Ad Andrea Bagatta su Il Cittadino di oggi il fondatore don Barbesta svela i retroscena della vicenda dello sgombero del magazzino di Zorlesco: «Con il comune nessuno scontro». Ma l’opposizione protesta.
Lavoratori credenti, si cerca una soluzione.
Nuova sede nella Bassa per il centro di solidarietà dopo lo sfratto.
Rassegna stampa.
«L’addio al deposito di Zorlesco è un percorso concordato con l’amministrazione comunale, perché non si può rischiare la salute e la sicurezza. Al tempo stesso siamo decisissimi a mantenere il servizio nella Bassa, e per questo ogni aiuto è sempre ben accetto». A parlare così è don Peppino Barbesta, presidente dei Lavoratori Credenti, interpellato per un commento sulla notizia della chiusura entro dicembre del centro di solidarietà di Zorlesco, dove ogni settimana sono distribuiti ai poveri, perlopiù stranieri, mobili e arredamento usati raccolti in giro per tutto il nord Italia. Il centro, situato nel perimetro della piattaforma ecologica di Zorlesco, effettua oltre 2 mila consegne in un anno soprattutto a stranieri provenienti da tutta la Lombardia.
La nuova amministrazione di centrodestra ai primi di luglio aveva segnalato all’associazione le gravi carenze strutturali del capannone, di proprietà comunale, dove i Lavoratori Credenti tengono questo servizio da oltre 15 anni. Tetto in ondulina d’amianto, perdipiù con alcuni buchi, mancanza di ogni dotazione antincendio, delle porte tagliafuoco e delle uscite d’emergenza, assenza del collegamento all’impianto elettrico sono i principali rilievi. «Quando l’amministrazione ce l’ha fatto presente, abbiamo subito concordato che non ci sono le condizioni di sicurezza adatte al servizio - spiega don Barbesta -. L’assessore Luca Peviani, che ha seguito la vicenda, si è dimostrato molto disponibile, e per questo abbiamo concordato un’uscita con dei tempi adatti a trovare una nuova sistemazione».
La riqualificazione del capannone, e in particolare la rimozione dell’eternit dal tetto, avrebbe avuto un costo di circa 170 mila euro secondo le stime che gli amministratori hanno comunicato all’associazione. «Di fronte a queste cifre siamo tutti d’accordo che vale la pena trovare un’altra soluzione, sempre restando a operare nella Bassa Lodigiana - continua don Barbesta -. Dopo le ferie estive potremmo avere qualche novità. In particolare esiste l’ipotesi di utilizzare un deposito a Codogno insieme alla Caritas diocesana, ma ci sono anche altre possibilità. Di sicuro vogliamo continuare a mantenere il servizio per i più poveri, e per questo sarà ben accetto qualsiasi aiuto proveniente anche dalle amministrazioni comunali». Dalla ricostruzione di don Peppino Barbesta sarebbe esclusa quindi una scelta politica da parte dell’amministrazione, «con la quale i rapporti sono cordiali» come dice il prelato. Secondo alcune voci di paese non confermate, una volontà politica dietro la chiusura ci sarebbe comunque, ma l’ufficialità parla soltanto di problemi tecnici. «Ma se si vuole essere rigorosi rispetto alla sicurezza del capannone di Zorlesco, allora bisognerebbe esserlo con tutte le situazioni, anche dei privati - dice un ex amministratore in un commento non ufficiale -. Di questo passo, puntando sui divieti e le negazioni invece che cercando soluzioni, a Casale annulleremo ogni tipo di vita sociale da quella impegnata a quella aggregativa». Gli stessi residenti di Zorlesco poi, aldilà di qualche lamentela, non hanno mai avuto problemi particolari. Il disagio degli abitanti è limitato alla presenza degli stranieri il sabato mattina, giorno di consegne: molti extracomunitari arrivano fin dalle 7 per prendere posto, si mettono sotto le finestre delle case a parlare e fumare, qualcuno maleducato urina negli angoli del muro. Episodi gravi però non si sono mai registrati. Così, una valutazione tutta negativa della vicenda arriva da Leopoldo Cattaneo, del Partito Comunista dei Lavoratori. «Possono anche aver concordato l’addio, ma resta la chiusura di un importante servizio d’accoglienza: l’amministrazione poteva trovare un’altra sede o sistemare l’esistente. In realtà si vuole colpire il mondo dell’immigrazione, e lo si fa adducendo pretesti tecnici per nascondere la politica razzista della Lega».
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