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mercoledì 18 novembre 2009

Il nostro crocefisso quotidiano

Speriamo non venga tolto anche il Cristo del Lazzaretto.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Lettere & Opinioni, 18 novembre 2009.

Esattamente vent’anni fa,nel mio libro di poesie santangioline “Sonetti e Rime dal Loggione”, con il sonetto “El Crucefis del diretur” avevo denunciato un fatto increscioso: dalla direzione della scuola di via Morzenti il direttore didattico di allora aveva tolto il Crocifisso. Una poesia che fece scalpore. Ora, in questi tempi di Crocifissi, cerchiamo almeno di valorizzare quelli che abbiamo, soprattutto se sono delle opere di pregevole fattura. Uno di questi si trova nella chiesetta del Lazzaretto “che 'l gh'ha el campanén cuna pèna dù mùri, 'sto por picinén”. Si tratta di uno storico e grande Crocefisso di legno scuro, forse del 1600 - 1700, proveniente dall’antico convento dei frati domenicani che sorgeva alla periferia del borgo Santa Maria, in località Cogozzo, sulle cui rovine sorse l’elegante villa Cortese, ora sede dell’Azienda Ospedaliera della Provincia. Chiuso quel convento, il Crocifisso venne concesso alla mia nonna materna, Luigia Buscaglia Mascheroni, dimorante nelle vicinanze. Come mi raccontarono le zie, sorelle di mio padre, la nonna lo portò a casa avvolto nel suo grembiule e collocato all’inizio della scala che portava alla “desura”, cioè alle stanze di sopra, al primo piano. Custodito con grande venerazione, divenne il protettore di casa Mascheroni. Quando monsignor Antonio Gaboardi procedette all’adattamento del presbiterio secondo i dettami del Concilio Vaticano II, richiese quel Crocifisso alle zie, che, pur a malincuore, non lo concedettero ma offrirono centomila lire per l’acquisto di quello attuale in Basilica. Defunte le zie oltre trent’anni fa, noi nipoti decidemmo di donarlo alla casa natale di Madre Cabrini, in quel momento in fase di un ennesimo restauro. Con una targhetta che ne ricordava la provenienza e l’omaggio degli eredi Mascheroni, fu collocato nella camera dove nacque la Santa e trasformata in cappella. Vi rimase in venerazione fino ad un ulteriore (e non ultimo) restauro, e perciò fu tolto di là e confinato dalle suore in un ripostiglio, dove tempo dopo fu scovato dal parroco che decise di destinargli degna sede al Lazzaretto (scomparsa la targhetta). In questi tempi di diatriba sul Crocifisso, credo sarebbe buona cosa cercare di valorizzarlo sempre di più. Già ultimamente in Basilica ne fu esposto uno antico (senza croce), di pregevole fattura, restaurato a dovere e destinato al museo allestito nei matronei. Il Crocifisso del Lazzaretto, con oltre due secoli di storia, penso sia veramente degno di attenzione da parte di chi di dovere. Anche per stabilirne il valore artistico e storico. Ne avevo accennato tempo fa al parroco, che mi rispose avrebbe interpellato il suo predecessore. Invece purtroppo questa ultima opera d’arte non ha ancora trovato la sua valorizzazione. Sperando che - di questi tempi - non venga pure Lui tolto dal muro sopra l’altare del Lazzaretto.
Achille Mascheroni



Abbiamo aggiunto nel titolo alla parola crocefisso l'aggettivo «quotidiano» per riassumere un fatto evidente, che cioè il crocefisso è un simbolo presente dovunque nella quotidianità della nostra civiltà occidentale, al punto che non ci facciamo più - senza quasi - caso. E ci troviamo a meravigliarci del clamore che suscitano dispute se toglierlo o lasciarlo dov'è, spesso non capendo il perché di tanto accanimendo dialettico e dell'uso delle vicende in tutta evidenza strumentale da parte di forze politiche che si rifanno ad una assoluta, senza se e senza ma, laicità dello stato da una parte e dall'altra in tanta loro religiosità confusa addiritura all'adorazione pagana, seppur simbolica, di un fiume. Le une e le altre esasperazioni fanno male soprattutto all'intelligenza dei credenti e dei non credenti. Trovarsi a misurare se stessi, i propri sentimenti, laici o religiosi che siano, con intransigenti che proprio con la loro intransigenza ti offendono, non è cosa piacevole e non aiuta ad una serena convivenza nel rispetto dell'altro.
Può essere stata anche una legge fascista a imporre il crocefisso nelle aule scolastiche e nei luoghi pubblici. Ma dove sta il senso di toglierlo ora? A sessanta anni e passa dalla caduta del fascismo invocare su un simile gesto una pretesa di ripristo delle cose "ante" non è "antifascismo", è idiozia. C'è chi dice che la presenza del crocefisso a scuola sia una costrizione deleteria a seguire il credo cristiano. Non so quanti hanno inteso correttamente le parole della mamma finnica di origine che mostravano la sua difficoltà ad educare il figlio per la presenza di un pezzo di legno a scuola. Parole che finiscono, pur lei nolente, per esaltare la potenza di quel pezzo di legno se basta la sua presenza a "deviare" dal cammino tracciato in famiglia. C'è chi si preoccupa di non creare difficoltà ad immigrati di religione diversa... ma quante cose dovremmo noi allora cambiare! Pensiamo alla Croce Rossa, che nei paesi musulmani è sostituita dalla Mezzaluna, pensiamo a tutti i simboli presenti in ambito sanitario, a cominciare dalle farmacie. E chi più ne ha, più ne metta. Il crocefisso, la croce è dovunque e non è necessario che sindaci leghisti facciano ronde o ordinanze. Ci sono e rimarranno dove sono, perché è un simbolo, volenti o nolenti, della nostra cultura, così come molti modi di dire, molte parole del vocabolario. Ci metteremo con lo sbianchetto a cancellare anche quelle? Dire "povero cristo" o "poveri cristi" sarà vietato per legge, perché richiama la condizione del crocefisso?
Per questo motivo abbiamo deciso per un po' di tempo di fare del crocefisso un appuntamento quotidiano che mostri come quel simbolo faccia parte della nostra giornata dovunque, e che di conseguenza mettere in discussione la sua presenza anche in un solo luogo sia, comunque la si pensi, semplicemente vuota cosa o mera strumentalizzazione.

Cominciamo con un crocefisso un po' scontato.



A seguire il crocefisso della sala del Consiglio comunale che fa buona guardia sulle decisioni prese, come pure il presidente Napolitano.



L'immancabile simbolo d'un presidio sanitario.



Sull'uscio di una casa privata.



E domani un nuovo fotopost di testimonianza.
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