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martedì 25 agosto 2009

Malta gioca a scarica barile

Come già abbiamo riportato, un altro episodio di soccorso a migranti oggi a Lampedusa. L'articolo che riportiamo è di Giorgio D'Aquino da Avvenire online.
Un altro barcone soccorso a Lampedusa.
Rassegna stampa.

Un gommone con una cinquantina di migranti a bordo è stato soccorso da motovedette della Guardia costiera e della Guardia finanza a 30 miglia a Sud-Est di Lampedusa, in acque di competenza maltese. Il natante era scortato da un'unità militare di Malta, che si è allontanata dopo l'intervento italiano. La prima a giungere sul posto è stata la motovedetta della Guardia di Finanza, poi raggiunta da quella della Guardia costiera che prima di salpare aveva imbarcato anche un medico per prestare subito assistenza agli immigrati. Gli extracomunitari sono stati poi presi a bordo dalle due unità, che si sono dirette a Porto Empedocle (Agrigento).
Sul gommone con 57 migranti, in gran parte eritrei, soccorso questa mattina da un pattugliatore della Guardia di Finanza gli investigatori hanno trovato alcuni giubbotti di salvataggio in uso alla Marina Militare maltese. Il portavoce delle Forze Armate dell'isola Stato, Ivan Consiglio, non ha voluto rilasciare fino ad ora alcuna dichiarazione circa il ruolo dei maltesi nell'operazione. Anche in occasione dell'intervento di giovedì scorso le Fiamme Gialle avevano trovato sul gommone dei cinque eritrei tratti in salvo alcuni salvagente consegnati ai naufraghi da una motovedetta maltese, che li aveva pure riforniti di carburante. Lo ha accertato la Procura di Agrigento che sta indagando sull'ultima tragedia dell'immigrazione avvenuta nel Mediterraneo.
Le indagini sulla tregedia degli eritrei. Favoreggiamento dell’immigra­zione clandestina e omicidio colposo plurimo: si chiude con queste ipotesi di rea­to il rapporto stilato dalla Guardia di fi­nanza e dalla Polizia – consegnato ieri mat­tina alla Procura di A­grigento – sulla trage­dia raccontata dai cinque eritrei soccor­si giovedì scorso a Lampedusa, che han­no raccontato la mor­te in mare di settanta­tré loro compagni nel Canale di Sicilia. Gli inquirenti stanno anche valutan­do la condotta della Forze armate mal­tesi che – sempre stando al racconto dei superstiti – avrebbero incrociato il gommone e dato agli eritrei il carbu­rante per proseguire la traversata.
A carico delle autorità de La Valletta, te­nute (secondo quanto prevede il Co­dice internazionale della navigazione, a prestare soccorso a chi si trova in dif­ficoltà in mare), potrebbe ipotizzarsi il reato di omissione di soccorso. Tuttavia il nodo centrale della vicen­da ruota tutto attorno alla competen­za territoriale sull’indagine. Fermo re­stando l’obbligo del soccorso, la Pro­cura sta cercando di capire in quale punto la motovedetta maltese abbia incrociato gli eritrei: se, cioè, in acque maltesi, e in questo caso sulla vicen­da dovrebbe indagare la magistratura de La Valletta, o se in acque interna­zionali.
«Allora – ha spiegato il Procu­ratore di Agrigento, Renato Di Natale – sarebbe ancora più complesso sta­bilire l’autorità giudiziaria titolare del­l’indagine ». A sua volta, le autorità di Malta, secondo le quali gli eritrei al momento dell’incontro con la moto­vedetta erano in buone condizioni di salute, hanno fatto sapere che il gom­mone sarebbe stato intercettato in ac­que libiche. «Ciò – commenta Di Na­tale – non significa comunque che, se i superstiti erano in difficoltà e stava­no male, i maltesi non dovessero pre­stare soccorso». I soccorsi a uno dei cinque eritrei giunti giovedì scorso a Lampedusa (Ansa) Il fascicolo aperto negli uffici giudi­ziari agrigentini, che ipotizza appun­to il favoreggiamento dell’immigra­zione clandestina e l’omicidio colpo­so plurimo, è stato affidato al sostitu­to Procuratore Santo Fornasier: ades­so – come ha spiegato il capo della Pro­cura – cominceranno gli accertamen­ti sul racconto degli eritrei, che hanno confermato quanto già dichiarato ai rappresentanti delle organizzazioni u­manitarie presenti a Lampedusa. I cinque immigrati ieri hanno intanto lasciato l’isola siciliana.
Due di loro, l’unica donne e un uomo, sono stati ri­coverati nell’ospedale 'Vincenzo Cer­vello' di Palermo, mentre il terzo a­dulto è stato condotto in un centro di accoglienza, i due minorenni (en­trambi diciassettenni) in una comu­nità protetta. E nel centro di acco­glienza i primi tre sono stati già ascol­tati, nel pomeriggio, dal sostituto e dal Procuratore di Agrigento. Anche perché i cinque saranno pre­sto iscritti nel registro degli indagati, sebbene lo stesso Procuratore Di Na­tale parli di «un atto dovuto» (in base alla normativa recentemente intro­dotta dal governo), in attesa di verifi­care se i cinque eritrei abbiano il diritto allo status di rifugiato politico. Fra l’al­tro – ha aggiunto il capo degli uffici giudiziari – «quella dei respingimenti è una questione tutta politica», a pro­posito dell’apertura di un’inchiesta sui cosiddetti respingimenti sommari, ef­fettuati, cioè, senza accertare la na­zionalità dei migranti e quindi senza valutare il diritto a chiedere asilo po­litico. Così – ha concluso Di Natale – «potremmo valutare se ci siano spazi per ritenere che siano stati commes­si reati, ma al momento non c’è nulla verso un’ipotesi simile».
Un’ulteriore precisazione sulla posi­zione dei cinque eritrei arriva dal Pre­fetto Mario Morcone, capo del Dipar­timento per l’immigrazione al Vimi­nale: «Non rischiano nulla se presen­tano la richiesta di asilo che, general­mente, per i Paesi in particolari situa­zioni di disagio viene accolta», ha fat­to sapere. «Il provvedimento avviato – ha spiegato – è sospeso fino alla defi­nizione della domanda d’asilo. L’Italia ha aderito ad una direttiva Ue che pre­vede l’asilo politico non solo per le per­sone perseguitate politicamente, ma anche per chi proviene da zone di guerra. Gli eritrei godono di questo ti­po di protezione ma devono fare do­manda d’asilo».
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