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lunedì 7 settembre 2009

Far tacere i cattolici

Come l'intellighenzia già forzista rappresenta il caso Feltri (come è giusto, pane al pane, denominare la vicenda Boffo).
Caso Boffo e dintorni. Ecco qual è la vera posta in gioco.
Rassegna stampa - Ragionpolitica.it, Gianteo Bordero, sabato 05 settembre 2009.

Molti commentatori hanno scritto in questi giorni che «il caso Boffo ha riportato al centro dell'attenzione il tema dei rapporti tra Stato italiano e Chiesa cattolica». Vero. Ed è ancor più vero se si inverte l'ordine dei due soggetti chiamati in causa. Per cui la frase andrebbe riformulata in tal modo: «Il caso Boffo ha riportato al centro dell'attenzione il tema dei rapporti tra Chiesa cattolica e Stato italiano». Ossia: il punto nevralgico della questione non è solo quello della qualità delle relazioni tra Repubblica italiana e Santa Sede, ma anche e soprattutto quello della posizione con cui la Chiesa si pone di fronte alla realtà politica del nostro paese e si rapporta con l'attuale maggioranza e l'attuale governo.
È su questo punto che occorre focalizzare l'attenzione. Partendo da un'autorevole presa di posizione come quella del direttore dell'Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, il quale, intervistato il 31 agosto da Aldo Cazzullo del Corriere della Sera, ha criticato l'Avvenire per essersi troppo esposto, nelle ultime settimane, nella battaglia politica italiana, e per aver assunto posizioni che hanno creato un certo imbarazzo Oltretevere. Non si è trattato soltanto dei giudizi espressi sulle vicende riguardanti la vita privata del presidente del Consiglio (Vian ha rivendicato con orgoglio la bontà della scelta dell'Osservatore, che, al contrario del quotidiano della CEI, non ha scritto «nemmeno una riga» in merito a tali vicende), ma anche di prese di posizione come quelle sull'immigrazione, culminate con l'editoriale del 21 agosto di Marina Corradi sulla tragedia degli eritrei morti in mare. Si è chiesto Vian: «Non si è forse rivelato imprudente ed esagerato paragonare il naufragio degli eritrei alla Shoah, come ha suggerito una editorialista del quotidiano cattolico? Anche nel mondo ebraico, ferma restando la doverosa solidarietà di fronte a questa tragedia, sono state sollevate riserve su questa utilizzazione di fatto irrispettosa della Shoah. E come dare torto al ministro degli Esteri italiano quando ricorda che il suo governo è quello che ha soccorso più immigrati, mentre altri - penso per esempio a quello spagnolo - proprio sugli immigrati usano di norma una mano molto più dura?». Insomma, l'errore di Avvenire è stato quello di abbandonare una linea di prudenza ed equilibrio in materie che invece l'avrebbero richiesta, e di dare l'impressione di aver sposato la crociata di alcuni giornali italiani contro il premier e il governo. Mentre la verità - ha spiegato ancora Vian - è che «i rapporti tra le due sponde del Tevere sono eccellenti».
E che rimangano tali è interesse non soltanto del governo italiano, ma anche della stessa Chiesa cattolica, come ha ben spiegato con il suo solito stile pungente, sempre sul Corriere della Sera, il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga. Alla domanda di Cazzullo sui rapporti tra Stato e Chiesa, il Picconatore ha risposto affermando che «l'Italia è uno Stato concordatario. E non c'è nessun motivo di bisticciare con uno Stato concordatario. Il Vaticano - ha proseguito - si occupa del mondo, e fronteggia una situazione drammatica. Benedetto XVI e Bertone si occupano di Obama, che nonostante le promesse si circonda di cattolici pro choice, cioè abortisti. Dell'America Latina, su cui si allunga l'ombra rossa di Chavez. Dell'Europa, dove persino i cattolici belgi si ribellano al Papa sul "no" ai preservativi. Del Ppe, che è in mano alla Merkel, protestante che si è sposata solo per obbedire a Kohl, ai popolari spagnoli, che introdussero i diritti per le coppie di fatto prima ancora dei socialisti, e a Sarkozy e Carla Bruni...». Conclusione: «L'unico che non dà problemi al Vaticano, anzi lo asseconda, è Berlusconi».
Per questo non è piaciuta Oltretevere la linea editoriale che in questi ultimi mesi è stata fatta propria dall'Avvenire, una linea che è apparsa appiattita sulla campagna anti-governativa proprio nel momento in cui sono in gioco alcuni importanti dossier che stanno particolarmente a cuore ai vertici ecclesiali: la legge sul fine vita, le agevolazioni per le famiglie, i finanziamenti alle scuole cattoliche, per non parlare della questione RU486 e di quella dello status degli insegnanti di religione dopo la recente sentenza del TAR del Lazio. Il quotidiano della CEI ha quindi scelto il momento meno opportuno per prendere posizioni così nette contro un governo che il Vaticano reputa «amico» e con il quale ha un rapporto di leale collaborazione e confronto.
Del resto, non è una novità il fatto che destino più di una preoccupazione, nel Palazzo Apostolico, le continue esternazioni anti-esecutivo da parte di singoli rappresentanti dell'episcopato italiano, che finiscono per essere presentate come la posizione ufficiale della Chiesa sulle materie che di volta in volta investono il dibattito pubblico. Il problema è che attualmente manca, all'interno della Conferenza Episcopale, un indirizzo unitario, e le parole pronunciate in modo ragionato ed autorevole dal cardinale Bagnasco in occasione delle Assemblee ufficiali della CEI, che dovrebbero essere fatte proprie, come punto di sintesi, da tutti i vescovi, finiscono purtroppo, non di rado, per essere sovrastate, dal punto di vista mediatico, dalle dichiarazioni ad effetto di questo o quel presule. Finita la lunga presidenza del cardinal Camillo Ruini, che con la sua abilità politica e il suo carisma era riuscito a comporre e superare le divisioni presenti nell'episcopato, facendo della CEI un soggetto attivo politicamente sui temi cari alla Chiesa ma mai schierato in modo dogmatico con un partito o con l'altro, oggi la situazione appare più magmatica e difficile da gestire. E non è un caso se, sin dal giorno dell'insediamento del cardinal Bagnasco alla presidenza della Conferenza Episcopale, il segretario di Stato di Benedetto XVI, cardinal Tarcisio Bertone, abbia manifestato al successore di Ruini l'intenzione della Santa Sede di voler assumere su di sé la guida dei rapporti con lo Stato italiano: «Per quanto concerne i rapporti con le istituzioni politiche - scriveva il 25 marzo 2007 Bertone nella lettera di saluto al nuovo presidente della CEI - assicuro fin d'ora a Vostra Eccellenza la cordiale collaborazione e la rispettosa guida della Santa Sede, nonché mia personale».
Alla luce degli avvenimenti degli ultimi giorni e delle dimissioni di Dino Boffo, è probabile che la Segreteria di Stato scelga di entrare in maniera decisa nella partita della nomina del nuovo direttore di Avvenire, per sistemare un altro tassello della strategia delineata dalle parole di Bertone a Bagnasco, secondo la quale i rapporti con lo Stato italiano devono essere gestiti in primis dalla Santa Sede e la CEI è tenuta almeno a non fare il controcanto alla linea vaticana. La critica all'eccessivo peso e potere dato alle Conferenze Episcopali nel post-Concilio, del resto, è da tempo uno dei «cavalli di battaglia» dell'attuale pontefice: ancora cardinale, Ratzinger ha più volte parlato in modo chiaro della necessità di ridimensionare tali organismi, che rischiano di appesantire burocraticamente la vita ecclesiale e di lasciar passare l'idea che le Conferenze abbiano in ogni singola nazione un'autorità dottrinale e canonica che spetta invece solo al Papa. Nessuno stupore, dunque, se nel futuro prossimo assisteremo a decisioni e provvedimenti che vanno in questa direzione.
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