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