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lunedì 14 settembre 2009

An non è morta

II vicecapogruppo alla Camera «Scriveremo al premier in 50: ci ascolti o i nostri voti non saranno più scontati».
Bocchino avverte: An non è morta.
Rassegna stampa - Corriere della Sera, Paola Di Caro, 14 settembre 2009.

ROMA - «È arrivato il momento di far volare le colombe per ricucire uno strappo più profondo di quanto sia mai stato in passato». Si capisce che Italo Bocchino, capogruppo vicario del Pdl alla Camera, è mosso dalle migliori intenzioni quando spiega come e perché Berlusconi e Fini debbano tornare a parlarsì.
Ma quella dell'uomo che in questo momento è il più vicino al presidente della Camera non è una preghiera, e nemmeno una semplice proposta. Piuttosto, somiglia a un ultimatum l'annuncio che sta per essere recapitata al premier una «lettera» firmata da oltre 5o deputati in cui si chiede un chiarimento sugli attacchi subiti da Fini nelle ultime settimane. Perché «serve un riequilibrio nel Pdl e nella coalizione». Che, se non dovesse avvenire, potrebbe portare anche alla nascita di un nuovo gruppo parlamentare e di fatto alla fine del Pdl come unione tra Fi e quell'An che, «ricordiamolo, non è morta».
Insomma, siamo al redde rationem nel Pdl?
«Siamo sicuramente a un passaggio delicato. E se è vero che ci sono le colombe al lavoro, ci sono anche i falchi, che rischiano di fare danni gravissimi».
Chi sono?
«Quelli che a Berlusconi dicono "liberati di Fini, è un compagno, è matto" e a Fini "torniamo ad An, basta con Bossi"».
Sembra però che il più solo oggi sia Fini.
«La tesi di un Fini isolato e imbalsamato nel suo ruolo istituzionale è pericolosa soprattutto per chi la formula».
Perché?
«Perché fa nascere una tentazione pericolosa, visti ì precedenti, che è quella di rompere con Fini e di sottrargli le "truppe". Nel'94, quando si provò qualcosa del genere, Bossi ci fece perdere le elezioni. Poi si è arrivati alla rottura con Casini, che ancora oggi stiamo corteggiando...».
Vuoi dire che Fini ha ancora una sua forza non solo politica ma anche parlamentare?
«Sì. Posso annunciare che, nei prossimi giorni, presenterò al premier una lettera firmata da alcune decine di deputati, diciamo oltre una cinquantina di ex An, ma sono pronti ad aggiungersi almeno un'altra decina di ex forzisti. Noi chiediamo tre semplici cose. La prima è che si arrivi a una norma non scritta ma vincolante che prevede nel Pdl un patto di consultazione permanente tra i due co-fondatori, Berlusconi e Fini. Perché non è possibile che Fini apprenda di candidature o proposte di legge a cose fatte».
La seconda richiesta?
«Le cene del lunedì tra Berlusconi e Bossi non rappresentano tutto il Pdl. I luoghi in cui si decide cosa fanno governo e coalizione devono essere dei veri vertici di maggioranza, ai quali partecipano i coordinatori, i capigruppo, i ministri, chi si vuole, ma non solo gli ex di Fi e la Lega. Infine, chiediamo che negli organi di partito i temi politici vengano discussi e votati. Fini non pretende che la sua posizione sul testamento biologico o sull'immigrazione sia accettata da tutti, ma che sia esaminata e approfondita sì».
E se le vostre richieste fossero respinte?
«A quel punto, siccome la lealtà non va confusa con la fessaggine, le cose cambieranno. E non sarà più scontato il nostro voto favorevole su ogni provvedimento. Sul Sud, ad esempio, dovremo essere convinti ancor prima che la maggioranza prenda decisioni in Cdm, incidendo sui fondi Fas».
Sta dicendo che potrebbe nascere un nuovo gruppo parlamentare, con la fine del Pdl?
«Sto dicendo che la situazione è difficile, e che non possiamo permetterci rotture. Perché siamo tutti convinti che questo è il miglior governo possibile, che la Lega è un ottimo alleato, che Berlusconi è l'uomo giusto per guidare il Paese... Ma diciamo anche, attenzione: Fini non è affatto solo, ha rapporti internazionali che sono sotto gli occhi di tutti, ha un patrimonio di voti, di consensi e di struttura da cui non si prescinde. Perché An non è morta, ma è governata da un Comitato che dovrà trasformarla in fondazione ed è un partito che si riconosce in Fini. Insomma, se dovesse nascere un gruppo che fa riferimento a Gianfranco, ne farebbe parte la quasi totalità di An».
È una minaccia?
«È la richiesta di chiarezza di un gruppo di deputati al premier, che da uomo intelligente qual è capirà che è questo il momento di intervenire».
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