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martedì 24 novembre 2009

Il fascino della piazza

Far saltare i «format» dello scontro perché ogni piazza torni a essere luogo del confronto.
Rassegna stampa - Avvenire, Gabriele Gabrielli, 24 novembre 2009.

La 'piazza' ha avuto sempre un grande fascino e svolto un essenziale ruolo politico e sociale. Ma in questo periodo sembra averne acquisito uno an­cora più ridondante. Sono numerosi quelli che la prendono in considerazione per farne luogo e stru­mento di mobilitazione dei tanti 'popoli' che la fre­quentano 'a chiamata'. E sono in molti anche quel­li che vi ricorrono davvero. Non si è ancora spento del tutto l’eco della manife­stazione organizzata dalla Cgil, qualche giorno fa, per urlare a gran voce che la crisi non è finita e che ora investirà soprattutto i lavoratori, che già se ne pro­fila un’altra. Anche se di diversa natura, per prove­nienza e per scopi. Si tratta del 'No-B-Day' lanciato in rete per il 5 dicembre da alcuni blogger per sol­lecitare le dimissioni del premier Silvio Berlusconi e sostenuto dall’Italia dei valori di Antonio Di Pie­tro. È una iniziativa che, al di là delle sue finalità, sta provocando un acceso dibattito in casa del Partito democratico. Ci si domanda, infatti, se sia opportu­no o no aderire a questa iniziativa «promossa da al­tri». Pierluigi Bersani non la ritiene una mossa cor­retta e in cuor suo, si dice, pensa a una diversa mo­bilitazione, promossa questa volta dal Pd. Dall’altra parte, ossia nel PdL, qualcuno sta pensando di or­ganizzare una risposta di piazza di segno opposto a quella voluta contro Berlusconi, per misurare le for­ze in campo e dimostrare la superiorità. Non è da e­scludere, poi, se le risposte di politica economica e fiscale non risultassero soddisfacenti, che i sindacati possano lavorare concretamente per organizzare u­no sciopero generale. Iniziativa ritenuta da molti u­na buona occasione per riprendere la strategia sin­dacale unitaria, dopo l’interruzione avvenuta a se­guito dell’accordo separato sul modello di contrat­tazione. E poi c’è anche chi pensa, come la Uil di Angeletti, di mobilitare i dipendenti pubblici per il rinnovo del contratto.
In tanta diversità di soggetti, approcci e obiettivi del ricorso alla 'piazza', è possibile trovare però alcuni tratti comuni. Cresce la voglia di urlare e alzare la vo­ce per non far sentire quella degli altri. Mentre c’è poca (o nessuna) voglia di provare a mettere insie­me più voci. Prevale così la prospettiva isolata e l’o­biettivo di 'segnare' il terreno. La piazza diventa più un luogo per marcare le identità alzando steccati, che per mettere insieme le forze valorizzando ciò che u­nisce. È luogo di 'scontro', più che di 'incontro'. Si replicano in questo modo comportamenti che pur­troppo caratterizzano l’agire politico e sociale in di­versi ambienti e anche molti programmi tv costrui­ti su 'format' il cui successo mediatico poggia pro­prio sulla capacità di esaltare le urla e la voce gros­sa, piuttosto che l’offerta di dibattiti utili alla for­mazione di opinioni consapevoli.
Questa 'voglia di piazza' e le modalità con cui si manifesta, nascono, forse, proprio dalla mancanza di luoghi reali e diffusi dove potersi confrontare in modo aperto, dialogando civilmente e ascoltando le posizioni degli altri. Per far questo occorrerebbe un grande senso di responsabilità – sorretto dal senso di urgenza di un cambiamento – che dovrebbe pren­dere forma a cominciare dalla costruzione di un’a­genda politica e parlamentare vicina ai bisogni del­la gente, prossima alle preoccupazioni dei tanti cit­tadini semplici, coerente con le loro aspettative. Si tratta di una vera e propria sfida di 'educazione ci­vica' per recuperare un capitale di valori e di com­portamenti, come quelli che premiano la vicinanza e il confronto, che altri prima di noi ci hanno la­sciato. Occorre rifondare le premesse per un dialo­go civile a tutti i livelli, come è stato auspicato a più riprese e con autorevolezza dalle voci della Chiesa e sulle stesse colonne di questo giornale. Sarebbe un investimento redditizio e duraturo; anche a vantag­gio delle generazioni future. Richiede però una 'ri­strutturazione' profonda e significativa. Esige per esempio che molti 'format' saltino, e non soltanto quelli televisivi. Si discute molto oggi se sia bene o no educare i giovani ai valori della Costituzione.
Cominciamo da qui e non solo tra i giovani. Lavo­riamo perché tutte le piazze, non solo quelle che ab­belliscono le nostre città, ritornino a essere tali e, quindi, luogo di incontro e confronto civico.
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