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mercoledì 23 settembre 2009

Non c'è Santoro senza spina

Il solito santino del solito Michele.
Rassegna stampa - Libero, Mario Giordano, 23 settembre 2009.

Non c'è Santoro senza spina. E infatti Michele ce l'ha fatta anche stavolta: si è conquistato la sua bella polemica da prima pagina. E via: Anno Zero, titoli mille. Che ci volete fare? Lui è fatto così: un vero e proprio genio del self marketing, un autentico agit spot, il mago della auto promozione commerciale.
Continua a definirsi giornalista, ma a differenza dei giornalisti lui non dà più notizie da tempo: ormai è abituato a diventare esso stesso notizia. Non osserva, si fa osservare. Non racconta, diventa l'oggetto del raccontare. Ha sviluppato un'abilità straordinaria nel trasformarsi ogni volta in caso. Caso politico, mediatico, polemico. In fin dei conti, forse, soltanto caso umano. Il Mike Bongiorno della televendita di sé medesimo. Ma sì, pensateci bene: il martire Santoro ormai è come il prosciutto Rovagnati. Sempre più in alto, grappa Michele.
Ieri s'è inalberato su Travaglio: o c'è lui o non vado in onda, ha detto, cercando di proposito l'incidente e la bagarre. Ma il puntuale esplodere della polemica sulla trasmissione di Santoro ormai non riesce nemmeno più a scaldarci, tanto meno a indignarci. Al massimo, ci fa sorridere. Fateci caso: ormai non c'è stagione di "Michele chi?" che non preveda la sua bella baruffa. Se non c'è, lui se la inventa: nel 1999, quand'era a Mediaset corse a fare tele-Milosevic dal ponte di Belgrado (mentre i nostri aerei bombardavano la Serbia); nel 2001 mette in piedi una puntata contro Dell'Utri così di parte che si beccò condanna dall'Authority e multa (pagata dalla Rai coi soldi dei contribuenti); nel 2005 scelse di annunciare il suo ritorno dall'europarlamento alla tv irrompendo nel Rockpolitick di Celentano, nonostante il divieto imposto dal garante.
E da allora, da quando è rientrato in Rai, non perde occasione per agitare le acque del solito teatrino politico-mediatico: ora scatenando la guerra alla Sicilia di Cuffaro; ora sfruttando il fenomeno Grillo con annessa rissa Sgarbi-Travaglio; ora comprando dalla Bbc un discusso documentario sui preti pedofili; ora organizzando una puntata sulla Palestina, così pro-Hamas che persino una giornalista di sinistra come Lucia Annunziata fu costretta ad abbandonare lo studio in modo polemico, mentre il medesimo Santoro la insultava. «Imbarazzante», chiosò il critico Aldo Grasso. Imbarazzante, sì, ma evidente: Santoro senza non ci sa stare. Non esiste.
Santoro senza polemica è come Spic senza Span, come Ric senza Gian, come Gianni senza Pinotto. Come Linus senza la sua coperta, come Lucio Dalla senza peli. E la ragione è evidente: se non si alzano i toni, si abbassa l'audience. E di conseguenza la visibilità. Michele Narciso, nella circostanza, diventerebbe triste come quand'era nelle nebbie di Strasburgo. Non ce la può fare, non può resistere. E così ne inventa sempre una. In questo è davvero geniale: se trovasse le notizie come trova gli spot, sarebbe il più grande giornalista del mondo. Invece, ora che ha perso lo smalto dei tempi di Samarcanda, s'è ridotto ad apparire come un vecchio Carosello sgualcito: contro il logorio della Tv moderna, un Cynar al carciofo Michele.
Ma sì, in fondo si sa: su De Rica non si può, su Santoro neppure. Lui è bravissimo a trovare sempre motivi per diventare martire intoccabile e stare così al centro della scena. Se poi non gli viene in mente niente di meglio non esita nemmeno, per avere qualche riflettore puntato su di sé, a usare le donzellette di contorno: come la contessina Borromeo che insulta il direttore di rete o come la spadaccina Granbassi che porta in diretta Tv la divisa dell'Arma e le sue belle cosce, suscitando l'ira dei carabinieri e dell'ex presidente Cossiga (signorile nell`occasione la replica di Travaglio: «Lasciamolo ragliare»). L'ultima guerra Santoro l'ha scatenata lo scorso aprile, nei giorni immediatamente successivi al terremoto a L'Aquila. Mentre ancora i soccorritori rischiavano la vita fra le macerie e le bare delle vittime erano aperte, lui organizzò una puntata monstre in cui i soccorritori venivano dipinti come sfaccendati profittatori e le vittime venivano irrise dalle vignette macabre di Vauro. Bufera, accuse, controaccuse, sospensione per il vignettista. E il solito grido dalla finta trincea di Anno Zero: aiuto, il regime ci censura.
Macché censura, macché regime. Macché trincea. La verità è che Michele Santoro, con questo suo fare da anti-sistema è il più integrato nel sistema che ci sia. Finge di essere rivoluzionario, in realtà è il re del marketing commerciale. Altro che ex maoista sempre contestatore: lui non sta sulle barricate, sta all'ufficio vendite. E le vendite gli vanno benissimo. Infatti quando fu assunto in Rai guadagnava 20 milioni di lire l'anno. Oggi guadagna oltre 700 milioni di euro, cioè quasi 60 mila euro al mese. Solo per pagargli lo stipendio è stato calcolato che ci vogliano 6.753 abbonati, equivalenti a una città di almeno 20mila abitanti. E guai a chi glieli tocca. Di caso in caso, di polemica in polemica, infatti, si è guadagnato i galloni dell'intoccabile. Geniale, no? Ma non chiamatelo più conduttore: è un piazzista di sé medesimo. Il Guido Angeli dei giorni nostri, da Aiazzone ad Anno Zero, consegna e smontaggio in tutta Italia, isole comprese. Provare per credere.
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