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giovedì 10 settembre 2009

«Posizionarsi» in mezzo alla gente

Partito democratico. Abbiamo perso 4milioni di voti in un anno.
Rassegna stampa - Lettera dalla rubrica "Lettere & Opinioni" de Il Cittadino di oggi.

Caro Cittadino, come si sa, fra breve il Partito Democratico si riunirà in congresso per decidere cosa fare da grande e cosa offrire a un elettorato moderato, disorientato da un lato dalle batoste degli ultimi mesi e preoccupato dal furore ideologico di una parte della destra al potere, culminata nell’aggressione ed eliminazione del moderatissimo direttore dell’Avvenire. Ma se vi è un modo semplice e rapido per annoiare gli italiani, già non particolarmente attratti da discussioni astratte in difficilissime temperie, è discutere sulla freschezza di questo o quel candidato, sulla novità dell’una o dell’altra proposta, sulle alchimie dei meccanismi elettorali, sulle posizioni che assumerà il PD (molto di sinistra, di sinistra, un po’ di sinistra, di centrosinistra e via sproloquiando). Come esponente del PD, mi piacerebbe che si discutesse il merito delle proposte che il PD offre al paese, quale alternativa è possibile, quale sarà il sostrato culturale sul quale questo partito imposterà la propria azione.
Forse è utile, ammesso e non concesso che interessi a questo quotidiano e ai suoi lettori, iniziare una discussione sul merito e non sul passato, sulle derive e sulle origini dei candidati. I candidati alla segreteria del PD sono entrambi vecchi esponenti del PCI e della DC, poi dei DS e della Margherita. Hanno iniziato entrambi a far politica negli anni ’70, nei ranghi di due partiti che, è bene ricordarlo, riunivano allora più del 72% degli italiani. Nessuno dei due candidati principali è nato sotto un cavolo qualche mese fa, entrambi hanno buoni motivi per essere orgogliosi della loro storia e di quella dei partiti in cui hanno militato, entrambi hanno elaborato un passato ormai lontano, entrambi meritano fiducia. Entrambi sono rispettosi dell’eredità e dell’importanza del cattolicesimo sociale, entrambi ne riconoscono il valore fondante nel nuovo umanesimo che si impone, entrambi si collocano nel solco di una sinistra moderata, laica, riformista che rifugge estremismi ideologici, operaisti o confessionali che siano. E allora, potrebbe obiettare un lettore, in cosa sono diversi? Diverso non è il grado di novità, né le radici, né la posizione più o meno di sinistra. Diversa è l’analisi del ruolo di un partito in Italia, diversa è l’idea di organizzazione, diversa è la strategia delle alleanze.
Il primo PD mirava ad essere “leggero” e “liquido”, autosufficiente, affidava le sue dinamiche più all’opinione collettiva che all’individuazione e alla soluzione dei problemi dei ceti popolari. I risultati sono quello che sono: 1) il PD è arrivato al 33% nel 2008, quando pensava di vincere le elezioni politiche; 2) il PD ha perso ulteriormente terreno un anno dopo, anche a favore di partiti locali che vanno radicandosi nei territori; 3) il PD non è stato in grado di avanzare proposte chiare e comprensibili sul governo del paese (e stendiamo un velo sul balletto di “posizioni prevalenti”, rovelli, obiezioni, mal di pancia ecc. ecc.).
Nel momento in cui un partito decide di andare a congresso e di ridefinire una linea deve, per forza di cose, analizzare criticamente quel che in precedenza non è andato per il verso giusto. E allora le diverse mozioni in campo, dalla Bersani (alla quale, lo dico per correttezza, va la mia preferenza) alla Franceschini, alla Marino devono dare risposta a questi interrogativi. Che poi sono, in sintesi, i seguenti:
1 è ammissibile che il PD mantenga una linea autosufficiente, che pensi cioè di porsi come unico referente politico dell’area di opposizione?
2 quale valutazione diamo degli ultimi risultati elettorali?
3 è possibile continuare in quella idea di partito “liquido” che affida soprattutto all’opinione e all’evocazione le sue dinamiche elettorali?
Queste sono le domande cui le mozioni in campo devono dar risposta. La mia idea personale, che guida la mia scelta al congresso, è che il centrosinistra nel suo complesso rappresenti, quando ha il vento a favore, poco più di un terzo dell’elettorato. E che da ciò derivi l’obbligo strategico di ricercare alleanze con gli altri moderati di centro e con le restanti parti della sinistra riformista e ambientalista. Direi anche, per rispondere alla seconda domanda, che essere passati in un anno dal 33% al 26% è una sconfitta drammatica che non può essere temperata dal fatto che si temeva un ribasso ulteriore (se non si vuol cadere nel paradosso del paziente felice di sapere che, anziché amputargli entrambe le gambe, all’ultimo momento ne tagliano una sola).
Direi anche che se un partito perde quattromilioni di voti in un anno, oltre a veder sfumate le presunzioni di autosufficienza quella idea vaga e indefinita di partito “liquido e leggero” va come minimo rivista, anche alla luce degli innegabili successi di altri partiti che si radicano e si organizzano nel territorio.
Penso di poter dire che una sinistra moderna sa quali sono i suoi capisaldi: sono la garanzia di pari condizioni di partenza per tutti, sono nel carattere prevalentemente pubblico dell’insegnamento, del welfare, della sanità. Sono l’amore e l’attenzione per chi è meno fortunato e per chi resta indietro senza colpa, per la cultura e la conoscenza. Sono la ricerca continua della coesione sociale e la tolleranza, senza cedere al lassismo. Se questi sono i capisaldi riconosciuti dell’azione di una sinistra moderna, dobbiamo chiederci come ottenerli.
E l’esperienza degli ultimi mesi ci dice che questi obiettivi sono irraggiungibili se il PD non si pone l’obiettivo di rappresentare i propri ceti sociali, di darsi strutture, sedi, rapporti concreti e solidi con associazioni, sindacati e Istituzioni nei territori, se non si pone l’ambizione di passare da partito d’opinione a partito popolare. Di questo si deve parlare e non di dove si “posizionerà” il PD dopo il congresso. È in mezzo alla gente che dobbiamo “posizionarci”, in mezzo alla gente e ai suoi mille problemi che la parte più agguerrita e violenta della destra nemmeno vede.
Luca Canova
Partito Democratico Lodi
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