Questa sera, 5 dicembre, ultimo appuntamento prima della pausa natalizia, il cineforum organizzato dalla Biblioteca Comunale "Pier Vittorio Tondelli" presenta all'attenzione degli appassionati brembiesi il film "Si può fare" di Giulio Manfredonia.
Questa sinteticamente la trama. Milano, anni '80. Nello è un sindacalista le cui posizioni non vengono più gradite dai colleghi per cui viene mandato in una cooperativa di ex malati mentali. Contro il parere degli psichiatri, si batterà perché i ragazzi imparino un mestiere e siano in grado di mantenersi riappropriandosi della loro dignità. Il percorso non sarà facile ma sarà connotato da una ritrovata umanità per tutti, anche per i 'sani di mente'.
Alcuni cenni critici. "«Si può fare» di Giulio Manfredonia è un piccolo film generoso e diseguale ma spesso emozionante che affronta la malattia mentale con le armi leggere della commedia senza dimenticare il dramma e il dolore. Contenuto e appassionato, Claudio Bisio è efficacissimo nei panni del sindacalista ignaro di psichiatria che però intuisce la muta domanda espressa dai matti nei loro lavori, e avvia senza quasi accorgersene una piccola rivoluzione. (...) Ma la spina dorsale del film, che non nasconde il suo debito con 'Qualcuno volò sul nido del cuculo', è quel battaglione di attori bravissimi e poco noti che danno vita con molto affiatamento ed equilibrio ai dubbi e alle manie, ai tormenti e agli slanci, di questi matti da slegare costruiti incrociando tante piccole storie vere, un po' come fanno loro con i pezzetti di legno per montare i parquet d'artista specialità della cooperativa. Si capisce che Manfredonia e lo sceneggiatore Fabio Bonifacci hanno lavorato a lungo e con loro sulle fonti e sui malati. Così il film commuove, diverte, sorprende, mettendo sul tappeto con onestà tutti i lati del problema. Con varie licenze poetiche naturalmente, per chi vuole la verità ci sono molti documentari sul tema, non ultimi quelli bellissimi di Paolo Pisanelli ('Nella prospettiva della chiusura lampo', 'Il teatro e il professore'). E se qualche passaggio, come l'amore fra un malato e una studentessa, non è all'altezza, pazienza. Di film così vorremmo vederne di più." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 31 ottobre 2008).
"Andate a vederlo: si pensa, ci si commuove e ci si diverte. Quello che deve fare una bella commedia. (...) Non è un'invenzione. Lo sceneggiatore lesse molti anni fa un articolo che raccontava l'esperienza di un sindacalista e di una cooperativa in provincia di Pordenone. Non una fiaba, non un'utopia, ma la prova che, se si vuole, si può fare." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 31 ottobre 2008).
"Con un cast di attori straordinari e poco noti al grande pubblico, il film racconta l'avventura di questo straordinario percorso di libertà, puntando diritto ai sentimenti, alle emozioni, alle ingenuità, come una vera soap. Rendendo così popolare un argomento per troppo tempo relegato in ambiti di nicchia. Nonostante capisaldi del nostro cinema militante, come 'matti da slegare' di Silvano Agosti, per esempio, avessero già ai tempo, dato il loro contributo." (Gabriella Gallozzi, 'L'Unità', 31 ottobre 2008).
"Ispirandosi alle idee basagliane una commedia allegra e ultra-ottimista, dove tutto si supera con un sorriso e un'assemblea. Furbesco ma simpatico." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 31 ottobre 2008).
"L'aria è quella da 'Qualcuno volò sul nido del cuculo', fra tragedia delle anime e commedia della vita. Ma la scommessa, nel suo piccolo, è più alta. Il mondo dei normali e quello dei malati, nel film di Manfredonia (lo stesso del sorprendente 'Se fossi in te') cammina sulla stessa linea, sottilissima, di demarcazione, continuamente attraversata dall'uno e dall'altro fronte. Con eccesso di rigore, Manfredonia sceglie di affidare tutte le parti ad attori professionisti (bravissimi tutti) con i quali prova per mesi, lasciandosi alle spalle qualsiasi tentazione di mix vero-falso e mantiene un equilibrio di verosimiglianza mai scontata per quasi l'intera pellicola (alcuni momenti di caduta ci sono, ma sopraffatti dal resto). Se il risultato filmico è un po' scarso (un po' tendente al televisivo), ottimale invece quello della scrittura e dell'interpretazione. I sani Claudio Bisio, Anita Caprioli, Giuseppe Battiston, fanno con garbo da spalle alla vera compagnia di teatranti, quella dei malati appunto, senza avere mai la tentazione di rubare loro la scena." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 31 ottobre 2008).
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