Rassegna stampa - Corriere della Sera, Francesco Verderami, 13 settembre 2009.
E dire che Berlusconi voleva sponsorizzare l'operazione di Casini e Rutelli. Si offrì tre mesi fa all'ex leader della Margherita durante la festa della Guardia di finanza. Quando il Cavaliere vide il presidente del Copasir sul palco delle autorità, lo chiamò accanto a sé: «Vieni, Francesco. Mettiti qui, tra me e Gianni Letta». Rutelli non fece in tempo ad avvicinarsi, che il Cavaliere gli sussurrò all'orecchio: «Per un giovane che deve fare un nuovo partito c'è bisogno di un po' di pubblicità. Fa sempre comodo». Accadde tutto in pochi istanti, l'ex capo della Margherita scorse la minaccia dei fotografi e si scostò un attimo prima che al suono dell'inno nazionale venisse immortalato accanto al premier.
Più tardi Berlusconi tornò a proporsi al dirigente del Pd come testimonial, usando l'arma dell'ironia. «Dovremmo vederci. Lo dico nel tuo interesse. Sai, ho acquistato una scultura di tuo nonno Mario: è bellissima. L'ho messa a Villa Certosa. Vieni a trovarmi. Magari organizziamo anche un bel matrimonio tra l'avvocato Mills e Noemi». E Rutelli, licenziandosi: «Se ci incontrassimo al bar del paese, daremmo meno nell'occhio».
Insomma è da tempo che il Cavaliere avverte il tramestio di Palazzo, e scruta le manovre di chi lavora con l'obiettivo di succedergli. Sa di non aver rivali, tranne il tempo che passa. E le battute - come quelle con Rutelli - gli servono per celare un tormento interiore che a volte gli fa perdere lucidità, e politicamente lo spinge ad arroccarsi con la Lega. Ma il Carroccio ha un costo, e il conto sta per essergli servito con le candidature alle Regionali.
Perché è questo il vero tornante della legislatura, ed è inutile prefigurare al momento assetti e alleanze future. L'ipotesi di elezioni anticipate l'anno prossimo non regge, né sarà la Consulta sul «lodo Alfano» a dettare i tempi e l'agenda politica, se è vero che Fini ritiene «fuori luogo l'attesa messianica per quella sentenza».
Saranno le Regionali la vera sfida: se il premier le perderà; le fibrillazioni aumenteranno al punto da minacciare la stabilità del governo; se invece le vincerà, allora non ce ne sarà più per nessuno. E per vincere Berlusconi fa affidamento sull'asse con Bossi.
Ecco spiegata l'union sacrée che oggi tiene insieme - per motivi diversi - Fini, Casini e Rutelli. E la battaglia per evitare quella che l'ex capo della Margherita definisce «l'Opa della Lega sul Nord». Se il Senatùr ottenesse i candidati governatori per il Piemonte e il Veneto, e riuscisse poi a conquistare quelle Regioni, non solo metterebbe le basi per garantirsi il primato sull`intero Settentrione, ma avrebbe un potere di veto e di controllo anche sul governo nazionale, come mai avuto prima.
Ed è su questo tema che il presidente della Camera incalzerà il Cavaliere. Nelle vesti di «confondatore» del Pdl gli chiederà «in che modo intende rispondere alle pretese» di Bossi. Fini non mette certo in discussione l'alleanza, che gli appare però «squilibrata», a causa del «conflitto d'interessi politico di Berlusconi, contemporaneamente capo del governo e capo del partito», un duplice ruolo che all'ex leader di An ricorda il «De Mita premier e segretario della Dc» degli anni Ottanta.
Il «conflitto d'interessi politico» gli serve per sviluppare un ragionamento che ruota attorno al nodo del «rapporto privilegiato di Berlusconi con la Lega»: «Oggi questo rapporto da una parte è un'assicurazione sulla vita per il governo, ma dall'altra rischia di essere la pietra tombale del Pdl». E allora, il premier è disposto a mettere a repentaglio il partito che ha appena fondato, pur di concedere al Carroccio più di quanto gli spetti, in base ai rapporti di forza? Perché «se si vuole parlare in termini di quote» - argomento usato per zittirlo nel Pdl - «in termini di azione di governo, di iniziative politiche», è evidente agli occhi di Fini come la Lega abbia conquistato spazi che gli sono stati lasciati per evitare tensioni nell'esecutivo. Da Berlusconi attende risposte, «Silvio si illude se pensa di eludere questi nodi».
Oggi l'obiettivo del presidente della Camera è dunque diverso da quello di Rutelli e Casini, gioca dentro il perimetro del centrodestra attuale, mira a contrastare l'avanzata del Carroccio con l'intento di rilanciare il Pdl e riequilibrare la coalizione. Difficile capire come si chiuderà la partita: magari il Cavaliere sfrutterà la mossa del presidente della Camera per chiedere a Bossi di ridimensionare le richieste. Il resto sono solo manovre di posizionamento. Come dice Rutelli, «si vedrà» se in futuro ci saranno nuovi assetti. Intanto si notano i primi segnali.
Quando Fini, alla kermesse dell'Udc, ha parlato della necessità di un «bipolarismo europeo», ha fatto capire che «l'attuale bipolarismo non è l'unico possibile». Tutto è fermo, finché c'è Berlusconi. E tutto è in movimento in vista del dopo-Berlusconi. Il Cavaliere resta comunque una variabile imponderabile. «Nel 2005 come ricorda Rutelli - lo davano per morto e non era vero. Quattro mesi fa lo davano per eterno e non era vero». Prossimo bollettino medico alle Regionali.
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