Speciale [5].
Le energie rinnovabili sono il futuro. Non il nucleare.
È diventata legge l’idea che l’Italia debba tornare a produrre energia elettronucleare. Il Senato l’ha approvata durante i clamori mediatici del G8, perciò la decisione è passata quasi in sordina. Per la scelta dei siti, il percorso non sarà agevole: a fronte della cauta disponibilità manifestata da due Regioni, la maggior parte delle altre non ne vuole sapere.
Emergono questioni di fondo. Se si calcolano gli ingenti costi di smantellamento, dopo 20-25 anni, delle centrali, non è vero che l’elettronucleare è economicamente conveniente. E permane poi irrisolto il problema dello smaltimento delle scorie: contenendo plutonio, rimangono radioattive per 240 mila anni. Dove le conserviamo, in reale sicurezza, in un paese ad alta sismicità come il nostro?
In gioco c’è il modello di sviluppo. Al posto di grandi impianti, per uscire dalla triplice crisi (economica, energetica e ambientale) servono piccole centrali diffuse sul territorio capaci di sfruttare le energie rinnovabili. Per esempio: con i pannelli solari e le celle fotovoltaiche ogni edificio pubblico e ogni casa potrebbero produrre calore ed elettricità, con ciò rivoluzionando il settore delle costruzioni. Si è già cominciato a farlo in Germani e nei Paesi scandinavi: e noi che siamo il Paese del sole? Inoltre: con una seria politica di risparmio, possiamo fare a meno di un terzo dell’energia che adesso sprechiamo.
Quella nucleare è una risposta vecchia, non competitiva e non priva di rischi. Anche l’America, con Obama, ha capito che il futuro è nell’«economia verde». Investire massicciamente nelle fonti energetiche rinnovabili e non inquinanti consentirebbe all’Italia di assumere un ruolo di avanguardia. Perché diavolo vogliamo restare indietro?
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