Le imprese rurali del territorio si dimostrano sensibili al tema delle energie rinnovabili, una via per integrare i profitti. Biogas, la frontiera del reddito agricolo. Nel Lodigiano attivi 7 impianti, altri 4 in fase di realizzazione.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Osvaldo Folli, 20 novembre 2009.
Il Lodigiano tiene il passo sul fronte del biogas piazzandosi ai primi posti fra tutte le provincie lombarde a più alta vocazione zootecnica, subito dopo Mantova e Cremona e al pari di Brescia. Infatti, se in Lombardia (regione pilota in questo particolare settore) è in funzione un centinaio d’impianti che sfruttano biomasse e reflui a fini energetici, nel nostro territorio provinciale sono attualmente sette quelli attivi per un totale di potenza elettrica erogata di 5.669 Kwe, cui se ne aggiungeranno presto altri quattro, ora in fase di costruzione, che faranno lievitare la potenza di altri 3.773 Kwe, il tutto interessando una superficie agricola territoriale (Sat) di poco oltre duemila ettari.
Sono questi gli ultimi dati aggiornati avuti dal settore Agricoltura della Provincia di Lodi. «La maggior parte degli impianti in attività – ci informa la dottoressa Rosa De Marco, responsabile del servizio strutture e infrastrutture – opera con scarti di massa vegetale, trinciato di mais e liquami di suini e bovini di cui è ricchissimo il Lodigiano. Le tipologie sono molto variegate passando da impianti molto elementari, realizzati con la semplice copertura delle vasche di stoccaggio dei liquami, a veri e propri impianti di cogenerazione realizzati secondo tecniche avanzate». Tra i sette impianti attivi, uno ha una potenza di 125 Kwe (a Tavazzano con Villavesco), mentre tutti gli altri variano fra i 640 Kwe dell’impianto di Sant’Angelo Lodigiano, fino ad arrivare a superare di poco un Mwe nell’impianto della società A.T.I. di Maccastorna in cui confluiscono le deiezioni di 3600 suini e 780 capi di bovini. Qui ci troviamo alla presenza di un impianto all’avanguardia, l’ultimo realizzato nel corso del 2009, capace di erogare biogas e di riutilizzare anche l’energia termica prodotta per l’abbattimento del contenuto di nitrati. Circa la stessa tecnologia che sarà adottata nei quattro impianti in costruzione nei comuni di Camairago (625 Kwe), Brembio (1150 Kwe), Meleti (999 Kwe) e San Rocco al Porto (999 Kwe). «Sono tutti impianti che non danno alcun problema di tipo sanitario né ambientale - precisa ancora la signora De Marco - perché il digestato che ne esce non ha odore ed è riutilizzato altrove. Inoltre s’inseriscono bene senza stravolgere l’ambiente naturale circostante, mentre sono previste opere di mitigazione visiva tutto attorno agli impianti».
Indubbiamente anche le aziende agricole lodigiane si stanno dimostrando molto sensibili verso le tematiche delle energie rinnovabili e di tutela ambientale, anche in momenti difficili, intravedendo in esse l’opportunità di migliorare la propria capacità reddituale. Non si spiegherebbe, altrimenti, la voglia di buttarsi in questo settore che richiede investimenti notevoli (un impianto da 1000 Kwe costa all’incirca 3 milioni di euro ed è ammortizzato in circa otto anni), solo in minima parte mitigati dai contributi regionali in conto interessi sui mutui accesi. «Diciamo – spiega Giuliano Toninelli, proprietario e gestore, insieme ai due fratelli, di ben due impianti da 960 Kwe ciascuno, a Marudo e Villanova Sillaro – che sono un’opportunità in più che si offre all’operatore agricolo, insieme alla ristorazione e agli alloggi, per diversificare e sostenere il proprio reddito aziendale, fortemente intaccato su altri versanti, e ottimizzare così i costi». Nei due impianti di Marudo e Villanova Sillaro, entrati in funzione rispettivamente nel 2006 e 2008, non si ricava solo energia elettrica, ma il calore prodotto è utilizzato per riscaldare l’agriturismo, il ristorante e duemila metri quadrati di sale parto (a Marudo), nonché le case dei dipendenti e il mangime liquido dei suini a Villanova. «Ho dovuto crearmi una competenza specifica per dedicarmi a questi impianti che presentano alcuni aspetti delicati – conclude Toninelli – ma penso che ne sia valsa la pena e lo rifarei senz’altro ancora».
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