Speciale [8].
Per i sindaci cementificio lodigiani Milano rappresenta la bengodi, nel senso che pensano a Milano quando danno il via all’espansionismo edilizio locale. Perché è vero che trasformare terreno agricolo in edificabile porta immediatamente entrate Ici, e se poi su quei terreni si costruisce, la manna degli oneri di urbanizzazione; ma è anche vero che poi quelle case bisogna riempirle, bisogna trovare chi ci va a vivere. Cioè si conta sull’immigrazione da altri luoghi e nei sogni sindacali Milano è il serbatoio dove si spera di poter attingere contando sugli alti affitti e su una metropoli che in periferia non è la Milano da bere. Ma la mania cementizia pervade anche la Moratti e la sua giunta, che prevede nel proprio PGT non una fuga da Milano, ma un enorme incremento dei residenti.
Ce lo racconta Oriana Liso su Repubblica Milano del 15 luglio. Queste le cifre: 1.000 nuove palazzi per 11 milioni di metri cubi di edificato; 301.303 nuovi abitanti; 12 milioni di mq la superficie delle aree trasformate in nuovi quartieri.
Palazzi per 300mila milanesi in più ma per i servizi mancano 8 miliardi.
Nuove case per 300mila nuovi abitanti. Con infrastrutture, aree verdi, servizi sufficienti a servire la popolazione che verrà. Perché l’obiettivo è arrivare a oltre due milioni di presenze in città nel 2030, quando Milano – questo è il progetto – avrà cambiato faccia ben oltre i padiglioni di Expo. A disegnare il futuro è il Piano di governo del territorio, il Pgt, che il 14 luglio è approdato in commissione Sviluppo del territorio, prima tappa di un lungo iter. Ogni suo calcolo, ogni idea, è basata sui numeri, su quante persone Milano sarà in grado di attrarre invertendo il trend degli ultimi trent’anni, nei quali oltre 400mila persone hanno scelto di andare a vivere altrove, pur continuando, in larga parte, a “usare” la città. Con enfasi, del resto, il piano recita: «Milano diventa grande quanto vuole e può essere grande».
Le stime sulla popolazione fatte dall’assessorato allo Sviluppo del territorio (più generose di quelle dell’ufficio Statistica del Comune grazie a una diversa valutazione delle migrazioni) parlano di una città che fra cinque anni, nel 2014, avrà oltre un milione e 600mila presenze ogni notte. Una domanda di casa in crescita che il piano di oggi già soddisferebbe. Ma non ci si potrà fermare ai progetti di oggi: le presenza, nel 2030, saliranno a oltre due milioni tra residenti, stranieri non residenti, studenti fuori sede e lavoratori. Un numero che, solo di giorno, sfiorerebbe i due milioni e mezzo, aggiungendoci anche pendolari e turisti (in crescita, nelle stime, visto che Milano viene pensata dai suoi amministratori sempre più come una meta per i visitatori).
Per arrivare a queste cifre, si è detto, il fenomeno più importante è quello delle migrazioni: secondo i calcoli di Palazzo Marino, nel 2014 si vedranno i primi effetti dei piani abitativi del Pgt, che in totale prevede mille nuovi condomini, pari a 11 milioni di metri cubi. Di conseguenza nel 2030 si dimezzerà il numero di persone che lasciano Milano per cercare casa altrove. E nelle stime del Pgt si prevede, quota per quota, quanti abitanti si insedieranno nei quartieri costruiti ex novo, in zone in parte recuperate, in zone della cintura urbana.
Per costruire case e servizi, però, servono soldi. E qui il Pgt lascia aperti ampi margini di calcoli, suggerendo di «assumere con cautela le elaborazioni finalizzate a restituire un quadro di massima della sostenibilità finanziaria del Pgt». Perché, conti alla mano, il Piano è “sostenibile” per meno della metà: le entrate previste (tra finanziamenti delle infrastrutture, oneri di urbanizzazione, contributi ai costi di costruzione e diritti edificatori) sono circa 6 miliardi e mezzo di euro, mentre i costi di realizzazione superano i 14 miliardi (una cifra che non comprende alcuni interventi che pure vengono inclusi nel Pgt, come i Raggi verdi, perché previsti in un diverso piano di investimenti). Soldi che devono coprire i costi dei progetti del verde (quasi 700 milioni), delle infrastrutture di progetto (oltre 13 miliardi, compesi i 6 per quelle di Expo e i quasi 5 per le metropolitane) e della fase di progettazione.
Per trovare i sette miliardi e 700 milioni che mancano, il piano dà solo indicazioni generali: dalla promozione delle partnership alla cartolarizzazione, all’indebitamento della stessa pubblica amministrazione. Ma se la copertura finanziaria è argomento rimandato al futuro, quel che preme all’assessore allo Sviluppo del territorio Carlo Masseroli è l’idea di città che verrà. «Stiamo immaginando una “Milano per scelta” (così si chiama anche il sito che racconta il Pgt, ndr), un posto in cui la gente potrà scegliere di vivere perché avrà come attrattiva reale servizi, verde, infrastrutture». L’assessore il 14 luglio ha illustrato i primi passi del Pgt in commissione, ma l’opposizione resta scettica: «C’è un’ovvia condivisione su alcuni temi – spiega Pierfrancesco Majorino del Pd – ma temiamo che nella pratica le scelte vadano in un’altra direzione, quella degli affari e del cemento».
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