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sabato 4 luglio 2009

Tarsu e Tia a confronto (II)

Le altre caratteristiche della Tia.
Seconda parte.

La tariffa è, normalmente, calcolata per anno solare e dovuta dal primo giorno del bimestre successivo a quello in cui è iniziata l'occupazione (per le variazioni e le cessazioni è applicato lo stesso criterio). La legge non specifica niente al riguardo, e di solito i comuni si rifanno ai criteri precedentemente validi per la tarsu, pur avendo la possibilità di crearne di nuovi.
La normativa, invece, è piuttosto chiara e dettagliata riguardo al metodo di calcolo della tariffa. Per quanto riguarda le utenze domestiche esso si deve basare sia sulla superficie dell'immobile che sull'effettiva - o presunta - produzione di rifiuti calcolata in base al numero dei componenti del nucleo familiare (secondo 6 categorie prestabilite), in modo da privilegiare i nuclei familiari più numerosi e le minori dimensioni dei locali.
Per le utenze non domestiche (attività commerciali, industriali, produttive, ecc.) il criterio è simile, solo che la potenziale produzione di rifiuti viene calcolata prendendo in considerazione l'attività svolta (secondo 30 categorie prestabilite).
Come regola generale, la tariffa è divisa in due componenti: quella fissa è riferita alla copertura dei costi generali e quelli relativi alle attività di spazzamento e pulizia strade e aree pubbliche, oltre agli ammortamenti ed investimenti. Viene imputata alla singola utenza in base alla superficie dei locali occupati e al numero dei componenti del nucleo familiare residente. Quella variabile copre i costi di gestione (raccolta, trattamento, trasporto e smaltimento dei rifiuti) ed è imputata sull'utenza in base alla quantità di rifiuti - differenziati e non - prodotti, misurata sulla base di specifici criteri. Se non si possono utilizzare criteri oggettivi, vengono applicati sistemi presuntivi prendendo a riferimento, per le utenze domestiche, la produzione media comunale pro-capite (quindi riferita al numero dei residenti) e per quelle non domestiche il tipo di attività svolta.
Per le occupazioni temporanee (che di solito si considerano tali quando durano meno di 183 giorni di un anno solare, come prevede la legge istitutiva della Tarsu) di locali od aree pubbliche di uso pubblico o di aree gravate da servitù di pubblico passaggio, i comuni normalmente fissano una tariffa giornaliera calcolata sui metri quadri di superficie occupata e stabilita - per ogni categoria - proporzionalmente rispetto a quella ordinaria. Per gli immobili dove non figurano residenti, ogni comune ha la facoltà di applicare la tariffa basandosi su un numero di occupanti convenzionale (che può essere fisso o variabile da uno a sei a seconda della superficie dei locali).
La legge stabilisce che i comuni devono avviare servizi di raccolta differenziata (tramite organizzazione di isole ecologiche, raccolta porta a porta, ecc.) e prevedere agevolazioni per gli utenti che aderiscono a specifiche iniziative (raccolta delle frazioni umide tramite “compostaggio”, in special modo). Tali agevolazioni devono consistere, in pratica, in riduzioni della quota variabile della tariffa in modo proporzionale rispetto ai risultati raggiunti (singolarmente o da un gruppo di utenze). Per le utenze non domestiche devono essere previste riduzioni, invece, nei casi in cui gli utenti dimostrino di aver avviato i rifiuti prodotti al recupero.
Al di là di questo, in tema di esenzioni e riduzioni i comuni godono di ampia libertà e discrezionalità. Solitamente, le riduzioni riguardano utenti con redditi inferiori ad un determinato tetto o in stato di disagio familiare, abitazione stagionale dell'immobile, residenza dell'utente all'estero, lontananza dai punti di raccolta, ecc. Le esclusioni, invece, riguardano di solito i locali dello stesso comune, i luoghi di culto, i locali e le aree dove non possono essere prodotti rifiuti a causa della loro natura, per l'uso al quale sono destinati, o perché palesemente inutilizzabili, ad esempio centrali termiche, cabine elettriche, silos, aree di centri sportivi dedicate esclusivamente all'esercizio dell'attività (campi da gioco o da tennis, piscine, ecc.), unità immobiliari prive di mobili ed arredi, chiuse, inutilizzate e non allacciate ai servizi pubblici di rete (acqua, gas, ecc.), immobili non agibili, inabitabili o in ristrutturazione.
I comuni godono di una discreta libertà anche nel gestire la riscossione, sia volontaria che coattiva. Quest'ultima, in particolare, può avvenire sia con l'avvio di un procedimento ingiuntivo presso un giudice, sia tramite iscrizione a ruolo (con emissione di cartella esattoriale) mediante affidamento della gestione al locale concessionario delle riscossioni (come Cerit, Gestline, Esatri, ecc.).
L'ente che gestisce la Tia per conto del comune emette delle fatture con cadenza annuale o inferiore (trimestrale, semestrale, etc.), comprendenti l'iva al 10% [aliquota iva confermata dall'Agenzia delle entrate con risoluzione del 17/6/08 (n.250/E), con la quale e' stato anche precisato che in caso di rimborso di pagamenti pregressi l'IVA pagata non può essere rimborsata] ed i tributi ambientali provinciali. La scadenza viene fissata liberamente dal gestore ed il pagamento, oltre che con il classico bollettino postale, può avvenire in molti casi attraverso Internet.
Alcuni comuni prevedono la possibilità, in alcune circostanze come il temporaneo disagio economico, di pagare a rate a determinate condizioni (con limiti di importo e di rate), corrispondendo ovviamente gli interessi legali.
Anche in caso di morosità ogni comune si muove piuttosto liberamente. Al classico avvio di procedimenti ingiuntivi con addebito di spese ed interessi si affianca la possibilità di addebitare sanzioni, in alcuni casi analoghe a quelle tributarie previste per la vecchia Tarsu.
Per quanto riguarda i ricorsi, come per la Tarsu, anche per la Tia l'organo competente in caso di ricorso contro avvisi di accertamento, avvisi di liquidazione, cartelle, ecc., è il giudice tributario.
(2 - fine)

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