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venerdì 23 ottobre 2009

Scoprire la chiusura di una fabbrica via Internet

Rosy Bindi visita il presidio: «Serve un’azione immediata».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 23 ottobre 2009.

Fombio - Un’azione immediata perché il governo nazionale dia risposte ai lavoratori della Akzo Nobel e un impegno per portare le tutele dei lavoratori a un livello internazionale. Sono le promesse che Rosy Bindi ha fatto davanti ai cancelli della Akzo Nobel a un nutrito gruppo di lavoratori, accorso per sentire il vicepresidente della Camera nonostante la pioggia battente. L’onorevole del Partito democratico è arrivata alle 12.30 insieme al segretario regionale Maurizio Martina e accompagnata dai vertici provinciali del partito.
«Questa lontananza dei lavoratori dall’impresa, al punto che si scopre della chiusura di una fabbrica via Internet, dà la sensazione molto reale di essere tornati indietro rispetto alle conquiste dei lavoratori - ha detto Rosy Bindi -. C’è una mancanza di controllo sulle scelte delle multinazionali che deve portarci a riflettere sull’organizzazione del mondo del lavoro. Bisogna dotarsi di nuovi strumenti di carattere internazionale per la tutela dei lavoratori». Ma l’onorevole non perde di vista anche la situazione locale, che non ammette tempi lunghi. «So che non potete aspettare dei percorsi normativi lunghi - ha proseguito l’onorevole del Pd -. Ci attiveremo, se necessario anche presso la presidenza della Camera, perché il governo dia risposte in tempi brevi alle vostre richieste. Purtroppo, in questo periodo l’elenco delle richieste è particolarmente lungo. Il nostro impegno c’è». A ringraziare l’onorevole per l’impegno è stato lo storico rappresentante dei lavoratori della Akzo di Fombio, Pino Dosi. «Rosy Bindi ha tracciato un quadro molto lucido e la ringraziamo per la vicinanza che ci ha manifestato, sebbene la nostra vicenda sia tutta particolare. Il sito di Fombio paga scelte strategiche della multinazionale che non portano a delocalizzare in altri Paesi, ma a spostare le produzioni in aziende che sono a 30 chilometri da noi, e che fino a ieri erano nostre concorrenti». Ma i sindacalisti hanno anche voluto spiegare al vicepresidente della Camera i motivi di una protesta estrema come lo sciopero della fame, praticato fino a mercoledì mattina e ora sospeso. «L’azienda avrebbe preferito lo scontro frontale, l’occupazione della fabbrica o lo sciopero ad oltranza per avere un pretesto per anticipare i tempi di chiusura - ha spiegato Gianpiero Bernazzani -. Invece continuiamo a lavorare responsabilmente, adottando forme di protesta inusuali per mantenere alta l’attenzione sul destino della fabbrica».



Fombio - Intanto è stato sospeso lo sciopero della fame in vista del summit che potrebbe svolgersi nella prossima settimana. Due tavoli di lavoro per salvare l’Akzo. I sindacati a Roma dopo l’incontro con il prefetto e la Provincia.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Andrea Bagatta, 23 ottobre 2009.

Fombio - Due tavoli per salvare lavoro e dipendenti della Akzo Nobel di Fombio, il cui stabilimento dovrebbe chiudere a giugno nelle intenzioni della multinazionale delle vernici: a Roma, presso il ministero, si proverà a mantenere in vita il sito produttivo; a Lodi, nella trattativa locale, si prepareranno le difese per i dipendenti in caso di chiusura. Mobilità volontaria incentivata, cassa integrazione per due anni e “spezzatino” di reparti e mansioni per salvare una sessantina di posti di lavoro sono i termini della discussione accettati dall’azienda. Il summit che rappresentanti dei lavoratori, sindacalisti e vertici aziendali hanno avuto con il prefetto Peg Strano Materia e il presidente della Provincia Pietro Foroni mercoledì pomeriggio, ha chiarito la necessità di un tavolo di crisi presso il ministero delle Attività produttive. «Al tavolo ministeriale chiederemo che si mantenga il sito produttivo di Fombio, con la Akzo Nobel o senza», dicono i segretari provinciali di categoria Francesco Cisarri della Cgil, Giampiero Bernazzani della Cisl e Francesco Montinaro della Uil. Non sono ancora state fissate date per gli incontri, ma i sindacati sperano di essere convocati la settimana prossima. E mentre si cerca di salvare la produzione e il lavoro, si prepara anche l’accordo difensivo, per dare tutela in caso di chiusura ai 185 lavoratori. La multinazionale sarebbe disponibile a mantenere assunti 10 lavoratori delle vernici per plastica dislocandoli presso una ditta di Cavenago d’Adda che già lavora per conto della Akzo. Un altro gruppo di lavoratori delle vernici per auto e moto, o il solo laboratorio di 8 persone oppure anche la produzione per un totale di 22 dipendenti, potrebbe finire ad Assago sempre sotto contratto Akzo.
Altre 10 o 12 unità del settore vernici industriali potrebbero trovare impiego nell’area del Sud Milano in aziende contoterziste. Rimangono poi le disponibilità di 8 posti a Como, uno a Dormelletto in provincia di Novara, 5 in Russia, 5 in Repubblica Ceca e 5 negli Emirati Arabi, posizioni che potrebbero essere incentivate e comunque trattate solo su base volontaria.
Inoltre, all’eventuale firma dell’accordo dovrebbe scattare l’apertura di una mobilità volontaria con un incentivo di 30mila euro lorde, da chiudersi a febbraio o marzo per aprire la cassa integrazione di un anno, con possibilità di rinnovo per il secondo.
«Sono aperture molto importanti, su cui l’assemblea dei lavoratori all’unanimità ha dato il suo apprezzamento - concludono i tre sindacalisti -. All’inizio la sensazione era che l’azienda volesse la rottura, ma abbiamo pazientato e lavorato di fino, tutti insieme, per arrivare a questo risultato. Vedremo come proseguirà la trattativa. Nel frattempo, anche lo sciopero della fame è sospeso».

Il ministero si dice «pronto a discutere sulla crisi».
Rassegna stampa - Il Cittadino, 23 ottobre 2009.

Il governo è pronto ad aprire un tavolo di crisi sull’Akzo. A confermarlo ha provveduto ieri il ministero dello Sviluppo Economico rispondendo ai “question time” presentati a inizio mese dal presidente della Commissione attività produttive alla Camera, il lodigiano Andrea Gibelli, e dal parlamentare melegnanese del Pd Erminio Quartiani. Nell’occasione, il ministero ha fornito gli elementi di risposta fin qui raccolti sulla vicenda, riassumendo i contenuti delle prime “garanzie” presentate dall’Akzo e le motivazioni addotte dalla multinazionale per giustificare la decisione di chiudere lo stabilimento di Fombio. Ma le parole dei manager olandesi non hanno convinto Gibelli, che ha chiesto l’apertura di un tavolo di crisi: «Da Akzo sono arrivate informazioni assolutamente insufficienti, incomplete e frammentarie - conferma il parlamentare leghista -. Non è chiaro per esempio se il crollo della produzione da 35mila a 7mila tonnellate (dal 2000 al 2009, ndr) sia dovuta a una reale crisi del mercato o a una precisa strategia: e devono dimostrare se i licenziamenti annunciati sono figli di una crisi reale, piuttosto che di una delocalizzazione solo “mascherata” o giustificata dalla crisi. Dalle risposte date finora, invece, il tavolo di crisi non è più prorogabile: ho registrato la disponibilità del governo a sedersi attorno a un tavolo». L’appello di Gibelli corre in parallelo con quello annunciato mercoledì dalla prefettura di Lodi: «Ben venga che si facciano parte attiva. Fombio rischia di diventare una situazione in grado di espandersi a macchia d’olio, ed è sintomo di un certo atteggiamento delle multinazionali. Non esiste che presentino e disattendano i loro piani industriali, nascondendosi dietro contrazioni tutte da dimostrare per spostare le produzioni in luoghi con costi più convenienti. Non servono passerelle: bisogna passare all’azione».



Noi valiamo molto di più dei soldi che vogliono offrirci.
Dalla rubrica "Lettere & Opinioni", Il Cittadino, 23 ottobre 2009.

Caro direttore, sono dipendente di Akzo Nobel e vorrei rispondere con la presente alla lettera pubblicata il 21.10 sul mancato sostegno del sindacato nelle trattative.
Caro collega, ti rispondo con simpatia. Non concordo su molti dei punti che hai enunciato, per quanto rispetti la tua opinione, ogni idea ha diritto di essere espressa. Abbiamo trovato quei documenti su Intranet e l’azienda li ha smentiti, ufficialmente. Dopo 4 giorni di occupazione hanno detto che era tutto vero, che Fombio chiuderà. Questo comportamento parla da solo, è sintomo di una scorrettezza e di una pochezza professionale che io personalmente non ho mai visto. Io, tu, tutti noi sappiamo che Fombio non chiude perché non fa soldi, perché è troppo difficile da gestire, perché il 70% del suo potenziale, come dice il caro Molenaar, non è utilizzabile. Fombio chiude perché scomodo, perché in tutti i giochi di potere di Akzo è una pedina importante, perciò da eliminare.
Come dimostrarlo però? Difficile. L’alternativa? Farsi dare un po’ di soldi e a dicembre chiudere, perché a giugno saremo tutti psicologicamente devastati come dici tu (e di certo sarà così), perché resistere fino a giugno significa accontentare l’azienda che intanto si organizza, perché è meglio avere in tasca subito i soldi visto che il “mercato delle vacche” è aperto, no?
Nei mercati si può vendere bene e fare dei soldi, o svendere. Il sindacato, che tu contesti, vuole difendere l’occupazione, il lavoro. E nei concetti si potrebbe fare, se qualcuno capisse il potenziale economico di un sito come il nostro e guardasse con attenzione alla gestione scellerata che si è dipanata negli ultimi anni in maniera distruttiva. Noi lo sappiamo, il sindacato lo sa, fuori dai cancelli però non lo sa nessuno. Credo che il sindacato stia provando a farlo capire, con i suoi strumenti, con i suoi modi. Coinvolgendo tutto il mondo politico e religioso, tenendo alta l’attenzione su questa vertenza in un momento in cui il lodigiano sta sanguinando in ogni settore, mediando quando serve e usando forme di lotta come lo sciopero della fame che sono eloquentemente una protesta dichiarata.
Ora, possiamo concordare o no su questa linea, possiamo approvarla oppure no, ma una cosa non ti passo: l’affermazione che il sindacato stia lavorando per l’interesse dell’azienda. Questa non l’accetto. Perché immaginare Cisarri, Bernazzani, Montinaro, Pedrinazzi e Pino Dosi che dormono su un camper senza riscaldamento quando fuori fa un freddo cane a me ha tolto il sonno. Perché lo hanno fatto per difendere un’idea, una posizione, una linea. Perché ci hanno messo la persona, perché a soffrire il freddo c’erano loro, perché a soffrire la fame c’erano loro, perché esposti per tutti noi c’erano loro. Non credo sia stato divertente. Ma quando credi in qualcosa la forza la trovi. E loro ci credono. Credono che devono provare tutto pur di salvare occupazione nel nostro stabilimento. E per la dignità che hanno dimostrato, non è ammissibile offenderli dicendo che lavorano per l’azienda. Il rispetto si deve a tutti, lo dobbiamo a chi ha scioperato per farci salvare delle ore di lavoro… quelle stesse ore che tu non vuoi perdere scioperando perché lo stipendio è già basso. Ma allora cosa vogliamo? L’uovo e la gallina? Dovrebbero forse sedersi ad un tavolo, sparare alto e limare poi la cifra chiudendo la trattativa in una settimana? Avresti i tuoi soldi collega, li avremmo tutti, ma saremmo davvero le vacche svendute. E in tutta onestà, i soldi servono a tutti, anche a me, tanto.
Io penso una cosa, stupida e fuori moda, ma penso di non valere migliaia di euro. Penso che nessuno di noi valga i soldi che ci daranno, 20, 50 o 100 mila euro. Noi valiamo molto di più. La nostra dignità di lavoratori, la professionalità e la dedizione con cui abbiamo sempre svolto le nostre mansioni non ha un prezzo. Perché si realizza ogni giorno, tutti i giorni. Quando non lavori, quando ti licenziano per i motivi già citati sopra, allora ti tolgono dignità. Ed accettare subito i loro soldi significa svendersi, svendere la propria dignità. Perché i grossi gruppi come il nostro conoscono solo una lingua, i soldi. Perché tu puoi organizzare tutto, tenere tutti all’oscuro, mentire, smentire, scappare, camminare negli uffici scortato e pensare che tutto questo abbia un prezzo. Lo stesso che di certo è già nei budget del gruppo.
Mi chiedo, chissà qual è il prezzo di Boemo, che dopo averci trattato per un anno come fannulloni e approfittatori ha messo la sua bella faccia in televisione per dire che non sapeva niente. Mi chiedo qual è il prezzo di Franca Maniezzo. Quale può essere la cifra che ti consente di prendere in giro 180 persone mentendo sul loro destino e guardare ancora negli occhi i tuoi bambini ripetendo loro “Non si dicono le bugie”. Mi chiedo poi quale sia il prezzo di Gabriele Camorani. Forse questo è il più alto, perché non si paga solo in moneta. I registi si sa costano cari ma rimangono sempre nell’ombra, la faccia in vista è sempre quella degli attori.
Alla fine collega credo che chiuderemo, a giugno saremo devastati psicologicamente e in ultimo disoccupati. Ma almeno ci abbiamo provato. Questo muove il sindacato nella mia opinione. Questo stanno provando a fare, un impresa titanica, troppo difficile in un momento economico come il nostro, ma da tentare. Anche se falliranno e il sito chiuderà i cancelli. Perché siamo persone, capitale umano, ricchezza vivente, non edifici da abbattere.Il mio grazie al sindacato, anche se non sempre concordo con loro, il mio grazie a Pino, che sempre in me suscita profondo rispetto.
Il mio grazie anche a te, perchè è tutto difficile e doloroso ma non abbiamo paura. Né ne abbiamo avuta. E il mio invito a tutti i colleghi, restiamo uniti, restiamo una squadra.
Marina Ferrari - San Colombano al Lambro

Per completezza d'informazione riportiamo il testo della lettera, alla quale si fa nella precedente riferimento, pubblicata dal quotidiano di Lodi il 21 ottobre, sempre nella stessa rubrica.
Akzo, ma dov’è il sostegno del sindacato?

Spett.le «Cittadino», Con la presente vorrei inviarVi un messaggio di aiuto smuovendo l’opinione pubblica, politica e quant’altro per aiutarci a risolvere il problema della perdita di un lavoro fisso per un semplice capriccio di un colosso come l’AkzoNobel che per interesse sta portando via il lavoro a noi italiani per operare in terre straniere dove c’è più convenienza! E protestare contro il sindacato che sta facendo solo l’interesse dell’Akzo, facendoci credere che sta lavorando per noi lavoratori facendoci mantenere il posto di lavoro.
Ma quale posto di lavoro intendono mantenerci dal momento che tutto è già stato stabilito nel 2008, vedi documento trovato casualmente sul sito di Akzo. Il documento parla chiaro: le loro intenzioni sono già definite nel dettaglio pur avendo l’Akzo negato anche davanti all’evidenza. Ci hanno preso per i fondelli facendoci lavorare in tempi e modi che non sono nel rispetto delle norme imposte da Akzo.
Parlano di etica. Quale etica? Noi abbiamo saputo della chiusura per caso e non per correttezza da parte loro. Il documento in questione parla di chiusura a dicembre con incentivi e buone uscite pari a euro 60.000 ca. Noi dipendenti dopo l’incazzatura abbiamo preso atto della cosa e ci siamo detti “va bene! Vogliono chiudere? Ci danno anche i danni morali e biologici per averci occultato la notizia, e, una volta scoperti, hanno pure avuto la faccia di negare!”. Dal sindacato ci si aspettava di riuscire ad avere una maggiorazione della buona uscita dal momento che “il mercato delle vacche” era aperto!
Invece no! Perché il sindacato lavora per il mantenimento del posto di lavoro. E infatti è riuscito a ritardare la
chiusura che è stata fissata per il 30 giugno 2010. Lavorano per mantenere il posto o per il protrarsi di un’agonia? Hanno stabilito degli incentivi sulla produzione, che non dovrà abbassarsi rispetto a prima altrimenti l’incentivo sfuma. Tale incentivo è pari a euro 1.300,00 su 9 mesi che sarà erogato ad obiettivo raggiunto nel giugno 2010. Nel frattempo il personale dovrà continuare a lavorare come se niente fosse con lo stesso misero salario (un operaio percepisce euro 1.200,00), tenendo duro se vuole portarsi a casa i suoi soldini. Ma quei 1.300,00 euro non era meglio dilazionarli dandoli mensilmente, almeno da motivare i lavoratori?
Alla buona uscita, che è la cosa più importante oramai per chi lavora, il sindacato non si è chiesto in quanti ci arriveranno? Saranno ben pochi e oltre al danno la beffa! Il sindacato non si è chiesto quanti si perderanno per
strada? Ad un lavoratore che trova un posto di lavoro alternativo cosa daranno? Due dita negli occhi e all’Akzo per ogni lavoratore che se ne andrà resteranno in tasca i soldi già stanziati per esso.
Inoltre non è improbabile che a giugno, anziché elargire gli incentivi già stanziati, l’azienda in questione proporrà ai dipendenti il mantenimento del posto di lavoro, anche se inaltre sedi come Paderno, Como, Novara e come ciliegina sulla torta Turchia e Cina con ovviamente il loro misero salario, io mi domando ma con tutti gli extracomunitari che scappano dalle loro terre per raggiungere l’Italia per una vita migliore perché noi Italiani dovremmo trasferirci in quei paesi? Per fare la fame dalla quale scappano i Turchi e i Cinesi? Ovviamente il lavoratore, in caso di rinuncia al trasferimento, perderà ogni diritto.Vi assicuro che il clima dentro all’Akzo è al giorno d’oggi psicologicamente devastante. Siamo al delirio.
Voi della stampa provate ad andare ad intervistare i lavoratori quando escono dall’azienda. La chiusura a giugno 2010 farà risparmiare l’azienda, mentre la chiusura a dicembre potrebbe riempire le tasche dei dipendenti, che in ogni caso si troveranno senza un lavoro. Pensate ai risvolti psicologici: a dicembre ti troveresti con mobilità soldi e la mente sana, a giugno quelli psicologicamente forti saranno ben pochi! Ditemi voi alla luce dei fatti da che parte è e dov’è il sostegno del sindacato! Il sig. Giovanni Boemo e la signora Franca Maniezzo, avendo raggiunto l’obbiettivo imposto dall’azienda, saranno anche pagati profumatamente! A noi il sindacato chiede di scioperare, ma poi a fine mese come si mangia?
La maggior parte del personale Akzo ha figli ancora piccoli e mutui da pagare e già con1200 euro si fa fatica, però davanti alla sicurezza, si va avanti. Ma ora che ne sarà di loro se nessuno li tutela? Date a Cesare quel che è di Cesare. chiudete a dicembre e fatela finita!
Tutto quello che stanno facendo Akzo e sindacato è solo a danno del lavoratore e a favore dell’azienda. Mi affido a Voi per smuovere qualcosa che ci possa aiutare a venirne fuori non bastonati, ma a testa alta, perché la vergogna è loro!
Lettera firmata
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