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domenica 23 agosto 2009

Non si governa al bar

La guerra di Bossi al Vaticano.
Dalle agenzie - Agi.

Sempre più rovente la polemica sulla tragedia dei 73 immigrati morti nel Canale di Sicilia. La presa di posizione dei vescovi italiani non è piaciuta a Umberto Bossi: "Sono parole con poco senso - ha attaccato il leader del Carroccio -. E perché le porte non le apre il Vaticano, che ha il reato di immigrazione? Diano loro il buon esempio. Dato che nessuno accoglierà la gente senza controlli, bisogna assolutamente fermare le partenze - ha aggiunto -. Partono molto meno di prima, ma bisogna riuscire a fermarli, altrimenti si prosegue con un sacco di morti. Con gente che rischia la vita per niente perché quando arriva qui non ci sono posti di lavoro". Il Vaticano però resta sulle sue posizioni.
"L'ennesima tragedia della migrazione - afferma il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, mons. Antonio Maria Vegliò - ci ricorda quanto scrive Benedetto XVI nella Caritas in veritate: «Ogni migrante è una persona umana» che «possiede diritti fondamentali inalienabili» da rispettare «in ogni situazione»". Secondo l'arcivescovo, serve "una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato. Quindi - spiega il capo dicastero - se da una parte è importante sorvegliare tratti di mare e prendere iniziative umanitarie, è legittimo il diritto degli Stati a gestire e regolare le migrazioni. C'è tuttavia un diritto umano ad essere accolti e soccorsi. Ciò - aggiunge mons. Vegliò - si accentua in situazioni di estrema necessità, come per esempio l'essere in balia delle onde del mare. Per centinaia di anni i capitani delle navi non sono mai venuti meno al principio fondamentale del diritto del mare, che prevede si debbano sempre soccorrere i naufraghi che si incontrano". In proposito, Vegliò rileva che "il numero di potenziali migranti naufragati o vittime alle frontiere dell'Europa ha contato oltre 14.660 morti".
"Il nostro Pontificio Consiglio - sottolinea - è addolorato per il continuo ripetersi di queste tragedie". Ma, rileva, analoghe situazioni "si verificano geograficamente in zone diverse, come accade nel Mediterraneo, nello stesso tempo ci sono circostanze di disperazione anche nel deserto alla frontiera tra Messico e Stati Uniti, oppure in Estremo Oriente, all'interno dell'Africa sub-sahariana, e ovunque ci siano rilevanti flussi migratori. La realtà - spiega l'arcivescovo - è la medesima. Colpisce esseri umani che cercano di raggiungere Paesi o regioni economicamente più sviluppati, per fuggire povertà e fame. Per questo sono pronti a rischiare tutto, anche la loro stessa vita". Nell'intervista, il presule ricorda poi la richiesta di Papa Ratzinger, per il quale "si dovrebbero armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati".
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