FATTI E PAROLE

Foglio virtuale quotidiano di Brembio e del suo territorio

http://www.fattieparole.info

Si può leggere l'ultimo numero cliccando sopra, sull'immagine della testata o sul link diretto, oppure cliccando qui.
Ogni nuovo numero esce nelle ore serali, ma dopo le 12.00 puoi già leggerlo mentre viene costruito cliccando qui.

FATTI E PAROLE - ARCHIVIO
www.fattieparole.eu

La parola al lettore

Le tue idee, opinioni, suggerimenti e segnalazioni, i tuoi commenti, le tue proposte: aiutaci ad essere un servizio sempre migliore per il nostro paese.

Puoi collaborare attivamente con noi attraverso questo spazio appositamente predisposto - per accedere clicca qui - o anche puoi scriverci cliccando qui.

venerdì 28 agosto 2009

Warfare pubblicitario

Le notizie scremate da Google News Italia.
Gratis è bello. Quanto libero non si sa.

Rassegna stampa - Articolo di Alessandro Zaccuri, Avvenire di oggi.

Ce lo ripetono da anni e ormai un po’ ci siamo convinti: alla fine quello digitale sarà un mondo perfetto e trasparente, dominato dai princìpi della gratuità e della semplicità.
Non ci sarà più neppure bisogno di connettersi, perché l’essere umano sarà cablato alla nascita. Dopo di che basterà meno di un clic e avremo quello che ci serve.
Subito, senza sforzo e senza necessità di pagare. Per il momento, purtroppo, il mondo digitale conserva ancora diverse imperfezioni che lo accomunano al mondo reale. Se in rete qualcosa è gratis, per esempio, non è perché non costa nulla, ma perché qualcuno, in qualche modo, sta pagando. Questione complessa, destinata a complicarsi ancora di più se ci si sposta nel territorio dell’informazione. A chi appartengono le notizie che circolano sul web? Secondo gli internauti più intransigenti le news sono di chi le legge, con tante grazie ai servizi di aggregazione che permettono di organizzare veri e propri giornali virtuali, personalizzati e in continuo aggiornamento. Semplice, no? E gratuito, oltretutto. In realtà l’operazione non è così immediata, né a costo zero. Se ne sono resi conto gli editori italiani, che da tempo contestano i criteri adoperati da Google News, il più diffuso e stimato fra gli aggregatori di notizie: la selezione viene effettuata attingendo ai siti di quotidiani e periodici, che non sono in alcun modo remunerati per il materiale che forniscono. Le testate sono libere di sottrarsi a questa campionatura, ma così facendo si troverebbero automaticamente escluse dal motore di ricerca. Una situazione sulla quale ora ha deciso di indagare l’Antitrust, per la quale il comportamento di Google sembra profilare un quadro di posizione dominante. Il popolo della rete non l’ha presa bene. Forum e blog già parlano di censura, come sempre accade quando si accenna a una qualsiasi forma di restrizione nella libera prateria di Internet. Nella quale, in effetti, le recinzioni sono già presenti da tempo e con esse i legittimi profitti che operatori come Google riescono a raccogliere canalizzando contatti e introiti pubblicitari. Anche nel mondo digitale, infatti, se qualcuno paga, qualcuno guadagna. Il vero problema, tuttavia, non è di natura economica, ma culturale. Negli ultimi anni il mondo dell’informazione è già stato travolto dalla tempesta del citizen journalism, caratterizzata dall’idea che le notizie siano una sorta di materiale grezzo, che chiunque può ottenere e divulgare senza bisogno di mediazione. Un meccanismo che a volte funziona in modo addirittura eroico, ma che spesso porta a esaltare il dettaglio a discapito del quadro d’insieme, contravvenendo così alle più elementari regole della professione giornalistica. Professione, sì, perché essere pagati per informare è – a ben pensare – un motivo di libertà, non una forma di assoggettamento. E pagare per le informazioni che si ricevono è un gesto di civiltà, che mette l’informatore nella condizione di svolgere al meglio il suo lavoro.
Altrimenti, sul web o sulla carta stampata, scriverebbe soltanto chi può permetterselo.
Sarebbe più semplice, forse. Ma prima o poi pagheremmo tutti, e la pagheremmo cara.
Pagare per le informazioni che si ricevono è un gesto di civiltà, che mette l’informatore nella condizione di svolgere al meglio il suo lavoro.

Per meglio capire l'articolo di Zaccuri, ecco questo secondo articolo di Claudia La Via, sempre da Avvenire.
Google Italia finisce nel mirino Antitrust.
«Possibili distorsioni nella pubblicità».

Le unità speciali della Guardia di Finanza hanno bussato ieri alla porta degli uffici milanesi di Google Italia per notificare un pro­cedimento di istruttoria avviato dal­l’Antitrust. Sotto la lente del Garan­te ci sarebbe Google News, il servi­zio di rassegna stampa on line della casa di Montan View, che aggrega di­verse notizie su uno stesso argo­mento provenienti da diverse fonti. Tutto è partito da una segnalazione del 24 agosto scorso da parte della Federazione italiana editori giorna­li, intimorita che questo servizio possa incidere sulla concorrenza nel mercato della raccolta pubblicita­ria on line. La segnalazione non sembra infatti riguardare tanto il servizio in sé, quanto piuttosto la modalità in cui viene messo in pra­tica che, a detta della Fieg, «non è trasparente». «Gli editori sono preoccupati dell’andamento del set­tore e, in questo scenario, diventa predominamente la difesa della qualità. Per questo occorre una ve­rifica delle regole di Internet», ha di­chiarato il presidente della Fieg, Car­lo Malinconico.
Cos’è Google News. Il servizio for­nisce una rassegna stampa conti­nuamente aggiornata, selezionan­do le notizie pubblicate su 250 siti di lingua italiana ed estrapolandone titoli e sommari. Una volta selezio­nata la notizia, un collegamento permette di accedere direttamente alla pagina originaria della testata sulla quale è stato pubblicato l’arti­colo, senza però passare prima dal­la home page. Questo, secondo la Fieg, rappresenterebbe una forte penalizzazione, in quanto proprio la pagina iniziale di ogni sito è fon­te di maggiore visibilità e, di conse­guenza, di introiti pubblicitari. Il no­do poi, per la Fieg, sta anche nella gerarchia di visualizzazione delle notizie.
Se l’inclusione su Google News può rappresentare un’importante occa­sione per aumentare la propria vi­sibilità, gli editori non possono però esercitare nessuna forma di con­trollo dei contenuti visualizzati sul sito del motore di ricerca, né inter­ferire sull’ordine in cui le notizie ven­gono visualizzate. L’unica possibi­lità è scegliere di non rendere di­sponibili i propri contenuti su «Goo­gle News», ma questo, secondo gli editori, li escluderebbe automatica­mente anche dal motore di ricerca Google.
Dove comincia tutto. Il cambia­mento dell’editoria portato da In­ternet ha iniziato anche a modifica­re il modo di concepire e rendere di­sponibili le notizie. La questione o­ra gira intorno alla scelta di consen­tire la distribuzione gratuita delle notizie o di prevedere un pagamen­to per il servizio. Le prime polemi­che erano nate, già durante gli scor­si mesi, in America. Molti giornali ed editori avevano avuto da ridire pro­prio per il servizio Google News che, da qualche tempo ospita (proprio sulla versione americana, ndr ) an­che annunci pubblicitari. Così il ser­vizio del colosso di Montain View, se prima generava traffico anche a favore dei giornali, oggi - a detta degli editori - somiglia più a un concor­rente che a un 'alleato'.
Che cosa c’è in ballo. L’accusa rivol­ta dalla Fieg al più grande motore di ricerca del mondo è infatti legata so­prattutto alla sfera della raccolta pubblicitaria sul Web e ai timori di vedere intaccate le interessanti pro­spettive economiche che la rete può aprire a un editoria che oggi è in a­pnea. Secondo l’Agcom, nel 2008 il mercato della raccolta pubblicitaria on line in Italia ha raggiunto quasi 560 milioni di euro. Google, sempre nel 2008, ha realizzato oltre 21 mi­liardi di dollari nel mondo dalla ven­dita di spazi pubblicitari in rete e og­gi il suo motore di ricerca ha una quota di mercato del 64,7%. E infat­ti se quest’anno, anche a causa del­la crisi economica, gli investimenti pubblicitari sui mezzi di informa­zione sono stati drasticamente ri­dotti, l’unico a fare la differenza è stato proprio Internet che, tra gen­naio e maggio del 2009, ha registra­to un aumento degli investimenti del 7,8 %.
Condividi su Facebook

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.