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martedì 14 luglio 2009

Vatti a fidare degli ex sindacalisti

Ma se il “presidente operaio” facesse anche il “presidente pendolare” invece di fare il bambinone con un cappello da capostazione in testa? No? Forse ha paura di sporcare il suo bel completo blu su sedili lerci e maleodoranti?
Riprendiamo questo articolo di Alberto Statera, seppure pieno di colore, tratto da Affari & Finanza del 13 luglio. Tra lo pseudo gossip sulla Bresso il corsivista infila amare tragiche verità di cui i pendolari devono prendere coscienza. In alto di loro non interessa niente a nessuno, men che meno al “presidente capostazione”.
Mercedes la sanguinaria è diventata la Robin Hood dei pendolari.
Rassegna stampa.

In gioventù scrisse una canzone per il reuccio del melodico Claudio Villa, di cui era un’appassionata fan. Adesso Mercedes Bresso, professore di Economia al Politecnico di Torino e presidente della regione Piemonte, predilige i gialli pieni di cadaveri col collo spezzato e di brutali killer, come quello che ha appena scritto, intitolato “Il profilo del tartufo”. È con questa Mercedes niente affatto melodiosa che deve vedersela il grintoso amministratore delegato delle Fs Mauro Moretti, il quale qualche giorno fa, presente il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, si è permesso di apostrofare la non meno grintosa signora con parole da lei giudicate “insultanti” e persino “ricattatorie”.
Da tempo Mercedes protesta per la scadente qualità dei servizi offerti da Trenitalia ai pendolari, tanto che ha aperto un sito Internet chiamato”Bacheca del pendolare”, che ogni giorno si arricchisce di decine di tragicomiche testimonianze di utenti imbufaliti. Tornata alla carica in una riunione con Moretti, la Bresso si è sentita rispondere dall’amministratore delegato, noto per il suo carattere un po’ fumino, che a lui i servizi regionali non interessano né poco né punto, perché costano un sacco di soldi e non rendono niente.
Al che la Bresso gli ha annunciato che metterà a gara europea il servizio ferroviario su rete regionale, come previsto dalla normativa dell’Ue. Ciò che ha suscitato il sarcasmo dell’ingegnere: fatelo pure – le ha risposto – tanto non parteciperà nessuno, come è già capitato in Lombardia; quando sarete costretti a tornare qui, noi diremo di no e dal primo gennaio prossimo il Piemonte resterà senza treni.
Moretti ha un asso nella manica. Il contratto di servizio con il Piemonte vale oggi 180 milioni di euro. Ma il governo ha promesso 58 milioni di euro aggiuntivi purché il servizio venga riaffidato a Trenitalia. Quello che la Bresso giudica un ricatto in piena violazione dei principi della libera concorrenza, per di più a favore di un monopolista che dichiara di non avere alcun interesse per il suo monopolio. Una questione su cui intende andare a fondo. Ma con modeste possibilità di successo, visto che l’intesa cordiale tra l’ex sindacalista della Cgil e il governo Berlusconi è andata via via rafforzandosi tra mille favori reciproci, dopo che Moretti all’inaugurazione dell’Alta Velocità fece indossare al premier il cappello da ferroviere.

I due amiconi, il gatto e la volpe del Pinocchio pendolare, Silvio Berlusconi e l'ad delle Ferrovie Mauro Moretti.

Il roccioso amministratore delegato ha appena accettato la nomina a presidente di Trenitalia di Marco Zanichelli, un ex prodiano passato armi e bagagli all’attuale maggioranza, compartecipe del disastro dell’Alitalia, essendone stato per anni dirigente e per pochi mesi anche amministratore delegato. E nella legge per lo sviluppo, approvata la settimana scorsa, ha fatto inserire la norma che prevede la concessione di licenze per il servizio ferroviario soltanto a imprese italiane o con sede in un paese legato da vincoli di reciprocità.
Ma forse i pendolari vessati dalle Ferrovie hanno finalmente trovato in Mercedes il loro Robin Hood. È donna, non scrive più canzoni melodiche, ma gialli sanguinolenti.

Intanto continuano a succedere cose come quelle che ci racconta oggi Il Cittadino.
Non si chiudono le porte del treno. E i pendolari vengono invitati a “emigrare” nelle prime carrozze.

Anche questa volta hanno viaggiato con l’impressione di trovarsi su di un carro bestiame. Ieri sera, i passeggeri lodigiani hanno dovuto subire l’ennesima disavventura, a causa di un guasto alle porte del treno che li stava portando a casa dopo una lunga giornata di lavoro. «Ci abbiamo messo 40 minuti in più per arrivare a destinazione - si lamenta Alessandro Grecchi, poeta pendolare -. Il convoglio che parte da Milano Lambrate per arrivare a Mantova si è fermato a Lodi e non è più ripartito, perché le porte di alcune carrozze non si chiudevano più. Abbiamo aspettato che alcuni tecnici riparassero il guasto, poi siamo ripartiti». Una volta a Casale, però, si è presentato lo stesso problema. Le porte degli ultimi quattro vagoni non volevano saperne di chiudersi. «A quel punto - aggiunge Grecchi -, i passeggeri delle quattro carrozze sono stati gentilmente invitati ad andare nelle prime tre, sembrava di viaggiare su di un carro bestiame, anche perché era l’orario di punta e sul treno c’era davvero un sacco di gente». Il convoglio, però, non si è messo subito in viaggio, nemmeno dopo che i pendolari erano “emigrati” nelle carrozze con le porte funzionanti, stipati e pressati. «In stazione è arrivato un altro treno - conclude il poeta pendolare -, un locale. Così i due convogli hanno fatto a gara per decidere chi doveva partire per prima, fortunatamente è toccato a noi, anche perchè eravamo già in ritardo». Un’estate di passione, per i viaggiatori della Milano-Piacenza: non si contano le soppressioni e i guasti che segnano le loro giornate. Per di più senza un briciolo di aria condizionata.

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